Motti in francese nei tarocchi dei Visconti-Sforza
- Titles
- Motti in francese nei tarocchi dei Visconti-Sforza.
- Dating
- tra il 1442 e il 1450.
- Language
- Francese antico.
- Type of text
- Motti in francese facenti parte delle imprese di Filippo Maria Visconti e Francesco Sforza che si conservano nei più antichi mazzi di tarocchi realizzati nel ducato di Milano.
Contenuto
È quanto mai risaputo come il gioco delle carte e i tarocchi fossero, insieme alla palla ed alla palmata, i giochi più in voga per i nobili della corte ducale milanese dei Visconti e degli Sforza. Basti pensare alla meravigliosa testimonianza iconografica che ci offrono in tal senso i dipinti che occupano la sala che affaccia sul cortile d’onore di Palazzo Borromeo nell’omonima piazza, e in particolare la scena riguardante cinque figure in abiti eleganti e acconciature sofisticate che giocano, sedute attorno a un tavolo, con delle carte molto vistose. L’ignoto pittore che realizzò questa superba scena di carattere profano, il cosiddetto Maestro dei Giochi Borromeo, ci lascia così uno spaccato realistico di un momento di svago, di rilassatezza e di divertimento che divenne presto fonte di ispirazione per numerose scene simili che si trovano in altre residenze nobiliari lombarde.
La corte dei Visconti rappresenta una vera e propria pietra miliare nella storia del gioco dei tarocchi, in quanto è da essa che provengono i mazzi di carte di questo genere più antichi che si conoscano. Nella decina di mazzi di tarocchi realizzati nell’ambito della corte viscontea e sforzesca, i tre più importanti in quanto ad antichità e completezza sono il mazzo Visconti di Modrone (67 carte), che prende il nome dal ramo cadetto della famiglia Visconti a cui appartenne ed è detto anche Cary-Yale perché fece parte della collezione di carte da gioco storiche della famiglia Cary, confluita nel 1967 nella Biblioteca Beinecke dell’Università di Yale, il mazzo Brambilla della Pinacoteca di Brera (48 carte) ed il mazzo Pierpont-Morgan Bergamo, detto anche Colleoni-Baglioni e di Francesco Sforza, composto in origine da 78 carte, delle quali ne sono rimaste 74: 35 si trovano nella biblioteca Pierpont-Morgan a New York, 26 presso l’Accademia Carrara di Bergamo e 13 fanno parte della collezione privata della famiglia Colleoni. Quest’ultimo mazzo, il più conosciuto e riprodotto, anche in ragione della sua completezza, fu commissionato da Francesco Sforza tra il 1432, anno del suo fidanzamento con Bianca Maria, figlia del duca Filippo Maria, e il 1450, anno che vide il condottiero diventare ufficialmente duca di Milano, ed è attribuito al pittore cremonese Bonifacio Bembo, uno dei principali rappresentanti del gotico internazionale lombardo, titolare, con i fratelli, di un grande atelier (cfr. Bandera Bistoletti – Tanzi 2013).
Sulla committenza e sull’esecuzione dei Tarocchi Brambilla conservati alla Pinacoteca di Brera di Milano e dei Tarocchi Visconti di Modrone di Yale il parere degli storici dell’arte è invece più discordante. Entrambi questi mazzi vengono generalmente ascritti alla committenza dell’ultimo duca Visconti, Filippo Maria, la cui passione per i tarocchi, e in generale per i giochi di carte, è ricordata anche dalla testimonianza di prima mano di Pier Candido Decembrio, che nella sua Vita Philippi Mariae tertii Ligurum ducis, composta poco tempo dopo la morte del duca, racconta che l’ecclesiastico ed erudito cultore dei classici e dell’astrologia Marziano Rampini di S. Aloisio, detto da Tortona, precettore prima e segretario poi di Filippo Maria, inventò un mazzo di tarocchi particolare per il suo signore, mettendone a punto tutta l’iconografia, con un’ingente spesa per il principe di 1500 ducati.
