RIALFrI - Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana# ISSN 2282-6920

Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana

Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana

Lovanio, Bibliothèque de l’Université G 53

Descrizione materiale

Segnatura: G 53.

Origine: incerta (Vallonia?)

Data: post 1311.

Supporto: pergamena.

Numero di carte: 206 + II.

Formato: 255 x 165 mm.

Fascicolazione:

Foratura:

Rilegatura: del secolo XV (?), in vitello bruno (Bayot 1929, p. XXI).

Mise en page: testo su due colonne.

Scrittura: littera textualis (?)

Mani: la scrittura variava nel corso del volume, ma, dice Bayot, forse meno perché cambiava il copista che per il fatto che essa obbediva alle tendenze dell’epoca (Bayoy 1929, p. XIX).

Foliazione: le carte erano numerate da 1 a 204 (tre volte era ripetuta la numerazione 149, così che le carte numerate erano 206 in tutto). Le ultime due carte erano bianche e non numerate (Bayot 1929, p. XIX).

Decorazione: capilettera in oro e colorati, prolungati nei margini. Numerose iniziali alternativamente in rosso e in blu. Oltre alle rubriche, vi erano titoli correnti in rosso nelle parti del codice scritte in latino. Sul bordo esterno della c. 1 una figurina rappresentava il domenicano Jacopo da Varazze in preghiera. Alla c. 188 (colonna a), la rubrica che annunciava la Vita di Santa Taide era preceduta da una miniatura che mostrava quella penitente inginocchiata davanti a Pafnunzio, anacoreta e vescovo della Tebaide. I titoli dei capitoli che seguono nel Poème moral la vita di Santa Thaïs erano scritti in nero, ma sottolineati in rosso. Sotto ciascuno di questi titoli c’era una grande iniziale filigranata rossa e blu; altrove le strofe cominciavano con piccole iniziali alternativamente rosse e blu (Bayot 1929, p. XIX e XX).

Legatura: sul dorso si leggeva, a lettere d’oro: «Iacobus Genuensis De Vita aurea» (Bayot 1929, p. XXI).

