Aquilon de Bavière
- Titles
- Aquilon de Bavière.
- Dating
- 1379 - 20 agosto 1407. Nel secondo epilogo in forma di sonetto, l’autore dichiara di aver lavorato 28 anni alla sua opera e di averla terminata nel 1407 («Per vincti octo ani Phebo fe suo corso / Anti che fosse tal opra compita, / E era in Virgo – il Lion avia corso – / Lo sole quando ch’ela fu finita, / Any ch’è Cristo nato tra gli Ebrey / Quatro cento cun mille uno e sey»). Tali informazioni permettono quindi di ricavare anche la data d’inizio del romanzo che deve risalire al 1379, e sono poi confermate e precisate anche nell’ultima strofa del primo epilogo che ripete esplicitamente l’anno di inizio, 1379, e quale data di conclusione il 20 agosto 1407 («Mille setanta nove cun trexento / Any correa de l’incarnato augusto / Messo dal Padre Eterno onipotento / Sol per salvare el pecator e•l justo, / Quando al bel libro fo el comenzamento, / Che fo compito a vinti di d’avusto / Possa che cabriel fo a Nazarete / Corando mille e quatre cento e sete»).
- Incipit
- Quel uno, duy, tri ch’a un sol dexio, Tri, dui e uno in lor gloria canto […].
- Explicit
- […] Lo sole quando ch’ela fu finita, Any ch’è Cristo nato tra gli Ebrey Quatro cento cun mille uno e sey.
- Form of the text
- Romanzo in prosa, diviso in VII libri, accompagnato da un prologo e da un epilogo in ottava rima in italiano. Segue l’epilogo anche una sorta di invio in forma di sonetto, sempre in italiano, la cui autenticità però è dubbia.
- Language
- Franco-veneto e italiano (toscano) antico.
- Topic
- L’Aquilon de Bavière racconta la storia del quinto e ultimo figlio del duca Naimes de Bavière, Aquilon, così battezzato per ricordare suo nonno, eroe famoso ma non di primo piano dell’epopea francese.
- Type of text
- Creazione originale di un certo Raffaele da Verona (Marmora), che resta deliberatamente enigmatico sul suo nome, firmandosi nel secondo epilogo al romanzo, la cui autenticità è peraltro incerta, come «Quel che a Tobia servì si integramente / Marmora el fece, e•l suo nome tal era»).
Testo
L’Aquilon de Bavière è l’ultimo testo pervenutoci della tradizione franco-italiana.
Come l’Entrée d’Espagne, la Prise de Pampelune, la Pharsale, l’Huon d’Auvergne, l’Hector et Hercule, la Guerra d’Attila, anche Aquilon de Bavière tratta in maggior parte della matière de France, ma è innovativo per la sua forma, essendo scritto in prosa, e diviso in libri e capitoli, secondo la forma tipica delle opere che nell’Italia settentrionale riproducono o richiamano la matière de Bretagne.
Questo romanzo-fiume è inoltre munito di una cornice in lingua italiana (in toscano) che consiste di un prologo in ottava rima e di due epiloghi, il primo, anch’esso in ottava rima, ed il secondo in forma di sonetto.
Nel prologo l’autore invoca dapprima la Santa Trinità e la Vergine, per poi riassumere gli episodi evangelici dell’Immacolata Concezione, della nascita di Cristo e dell’adorazione dei Magi. Segue un’invocazione alla Vergine, affinché assista Raffaele nella grande impresa di scrivere la storia di Aquilon de Bavière e di Roland, suo grande avversario. Dopo un breve riassunto della trama del romanzo, l’autore dichiara infine la sua mancanza di talento, che lo obbliga ad abbandonare il racconto in versi a favore della prosa francese.