I Tarocchi Brambilla, così chiamati in quanto acquistati per pochi denari da Giovanni Brambilla in una calle di Venezia intorno all’anno 1900, e divenuti poi di proprietà dello Stato Italiano nel 1971, che li assegnò alla Pinacoteca di Brera, sono attualmente 48 carte rivestite di foglia d’oro e d’argento dalla forma concava delle tegole, nove delle quali sono “onori”, ovvero carte figurate. Queste carte da gioco presentano armi e imprese care a Filippo Maria Visconti, quali il sole raggiato, chiamato anche radia magna, la corona ducale con alloro e palma, il «capitergium cum gassa», ossia l’impresa che rappresenta un nodo fatto con velo o con nastro, nonché i denari che riproducono il fiorino fatto coniare dal Visconti nel 1442 e in uso fino alla sua morte nel 1447. La maggior parte di queste carte presentava originariamente anche motti in francese antico, ma quasi tutte le scritte sono andate irrimediabilmente perdute nel corso di un restauro inadeguato. Nell’Asso di Spade e nell’Asso di Bastoni del mazzo di carte Brera-Brambilla si è conservato tuttavia il motto in francese antico «A bon droyt» (‘per giusto diritto’), che tradizione vuole creato da Francesco Petrarca, e, sempre nell’Asso di Spade, l’iscrizione «A bon droyt phote mante[nir]», che rappresenta una contrazione in trascrizione fonetica dell’antico francese «Il faut mantenir», che può essere interpretata come ‘bisogna mantenere/ resistere’ o ‘dobbiamo difenderci’.
Se non vi sono dubbi sul fatto che le carte da gioco Brera-Brambilla siano state create su richiesta di Filippo Maria Visconti tra il 1442 e il 1447, meno certa è invece la committenza da parte del duca anche dei Tarocchi di Modrone di Yale, in quanto tra le carte allegoriche di questo mazzo giunte sino a noi vi è quella del Matrimonio, che potrebbe riferirsi tanto alle nozze celebrate tra Filippo Maria e Maria di Savoia il 2 ottobre 1428 a Robecco sul Naviglio, quanto alle seconde nozze di Francesco Sforza con la figlia di Filippo Maria, Bianca Maria, che avvennero nel 1441. La presenza, tuttavia, nei Tarocchi Cary-Yale di emblemi araldici della famiglia Sforza fa presupporre che il gioco sia stato commissionato proprio da Francesco Sforza e sarebbe da datare quindi fra il 1442, anno della messa in circolazione della sua moneta, e il 1450, quando ascese al potere ponendo sotto assedio Milano. A realizzare per Francesco Sforza questo mazzo di carte sarebbe stato sempre Bonifacio Bembo, che, del resto, oltre a lavorare molto per il duca e per la sua consorte, accordò loro anche il suo sostegno politico, estendendolo più tardi anche al loro figlio Galeazzo Maria Sforza.
Quanto alla presenza del motto visconteo «A bon droyt» che si riscontra anche nella carta dell’Imperatore dei Tarocchi Visconte di Modrone di Yale, dove l’Imperatore è circondato da quattro giovani servitori, uno dei quali sorregge una corona e un altro un mantello decorato con la scritta francese, non va dimenticato che questa insegna risalente a Gian Galeazzo Visconti era diventata in qualche modo tipica dei duchi milanesi e fu ripresa e utilizzata anche dagli stessi Sforza.
Per quanto riguarda infine l’esecuzione dei tarocchi Brambilla-Brera, il mazzo di carte è stato solitamente assegnato a Bonifacio Bembo ed alla sua bottega, tuttavia la paternità dell’opera sembrerebbe da ascriversi piuttosto all’atelier milanese Zavattari, e in particolare a Franceschino Zavattari, attivo dal 1414 al 1453/7 (cfr. Algeri 1981 e Nunes de Souza 2016), dal momento che non ci sarebbero prove del fatto che la famiglia Bembo abbia prodotto delle opere per Filippo Maria Visconti, mentre si sa per certo, dalle scene cortesi affrescate nel 1444 nella cappella della regina Teodolinda nel Duomo di Monza, che i fratelli Zavattari furono al servizio del duca per l’esecuzione di questo capolavoro riconosciuto dell’arte gotica internazionale.
Bibliografia
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2016 Les jeux de tarot Visconti-Sforza. Une analyse iconographique. Tome I, par Joana Nunes de Souza, Mémoire présenté à la Faculté des études supérieures en vue de l’obtention du grade de Maîtrise ès arts (M.A.) en histoire de l’art, Université de Montréal, Faculté des études supérieures et postdoctorales, 2016.
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1981 Le Tarot, histoire, iconographie et ésotérisme, Paris, Guy Trédaniel, Éditions de la Maisnie, 1981.
Crediti
Scheda a cura di Serena Modena.
Ultimo aggiornamento: 29 aprile 2019.