Altre informazioni: per quanto riguarda i testi in francese copiati alle cc. 171 – 187v, essi risultavano imparentati, anche per le lezioni, col perduto ms. 535 della Bibliothèque Municipale di Metz [vedi la scheda dedicata a questo codice qui in RIALFrI], cfr. Bayot 1929, p. XIX. Il nostro manoscritto riportava (cc. 174 – 185v) una trascrizione dei .iiij. tenz d’aage d’ome di Filippo da Novara, dal principio fino al par. 5.24 dell’edizione Melani 2015 (par. 232 dell’edizione Fréville 1888). Era dunque quasi completo: mancava solo il par. 5.25 dell’edizione Melani 2015, corrispondente ai parr. 233 – 235 dell’edizione Fréville 188 (mancava, cioè, della nota bio-bibliografica in cui il Novarese descrive i suoi tre libri e parla delle circostanze alle quali ciascuno di questi era storicamente legato). Il testo dei .iiij. tenz d’aage d’ome pare avesse strettissimi rapporti con quello del già citato ms. 535 di Metz: vi si notavano le stesse varianti e, come nel ms. 535, vi si trovavano interpolati due racconti in prosa certamente estranei all’opera di Filippo (vedi apparato edizione Fréville, parr. 101 e 117, e Appendici I e II di Melani 2015). Il primo di questi racconti (entrambi a carattere edificante) è la famosa novella del riccio che, penetrato in un frutteto, perde, uscendovene, le mele che vi aveva raccolte (incipit: «Et pour ce dit Nostre Sires en l’esvangile que li san de cest monde sont soties a Dieu»). Il secondo racconta la storia di un cavaliere e del suo scudiero che senza volerlo o saperlo, si puniscono a vicenda per colpe che hanno commesso molti anni addietro (incipit: «Et aucun demeurent tant en lor meffait que il le compeirent, car, pour ce que il oblient lor meffais, si cuident que Dieus les oblice(nt) mais non fait»). La nostra attenzione è poi attirata dalla canzone religiosa Quant li noveaus tens repaire (c. 171). Questa è registrata in Långfors 1917, p. 303, dove è definita «chanson franciscaine», e presente anche nel ms. della Staatsbibliothek di Monaco Gall. 32, c. 59 (cfr. l’edizione in Otto 1890, pp. 587 – 592). Essa si trovava anche nell’oggi perduto ms. 535 della Bibliothèque Municipale di Metz, c. 168 [cfr., per quest’ultimo testimone, la scheda a lui dedicata qui in RIALFrI]. Entrambi i codici (quello di Monaco e quello di Metz) furono esemplati a Metz. Meyer 1886, p. 42, definiva le poesie riportate tra le cc. 128 – 171 del ms. 535 di Metz come testi di ispirazione francescana, e Långfors 1917 parrebbe d’accordo con lo studioso francese, come abbiamo visto. In realtà sembrerebbe che almeno alcune poesie del ms. 535 fossero di ispirazione beghina (beghine e begardi si ricollegavano peraltro – in parte, e soprattutto nelle terre della Francia meridionale – al francescanesimo rigorista di Pietro di Giovanni Olivi). Meyer 1886 (pp. 42-43) scrive che Metz, all’epoca di composizione del ms. 535, era caratterizzata da un movimento di letteratura mistica. Movimento che sembra essere stato, però, principalmente di ispirazione valdese, se non anche catara, oltre che – a partire dal secolo XIV – beghina, appunto. Il fatto che i testi trascritti nel nostro codice G 53 alle cc. 171 – 187v fossero presenti anche nel ms. 535 di Metz (con lezioni somiglianti), e che la canzone Quant li noveaus tens repaire si trovi (oltre che in G 53 e nel ms. 535) anche nel manoscritto della Staatsbibliothek di Monaco Gall. 32 (pure proveniente da Metz) ci fa riflettere. Probabilmente G 53, se anche non fu copiato a Metz (come forse escludono le note sulla lingua del Poème moral dell’edizione Bayot: una lingua vallona, anche se non troppo municipale), ebbe senz’altro uno stretto rapporto con la città lorenese. Da quella sembrerebbe che fossero arrivati in Vallonia almeno alcuni materiali poi in esso confluiti. Infine, c’è da ricordare un’altra osservazione di Bayot: forse il frammento latino che andava sotto la rubrica De sancto Caprasio fu aggiunto per colmare un vuoto: le righe che precedono la miniatura di c. 188 presentavano infatti una scrittura più serrata, come se il copista avesse dovuto fare i conti con il poco spazio scrittorio a sua disposizione.

Antiche segnature: quando era proprietà dell’abbazia di Saint-Jacques di Liegi, il codice aveva portato successivamente le segnature I 29, B 56 e N 92 in Ascetis.

Possessori: abbazia di Saint-Jacques di Liegi; conti di Fürstenberg-Herdringen; Biblioteca Accademica di Padernborn (dove fu in deposito per due anni).