Contenuto
L’Aquilon de Bavière racconta la storia del quinto e ultimo figlio del duca Naimes de Bavière, battezzato Aquilon per ricordare suo nonno, eroe famoso ma non di primo piano dell’epopea francese. Dopo la sua nascita gli astrologhi scoprono segni stellari inquietanti che annunciano che il neonato rappresenterà un grave pericolo per tutta la cristianità e che correrà il rischio di una sconfitta totale nella lotta contro i musulmani. Il padre, Naimes, decide di far uccidere il fanciullo, ma l’intervento della madre fa sì che al fanciullo sia risparmiata la vita; egli sarà però mandato a Gerusalemme per essere allevato lontano dalla patria da suo zio Girard, patriarca della città santa.
Accompagnato dal fedele Anichin e da sua moglie, Aquilon intraprende il pericoloso viaggio in Oriente. Durante il tragitto sul Mediterraneo, una terribile tempesta trascina la nave a Cartagine dove i Cristiani sono obbligati a rifugiarsi nel porto. La moglie dell’ammiraglio di Cartagine, finora senza figli, convince il marito a rapire il piccolo Aquilon, che mostra già tutti i tratti di un futuro eroe, e ad allevarlo come un figlio. Il consigliere Dalfin approva questo piano che è così messo in opera. Aquilon sarà chiamato d’ora in poi Hanibal in memoria del grande Annibale dell’Antichità.
Per mettere alla prova il talento ed il valore nelle armi del figlio, l’ammiraglio di Cartagine manda Hanibal/Aquilon a partecipare ad un torneo organizzato dall’ammiraglio di Russia. Da questa prova il giovane esce vincitore, ma sfortunatamente il suo ultimo avversario, Cornumerant, figlio del sultano di Babilonia, muore per le ferite riportate nel combattimento contro di lui. Ferito nell’orgoglio, il sultano di Babilonia ritiene che la morte di Cornumerant sia avvenuta per una condotta scorretta di Hanibal/Aquilon e, convocati tutti i suoi vassalli, si mette in marcia per Cartagine allo scopo di vendicare il figlio. Nonostante l’esercito babilonese sia molto più potente, i Cartaginesi escono vincitori da questa guerra, soprattutto grazie alle prodezze di Hanibal/Aquilon. Il sultano e tutti i suoi alleati sono costretti a sottomettersi all’ammiraglio di Cartagine, che è incoronato signore di tutti i Pagani dal califfo di Bagdad, a patto però che si rechi presto in Europa per vendicare su Carlomagno la morte dei Agolant nella battaglia d’Aspremont.
Scoppia allora una grande guerra fra l’ammiraglio di Cartagine, e i suoi alleati, ed i Cristiani; sia l’inizio che la fine delle battaglie hanno luogo in Europa, ma tutta la parte centrale è collocata in Africa e in Oriente. I protagonisti dalle due parti sono nominalmente l’Amiral e Carlomagno, ma nella sostanza sono Hanibal/Aquilon e Roland (e un numero impressionante di grandi eroi a loro «subordinati»). Dopo lunghi anni e vicende che favoriscono alternativamente l’una e l’altra delle due parti, i Cristiani – grazie all’aiuto divino – escono vincitori dall’ultima grande battaglia davanti a Cartagine.
Dopo la vittoria davanti a Cartagine, con la conseguente sottomissione dell’ammiraglio e la conversione di Hanibal/Aquilon, i Cristiani tornano in Europa, ma il loro ritorno non è senza problemi. Sbarcati in Spagna, devono affrontare infatti Marsilio ed i suoi alleati che sono insorti contro Carlomagno. In una battaglia sanguinosa i ribelli vengono vinti e prestano un nuovo giuramento di fedeltà. Dopo queste vicende l’esercito è spartito in due: la prima parte, sotto il commando di Rainald, si mette in marcia per punire i Maganzesi e per sottomettere questa stirpe di traditori. L’altra parte, sotto il comando di Roland, parte per Roma, dove il loro capitano farà rapporto al Papa e gli restituirà le sue truppe mandate in aiuto.
Tuttavia anche i Pagani non sono ancora definitivamente vinti. Il re etiope Balduc organizza infatti, con l’aiuto del fratello Malduc, una spedizione in Europa per vendicare la morte dei suoi quattordici figli (soprattutto di Candiobras) nella battaglia davanti a Cartagine. Arrivato in Europa, anche questo esercito si divide in due: Balduc si mette in marcia per soccorrere Gaine ed i Maganzesi; Malduc attraversa le Alpi per affrontare Roland. Inseguito da Bonifacio di Pavia, incontra Roland (che torna da Roma) sull’Appennino. Ne nasce una battaglia cruenta nella quale i Cristiani sono in chiaro svantaggio per il loro numero esiguo, ma grazie all’intervento misterioso di Galahad, figlio di Lancelot, che appare a Roland nel momento in cui i Cristiani sono sul punto di soccombere alla forza terrificante dei giganti che accompagnano gli Etiopi, la situazione volge per il meglio. In una marcia forzata, Roland raggiunge Rainald e il suo esercito che combattono disperatamente contro Balduc e sua nipote Etiopie. Roland uccide Etiopie e i Pagani sono sterminati. Trovandosi di fronte a questo nuovo duro colpo del destino, Aquilon mette in atto una decisione presa da lungo tempo: per espiare tutte le sofferenze, di cui è stato più o meno direttamente la causa, rinuncia a portare in futuro la spada e prende i voti. Il romanzo si chiude con la descrizione della festa solenne celebrata per questa occasione a Saint Denis.
Il testo in prosa francese è seguito da un doppio epilogo in versi in italiano. Il primo, di otto strofe in ottava rima, contiene un riassunto del contenuto del testo, una preghiera al lettore, affinché perdoni le imperfezioni che l’autore ha lasciato nell’opera, e un’indicazione sulla data di composizione del testo. Il secondo epilogo in forma di sonetto, dall’autenticità dubbia, fornisce alcune indicazioni sull’autore.
Ms.
Paris, Bibliothèque Nationale de France, nouv. acq. fr. 22389
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 381 (1363)
Stile
L’autore dell’Aquilon de Bavière ha una vasta cultura e una conoscenza sorprendente della letteratura del suo tempo al punto che sembra aver letto tutto: matière de France, matière de Bretagne, matière antique, letteratura religiosa e didattica, che si fondono in una sintesi nuova e originale.
Come l’Entrée d’Espagne, la Prise de Pampelune, l’Huon d’Auvergne, la Mort Charlemagne, e molti altri testi dell’epopea franco-italiana, anche l’Aquilon de Bavière, per ciò che concerne il fenomeno dell’intertestualità, brulica di tutta una serie di forme e tipologie di richiami, allusioni, e citazioni più o meno estese da altri testi epici, letterari, didattici. La frequenza dei casi di intertestualità è nell’Aquilon de Bavière, «non seulement impressionnante, mais stupéfiante» (Wunderli 2007, III, p. 55) e si articola nelle forme più diverse: vi si trovano infatti diffusamente citazioni di testi biblici o religiosi, sia interamente in latino che in una mescolanza di latino e franco-italiano («Quand Anichin ce intand, il le cort abrazer e comenze a dir cist salm: “Nunc dimitis servum tuum, Domine, quia viderunt occuli mei ce che ai tant dexirés» III, LXXV.17); citazioni di proverbi dell’Antichità («[…] bien dist voir le proverbie de li antis che dist che mal venze son daumagie cil che le rezuit grignor!» I, LXXV.5); menzioni di autori classici («Cist heume fu de cil Henee Trogian che tant fu pros e saze, segond che mostre li grand poete Vergilie» I, XXIV.30) e di chansons de geste («[…] e in cist monester stet Carsidonie .xl. ans in bone e sante vite, e soit avant sa mort comant li cont de Clermont fist batezer son pere e sa mere in la cité de Jeruxalem, si cum li Contes de la Spagne dist» VII, CLI. 4: dove si avrà a che fare con tutta probabilità con l’Entrée d’Espagne).