Notizie storiche: le origini del manoscritto sono incerte: le somiglianze col ms. 535 della Bibliothèque Municipale di Metz potrebbero far pensare che il nostro codice fu prodotto in quella città. Ma il Poème moral in esso trascritto sembrerebbe essere stato composto in Vallonia verso la fine del secolo XIII, in base ai risultati dello studio dei suoi caratteri linguistici (cfr. Bayot 1929, pp. LXXVI-LXXXI, XCIV, CII-CIII), e d’altra parte, fin dal secolo XV almeno, si trovava a Liegi. I dati sicuri ci dicono che il manoscritto fu copiato nel o dopo il 1311 (vedi la nota di un copista alla c. 171: «…quem scriptor scripsit a nativitate Iohannis Baptiste ad nativitatem Domini anno Domini .Mo. CCCo. undecimo». Sappiamo poi che nel 1422 entrò a far parte dell’importante biblioteca dell’abbazia di Saint-Jacques, a Liegi, per iniziativa del priore Philippe d’Othey (vedi la nota apposta alla c. 204, che diceva: «Hanc Vitam auream emit nonnus Philippus de Othey, prior huin loci, videlicet Sancti Jacobi, anno Domini, Mo. CCCCo. XXIJo. Orate pro eo»). A Saint-Jacques esso fu rilegato. Nel 1788 l’abbazia fu secolarizzata, e la biblioteca messa in vendita (nel catalogo il nostro manoscritto figurava col numero 470). Insieme con circa sessanta altri codici dello stesso fondo divenne proprietà dei conti di Fürstenberg-Herdringen e portato nel castello di Herdringen, in Westfalia. Nel 1895 i Fürstenberg-Herdringen decisero di mettere in vendita la loro collezione presso l’antiquario Heberle di Colonia. Nel catalogo pubblicato per quell’occasione, il nostro codice figurava come il numero 63: nella descrizione si menzionavano pezzi brevi «in ostfranzösischen Dialecten». A Colonia il direttore della biblioteca dell’Università di Bonn Emil Seelmann-Eggebert, eseguì una copia diplomatica del Poème moral, che peraltro non utilizzò e lasciò in eredità, nel 1915, ad un amico, il filologo romanzo svedese Fredrik Amadeus Wullf, di Lund. Intanto, la vendita a Colonia fu revocata, e i manoscritti, rimasti proprietà dei Fürstenberg-Herdringen, furono da costoro depositati, nel 1919, presso la Erzbischöfliche Akademische Bibliothek di Paderborn. Nel 1921 furono acquistati dal governo tedesco per cederli, in base agli articoli del Trattato di Versailles, al Belgio, quale riparazione dei danni subiti dalla Biblioteca Universitaria di Lovanio, bruciata il 25 agosto 1914 in seguito ai combattimenti della I Guerra Mondiale sul suolo belga. Alphonse Bayot, poi editore del Poème moral, fece parte della commissione mista incaricata di commissionare questo acquisto (cfr., per tutto questo, Bayot 1929, pp. XX – XXI). Il manoscritto andò poi distrutto il 17 maggio 1940, a causa degli eventi bellici. A parte la sopra ricordata copia diplomatica del Poème moral, fatta da Seelmann e poi approdata a Lund, e a parte l’apparato, gli incipit e gli explicit registrati nell’edizione Bayot, non si ha notizia né di copie né di riproduzioni di questo manoscritto perduto.