Particolarmente interessanti sono però nell’Aquilon i casi di riassunti di altri testi letterari. Il caso più famoso riguarda la storia di Berte aux grands pieds, che l’autore presenta in una versione molto estesa, che viene affidata all’anima penitente della nonna di Rolando, Gaiete (VI, XXXVIII.32-XL.13). Altro esempio importante è il riassunto di Mainet/Karleto (V, XCI.1-79), inserito nell’Aquilon nel momento dell’arrivo della regina delle Amazzoni (Penthésilée) al campo dell’ammiraglio di Cartagine.
Molto frequente è infine l’utilizzo di più fonti l’una nell’altra: un esempio è dato dall’episodio delle due spade (Joyeuse e Durandal), proveniente dall’Estoire de Merlin, ed inserito nel riassunto del Mainet/Karleto; un altro ancora è dato invece dal racconto delle guerre future di Carlo Magno, che contiene il rinvio a molteplici canzoni di gesta, quali la Chanson de Roland, la Chanson de Roncevaux, l’Ansëis de Carthage, e la Chevalerie Ogier.
Lingua
Fra gli aspetti più salienti della fisionomia linguistica dell’Aquilon de Bavière, si segnalano, senza pretesa di esaustività, dal punto di vista grafo-fonetico: la grafia francese ch, che si trova solo di rado nel testo (in duchese I, II.12, chair I, XXIV.58, ecc.), perché, in linea con la situazione dell’Italia settentrionale, dove il risultato fonetico (fonologico) corrispondente a fr. /ʃ/ è /tʃ/ o /ts/, prevalgono nell’Aquilon le grafie ç davanti a vocale non-palatale (Çarle I, II.1, Çarlon I, V.4, ecc.) e c davanti a vocale palatale (cival I, II.7, cere I, II.13, ricemant I, II.21, cef I, V.3, ecc.).
La situazione è abbastanza simile per il correlato sonoro di /tʃ/, cioè /dʒ/ o /dz/. Le grafie normali in francese sarebbero j e g, che pure si trovano, ma in modo marginale nell’Aquilon, perché la grafia di gran lunga dominante è gi (+ vocale), anche davanti a e: coragie I, II.3, giant I, II.2, giantil I, II.10, gior I, II.22, gietoit I, III.12, gie I, IV.10, messagier I, VII.6, congié I, VIII.24, Gieruxalem I, X.11, ecc. Si tratta di una grafia «tipicamente franco-italiana», che potrebbe «risentire dello stato del medio-francese alla fine del secolo XIV» (Wunderli 1999, 6).
Abbastanza particolare è anche la rappresentazione grafica dei fonemi /s/ e /z/, dunque della sibilante postdentale sorda e sonora, in posizione intervocalica. Nel campo della sorda, sono numerosi i casi con ss, soluzione che corrisponde alla tradizione grafica francese: lassés I, II.2, duchesse I, II.15. Accanto ad essi si trovano anche grafie con s semplice, che in antico e medio francese serve normalmente a rendere il fonema sonoro: puisance I, II.1, duchese I, II.12. Ma con questi due tipi basilari l’inventario delle possibilità grafiche non si esaurisce, perché nel testo compaiono ancora la grafia c (riceus I, II.5, place I, II.10, facés I, III.18, ecc.), e la grafia ç, anche davanti a e (che corrisponderebbe nelle varietà italiane normalmente a a): abraçe I, II.19, alegreçe I, II.22. Si tratta di una forma grafica (e di un fonetismo) tipici dell’Italia settentrionale.
Sorprendente è il fatto che nella stessa funzione e nello stesso contesto fonologico, si trovi anche la grafia z: troizant I, IV.34 (accanto a troicent), fazés I, III.18 (accanto a facés), alegreze I, XIII.23, rezuit I, XV.1, cazer I, XX.8, ecc. Ancora una volta si ha a che fare con una grafia tipica dell’Italia settentrionale il cui valore fonologico sembra essere identico a quello di ç.
Una coincidenza fra la situazione grafico-fonetica italiana e la tradizione grafica dell’antico francese classico è all’origine dell’uso quasi esclusivo nell’Aquilon della grafia -o- in luogo di –eu, che ci si attenderebbe in francese. Il caso più tipico è quello della desinenza nominale –or (e non -eur) in: segnor I, II.5, meillor I, II.6, menor I, III.5, auctor I, V.1, impereor I, V.4, ecc. Il fenomeno interessa anche lor e i dimostrativi cestor, cellor, oltre a un gran numero di altre forme, come: pros I, II.2, corozos I, II.2, dos I, II.9, merveilos I, III.20, ecc.
Sul piano della morfosintassi, un tratto saliente dell’Aquilon de Bavière è la confusione quasi sistematica dei pronomi relativi que e qui sotto la forma italianizzante che («Li dux guarde e voit la place plaine de giantil home e de borzois e paexant che furent venus por luy veoir» I, II.10, ecc.).
Di rilievo sono anche certe forme del passato remoto della 3a pers. plur. Accanto al gran numero dei verbi, specie della prima coniugazione, che appaiono con la tipica desinenza -erent del francese (porterent, tornerent, intrerent, acompagnerent, troverent, ecc.), si trovano infatti anche forme rifatte in -ere<nt, sia nel campo dei verbi che hanno normalmente una forma in -irent alla 3a pers. plur. del passato remoto (combaterent, responderent), che in quello dei verbi fondamentalmente irregolari: verent (virent), ferent (firent), referent (refirent), terent (tinrent), ecc.
Tutti questi casi sembrano costituire «dei rifacimenti tipicamente francoitaliani orientati sulla forma più corrente del passé simple, cioè quella in -erent, e che sfruttano la possibilità di mettere a profitto i sistemi francese e toscano (mentre nei dialetti settentrionali il passato remoto è quasi sconosciuto) per la creazione di un nuovo strumento d’espressione» (Wunderli 1999, 15).
Da rilevare è inoltre per la 3a pers. plur. del congiuntivo imperfetto l’impiego da un lato della forma “normale” in francese in –ssez (veisés, veissés, volisée, volissés, ecc.), e dall’altro della forma, decisamente maggioritaria, –stes (alastes, avestes, gardastes, ecc.), dovuta probabilmente ad un rifacimento sul tipo italiano parlaste, aveste, finiste con aggiunta di –s finale tipica di questa persona in francese.
Altro fenomeno tipico dell’Aquilon de Bavière, e del franco-italiano in genere, è poi quello del se «omnipersonale» (molto frequente è l’uso di se con un verbo alla I pers. plur.; es.: «Guardés vos quant poés de li zigant, che da les autres se defendromes bien!» VII, XCVIII.5).
Dal punto di vista lessicale, l’Aquilon rispetta perfettamente la caratteristica del franco-italiano di anteporre ai verbi, in particolare, il prefisso –a. Si vedano, ad esempio, atuer ˂ fr. tuer; atrover ˂ fr. trouver, it. trovare; asalvemant, as(s)auvemant ˂ fr. salvement/sauvemant, it. salvamente, ecc.
Nell’Aquilon ci si trova spesso di fronte all’uso di por in contesti dove si aspetterebbe in francese par (es.: «li orgoil e la puisanze del fort rois Agolant por la puisanze de Deu pere fu destrute in le pais de Calavrie in la contrea d’Aspramont por ly roi de France» I, II.1, ecc.).