Contenuto

  1. 1 – 145: Legenda aurea di Jacopo da Varazze (rubrica): «Legendas sanctorum quas compillavit frater Jacobus nacione Ianuensis de ordine Fratrum Predicatorum».
  2. 145 – 149ter: Summa Remundi [Summa de Poenitentia di san Ramon de Penyafort], (incipit): «Quando paras calicem tunc vinum purius illi…»
  3. 149ter – 159: Onorio di Autun, Elucidarium.
  4. 159 – 171: Summa penitencie (incipit): Sine gracia graciam faciente; (explicit): «…quod soli coniuges possunt accusare se mutuo». Segue la nota: «Explicit liber Summa penitencie quem scriptor scripsit a nativitate Iohannis Baptiste ad nativitatem Domini anno Domini .Mo. CCCo. undecimo».
  5. 171: canzone religiosa, (incipit): «Quant li noveaus tens repaire | qu’ivers trait a sa saison»; (explicit): la mort de son benoit fil | dont il ot le cuer navreit».
  6. 171v – 172: poesia sulla povertà, in 175 versi (incipit): «Mult petit aiment le signour | Qui le serjant ne porte honour…»; (explicit): «…Amen, amen, chascuns en die; | Que Deus nos doinst sa compaignie».
  7. 172 – 174: poemetto sull’amore di Dio, in 457 versi (incipit): «Quant li mondains sunt endormis, | Adont veillen li Deu amis…»; (explicit): …Il n’a chaens petit ne grans | ne soient tuit en ton comant».
  8. 174 – 185v: Filippo da Novara, Des .iiij. tenz d’aage d’ome (incipit): «Cis qui fist cest livre avoit .lxx. ans quant il l’escrist…»; (explicit): Ensi se puet chascuns parfaire | Et Deus le nos doinst chascus faire. | Anen. Ci faut li livres des .iiij. tens d’eauge». Vedi, in questa scheda, Altre informazioni.
  9. 185v – 186: Une lechon d’amour (incipit): «En non do Peire e do Fil et dou Saint Esperit. Je wel ci recordeir une lechon d’amour que une ame raportat de l’escole d’orison…»; (explicit): «…Les .vij. graces vos ai moustreie qui sont en lui. Por Deus, or l’amons tuit, car il est bien dignes».
  10. 186v – 187v: [Li sermons de l’abeïe dou Saint Espirs] (incipit): «Fille, je regarde que mult de gent voudroient ester en religion et ne puent…»; (explicit): «…Et mist hors de l’ordene com malvaise ribaudes les .iiij. fille al dyable… et ensi l’abeïe fut reformeie et ordeneie mies que devant. Ci faut li serm. De l’ab. Dou S.E.»
  11. 187v – 188: De sancto Caprasio (incipit): «Multi sunt, quorum nomina ignoramus, qui videntes…»; (explicit): «…cunctis advenientibus parare non desinit».
  12. 188 – 203: la vita di santa Taide o Poème moral (vv. 425 – 3796).
  13. 203 – 204: La chante ploure (incipit): «De celi halt signor qui en la crois fut mis…»; (explicit) «…par coi soient tuit saus et a Deu puissiens plare. Amen. Ci faut la chante ploure. Hic liber est scriptus, qui scripsit sit benedictus. Amen».
  14. Nelle ultime due carte il rilegatore ha inserito un bifolio di pergamena del secolo XV, contenente una Vita sancti Vedasti.

Quatre âges de l’homme

Di quest’opera, prodotta a Cipro o comunque nei regni crociati d’Oltremare, non rimangono, per quanto se ne sappia, testimoni di origine oltremarina. L’intera tradizione manoscritta conosciuta – collocabile tra il…

Bibliografia

 

Edizioni dei Des .iiij. tenz d’aage d’ome di Filippo da Novara

Fréville, Marcel de

1888         Les quatre âges de l’homme, traité moral de Philippe de Navarre [sic] publié pour la première fois d’après les manuscrits de Paris, de Londres et de Metz par Marcel de, Paris, Firmin Didot pour la Société des anciens textes français, 1888.

 

Melani, Silvio

2015         Filippo da Novara, Des .iiij. tenz d’aage d’ome, un’edizione critica, tesi di Dottorato in Scienze Linguistiche e Letterarie, XXVII ciclo, Università di Udine, a.a 2013-2014 (2015).

 

Testi e studi sul manoscritto

Bayot, Alphonse

1929     Le Poème moral. Traité de vie chrétienne écrit dans la région wallonne vers l’an 1200, Bruxelles, Académie royale de langue et de littérature françaises, 1929.

 

Meyer, Paul

1886         Notice du ms. 535 de la Bibliotheque Municipale de Metz, in «Bulletin de la société des anciens textes français», 11 (1886), pp. 41-76.

 

Långfors, Arthur

1917         Les incipit des poèmes français antérieurs au XVIe siècle; répertoire bibliographique, établi à l’aide de notes de M. Paul Meyer, Paris, Champion, 1917.

Otto, Richard

1890         Altlothringische geistliche Lieder. Abdruch nach einer Münchener Handschrift, in «Romanische Forschungen», 5 (1890), pp. 583 – 618.

Crediti

Scheda a cura di Silvio Melani.
Ultimo aggiornamento: 17 febbraio 2019.

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