Fra le molteplici famiglie lessicali che sorprendono per la ricchezza delle soluzioni adottate si segnalano, ad esempio, quella del verbo fr. agenouiller, che troviamo nel testo assieme alla forme enginoiler, engienuiler, enzinoiler, ginoil(l)er, inginichier, inginochier, inzinochier, inginoil(l)er, inginolier, inginuil(l)er, zinoil(l)er, zinolier; quella del verbo alcir(e) per ʻuccidereʼ insieme a alzir, ancir, aucir, oncir, uncir; e quella infine del verbo fr. choir ʻcadereʼ, che compare nel testo nelle varianti cair, chair, ceir e cheir.
Interessante è anche il trattamento del nome di luogo Aspremont, perché, accanto a questa forma francese inalterata, si ha nel testo anche la forma Aspramont, che costituisce un adattamento puramente grafico all’italiano, e la forma, Aspromont, di gran lunga la più diffusa, che costituisce invece una ricomposizione sulla base dell’aggettivo aspro, concordante con il genere del sostantivo.
Framm. di Parigi
Il ms. Vat. Urb. Lat. 381 è il solo manoscritto completo dell’Aquilon de Bavière giunto sino a noi. Esiste però anche un frammento del romanzo costituito da due fogli di pergamena, la cui grafia data al XV secolo, conservato nella Bibliothèque Nationale de France di Parigi, Nouv. acq. fr. 22389, di cui si è venuti a conoscenza nel 1954, anno della pubblicazione della Bibliographie di Brian Woledge.
I passaggi contenuti in questi due fogli appartengono al VII libro del romanzo. Il testo del primo foglio, corrispondente alle colonne 153rb-154rb del ms. Vat. Urb. Lat. 381, appartiene alla descrizione della grande battaglia nei Pirenei fra l’esercito cristiano che rientra dall’Africa e l’esercito dei re spagnoli Marsilio, Balugant e Falsiron, che, dopo aver invaso la Francia e assediato Parigi in assenza di Carlomagno e di Rolando, cerca di riconquistare la patria, ma è destinato a subire una completa disfatta. Il testo del secondo foglio, corrispondente alle colonne 159ra-159vb del ms. della Vaticana, si colloca nella descrizione delle battaglie tra l’esercito cristiano e quello dei re etiopi Balduc e Malduc.
Sul piano del contenuto non si segnala alcuna differenza rilevante fra il testo dell’Aquilon de Bavière del ms. Vat. Urb. Lat. 381 e quello del frammento parigino. Sul piano grafematico e morfologico, invece, il frammento di Parigi mostra un’italianizzazione decisamente più marcata rispetto ai passaggi corrispondenti del ms. Urb. Lat. 381.
Lingua
Sul piano grafematico e fonologico i fenomeni più significativi riguardano le grafie g o gi per –i– intervocalica: poroge I.16, voldroge I.22, coroge I.87, estoge I.62, agés I.42, pagerons I.72, plage I.106; avogie I.54, avogient I.31, estogient I.4, agie I.31, agiés I.47, sogie I.103, sogiés II.59, ogiés II.85, vogie II.90; e c/z per ch sia iniziale che interna: zamin II.23, ceit II.66; rice II.42, civalza II.5, civalcés II.24, trenzant II.73. Questa grafia vale anche per il grafema toscano cci: cazerent II.81, cazant II.83 (< cacciare); ma la grafia z si trova anche per g/i nelle stesse posizioni: zigant II.17; lozemant I.57, alozés I.57. Inoltre, per l’assenza pressoché completa di e prostetica, si vedano: spie I.105, Spagnol I.9, Spagne I.10, strange I.30, speranze I.50, stroitemant II.34, stendard II.49, scrit II.63, schus II.40, sperons II.71, stime II.79, scamper II.96, spalles II.88, strame II.2, ecc. Si possono aggiungere, infine, i casi di i e ie (per –e) in monsignor I.95 e in guardie I.59, avant-guardie I.20 come riflesso della scripta italiana.
Sul piano morfologico il fenomeno di italianizzazione più marcato è l’uso quasi costante della forma li per l’articolo determinativo masch. sing. in luogo di le.
Quanto al lessico, pochi sono gli italianismi: con preposizione accanto a cum; sugel ʻsigilloʼ II.7, lezue, p.p. femm. ʻlettaʼ II.8 e lige ʻlegaʼ II.26.
Bibl.
Edizioni
- Bertolini, Virginio – Babbi, Anna Maria
1979 Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière. Libro quinto, a cura di Virginio Bertolini, Anna Maria Babbi, Povegliano, Gutenberg, 1979.
- Wunderli, Peter
1982 Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière, roman franco-italien en prose (1379–1407). Introduction, édition et commentaire par Peter Wunderli, Tübingen, Niemeyer (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie, 188-189), 1982, Vol. I e II.
Recensioni: Lidia Bartolucci Chiecchi, «Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen», 137 (1985), 470-472.
2007 Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière, roman franco-italien en prose (1379–1407). Introduction, édition et commentaire par Peter Wunderli, Tübingen, Niemeyer (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie, 337), 2007, Volume III.
Recensioni: YWMLS: Year’s Work in Modern Language Studies, 69 (2007), 55 — Lidia Bartolucci Chiecchi, «Vox Romanica», 67 (2008), 272-276 — Carlo Beretta, «Medioevo Romanzo», XXXII-2 (2008), 446-449.
Studi
- Babbi, Anna Maria
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Bertolini, Virginio
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- Bartolucci Chiecchi, Lidia
1977 Qualche appunto su “Aquilon de Bavière”, «Vita Veronese», 30, 1977, 132-135.
1981 Ancora sui Maffei (in margine ad “Aquilon de Bavière”, «Vita Veronese», 11-12, 1981, 245-248.
1983 Un nuovo nome per l’autore dell’“Aquilon de Bavière”, «Medioevo Romanzo», 1983, VIII/2, 217-223.
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1992b L’Oriente nell’“Aquilon de Bavière”: i personaggi femminili, in Medioevo romanzo e orientale: testi e prospettive storiografiche, a cura di A. M. Babbi et alii, Soveria Mannelli, Catanzaro, Rubbettino, 1992, 263-282.
2001 Insegne e colori nell’“Aquilon de Bavière”, La cultura dell’Italia padana e la presenza francese nei secoli XIII – XV, (Pavia 1994), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2001, 201-209.
2003 La figura di Astolfo nell’“Aquilon de Bavière”, «Quaderni di Filologia Romanza», 17, 2003, 291-303.
- Bertolini, Virginio
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1977 Appunti sulle fonti dell’“Aquilon de Bavière”: I)“Mortara”, «Quaderni di lingue e letterature», 2, 1977, 241-246.
1977-78 Il conte Bernardo di Mormora, “La meilor lanze de Lonbardie” nell’“Aquilon de Bavière”, «Atti e Memorie della Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, serie VI, 29, 1977-78, 225-245.
1978-1979 Appunti sulle fonti dell’“Aquilon de Bavière”: II) La tradizione dei SS. Fermo e Rustico, «Quaderni di lingue e letterature», 3-4, 1978-1979, 397-406.
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Capusso, Maria Grazia
2007 La produzione franco-italiana dei secoli XIII e XIV: convergenze letterarie e linguistiche, in Plurilinguismo letterario, a cura di R. Oniga e S. Vatteroni, Soveria Mannelli, Catanzaro, Rubbettino, 2007, 159-204.
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- Krauss, Henning
1982-1983 Metamorfosi di Orlando nell’“Aquilon de Bavière”, «Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti», 95, 1982-1983, Parte III: Classe di scienze morali, lettere ed arti, 425-440.
1987 Roland et la richesse des Florentins dans “Aquilon de Bavière”, Au carrefour des routes d’Europe. La chanson de geste : Xe Congrès international de la Société Rencesvals pour l’étude des épopées romanes, Strasbourg 1985, Aix-en-Provence, Publications de l’Université de Provence («Senefiance», 21), 1987, 2 vol, II, 777-795.
- Levi Ezio
1908 Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del sec. XIV, Firenze, 1908.
Morlino, Luca
2010a La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale, in Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto e G. Pedullà, vol. 1, Dalle Origini al Rinascimento, a cura di A. De Vincentiis, Torino, Einaudi, 2010, 27-40.
2010b Contributi al lessico franco-italiano, «Medioevo Letterario d’Italia», 7, 2010, 65-85.
2013a Appunti sul personale epico e la geografia dell’“Aquilon de Bavière” di Raffaele da Verona, «Écho des Études Romanes», 2013, IX, 1, 51-63.
2013b Echi e riflessi storico-politici nella letteratura francoveneta: il caso della “Pharsale” di Niccolò da Verona, in Medioevo Veneto e Medioevo Europeo: identità e alterità, a cura di Z. Murat e S. Zonno, Padova, Padova University Press, in c.d.s.
2013c Tabù del nome e trasfigurazione in nemico epico. Ezzelino da Romano in due testi franco-veneti, in Categorie europee: rappresentazioni storiche e letterarie del ‘politico’, a cura di Sorin Șipoș e Dan Octavian Cepraga, Verona, Fiorini, in c.d.s.
- Omont, Henri Auguste
1913 Catalogue général des manuscrits français: Bibliothèque Nationale, Nouvelles acquisitions IV (nos 10001-11353 et 20001-22811), Paris, 1913.
1918 Catalogue général des manuscrits français: Bibliothèque Nationale, Nouvelle acquisitions françaises IV (n. 10001-11353 e 20001-22811), Paris, 1918, p. 479.
- Rossi Vittorio
1910 rec. a E. Levi, Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del sec. XIV, Firenze, 1908, in «Archivio Storico Lombardo», 37, 1910, pp. 199-206, p. 205.
- Stornaiolo, Cosimo
1902 Codices Urbinates Latini, recensuit Cosimo Stornaiolo, I, Codices I-500, Romae, 1902.
- Vallecalle, Jean-Claude
2012 “Aquilon de Bavière” ou l’ambiguïté de l’innocence, La faute dans l’épopée médiévale. Ambiguïté du jugement. Colloque organisé à l’Université d’Orléans les 9 et 10 décembre 2010, B. Ribémont dir., Rennes, PU Rennes (Interférences), 2012, 159-176.
- Woledge, Brian
1954 Bibliographie des romans et nouvelles en prose française antérieurs à 1500, Genève-Lille, 1954.
- Wunderli, Peter
1975 Zur Edition des “Aquilon de Bavière”, «LiLi», 19/20, 1975, 170-190.
1980 Le fragment parisien de l’“Aquilon Bavière”, «Zeitschrift für Romanische Philologie», 96, 1980, 489-505.
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1984 Roland théologien dans l’“Aquilon de Bavière”, Essor et fortune de la Chanson de Geste dans l’Europe et l’Orient latin. Actes du IXe Congrès International de la Société Rencevals, Padoue/Venise, 29 août – 4 septembre 1982, Modena, Mucchi Editore, 1984, 759-781.
1985 Appunti sulla struttura narrativa (fittizia) dell’“Aquilon de Bavière”, «Medioevo Romanzo», 10 1985, 257-282.
1999 “Interferenze” in franco-italiano. L’esempio dell’“Aquilon de Bavière”, «Vox Romanica», 58, 1999, 124-148.
2006 Galaad nell’“Aquilon de Bavière”. Un Deus ex machina e la memoria, «Vox Romanica», 65, 2006, 50-65.
1982-2007 Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière, roman franco-italien en prose (1379–1407). Introduction, édition et commentaire par Peter Wunderli, Tübingen, Niemeyer («Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie, 188-189») 1982-2007, 3 voll. (voll. 1-2: 1982; vol. 3: 2007).
Crediti
Scheda a cura di Serena Modena.
Ultimo aggiornamento: 9 aprile 2015.