Quatre âges de l’homme
- Titles
- Quatre âges de l’homme, o Des .iiij. tenz d’aage d’ome.
- Dating
- ca. 1265, o (cfr. Melani 2015 e 2018) non oltre il 1254.
- Incipit
- Cil qui fist cest conte avoit .lxx. ans passez quant il 1’amprint…
- Explicit
- … et Nostre Sires Dieus, qui est piteus et misericors parafaitement, doint par sa pitié et par sa misericorde en l’autre siecle repos pardurable et clarté sanz fin a celui qui cest livre fist et a celui qui l’escrist, et a touz crestiens et a toutes crestiennes, se a lui plest. Amen!
- Form of the text
- Prosa, con alcuni (pochi) inserti in versi.
- Language
- Francese antico.
- Topic
- Trattato di morale con consigli per vivere bene e cristianamente le quattro età della vita (infanzia, giovinezza, mezza età e vecchiaia). Ogni età è considerata composta di 20 anni (per cui, per esempio, si è enfants da 0 a 20 anni). Il tutto per una vita ideale di 80.
- Type of text
- Trattato in prosa, con inseriti pochissimi testi in versi, tra i quali un’epistola metrica a carattere morale dello stesso Filippo da Novara. L’opera si basa essenzialmente sulle esperienze dell’autore, uomo di settant’anni compiuti, e sulle sue convinzioni morali e religiose, forse non sempre ortodosse. Cosa, questa, che ne fa, pur nella forma di una trattazione quasi impersonale, una sorta di documento di vita vissuta.
Autore
Filippo di Novara
Contenuto
I .iiij. tenz d’aage d’ome di Filippo da Novara contengono consigli ed esempi per vivere bene e in modo cristiano le quattro età della vita. È diviso in cinque grossi capitoli, i primi quattro dedicati ciascuno ad una delle quattro età, l’ultimo invece contiene una serie di riepiloghi (con qualche aggiunta o precisazione). Al termine del quinto capitolo si legge una interessantissima nota bio-bibliografica in cui il Novarese parla dei tre libri da lui scritti: un Premier livre miscellaneo in cui erano raccolti un racconto della guerra tra l’imperatore Federico II e la potente casata oltremarina degli Ibelin tra il 1223 e il 1242 (a cui Filippo partecipò come uomo degli Ibelin stessi), più una relazione sulla venuta in Oltremare del Novarese e alcune raccolte di sue poesie (queste parti sono oggi perdute); un trattato di giurisprudenza fondato sul diritto degli Stati crociati (Livre de forme de plait); il trattato Des .iiij. tenz d’aage d’ome, composto quando l’autore aveva più di settant’anni. Il primo capitolo di questo trattato è dedicato all’infanzia, la cui durata è stimata in venti anni: per questo periodo l’autore propone un modello pedagogico molto severo, volto a formare uomini austeri, religiosi e buoni conoscitori del proprio mestiere (tra i “mestieri” Filippo annovera anche quello di cavaliere e di chierico). Il secondo capitolo tratta della gioventù (dai venti ai quaranta anni), e contiene esortazioni a moderare i bollenti spiriti di quell’età e a procurarsi quei beni temporali indispensabili per vivere nelle ultime due età. Il terzo capitolo tratta della mezza età (dai quaranta ai sessant’anni): è l’età perfetta, in cui le qualità dell’uomo si manifestano al meglio, e in cui si gode del rispetto degli altri e di quei beni temporali che siamo riusciti a conquistarci. La vecchiaia è un’età in cui l’uomo può condividere coi più giovani la sua esperienza di vita, ma è anche un’età triste, di decadenza fisica se non addirittura mentale: un’età in cui l’uomo ha visto morire già molte delle persone alle quali era affezionato e ha sofferto già molti dolori: in questa età, attraverso penitenze ed opere buone, si deve cercare di ottenere il paradiso. Nel quinto capitolo (di riepilogo, come si è detto) è contenuta questa sconsolata affermazione:
Et viellesce qui est de .lx. ans en amont, et li milieu de .lxx. anz, est moult annieuse au comencement et plus a la fin, qui est de .iiij. vinz anz. Et toutes voies i a aucunes choses profitables et convenables, si comme li compes devisa quant il parla de viellesce. Et se aucuns dure plus, il doit desirrer la mort requerrant a Dieu touz jourz bone fin.
Lingua
La lingua dei .iiij. tenz d’aage d’ome di Filippo da Novara (cfr. Melani 2015, introduzione, parr. 5.1-6), almeno nei mss. di origine francese, è una lingua non mescidata. Poiché i mss. francesi provengono dalle regioni orientali e nordorientali della Francia, non stupisce l’abbondanza di tratti linguistici dell’Est e del Nordest. Questi tuttavia si ritrovano (benché in misura apparentemente minore, e in maniera meno univoca) anche nei frammenti di mss. copiati in Italia (cfr. Ferrari 1992 e Tagliani 2013), per cui è possibile una loro origine già nella scripta oltremarina dell’epoca in cui il Novarese scrisse (per la quale cfr. Minervini 2010). Si potrebbe sospettare che, almeno in alcuni casi, i copisti francesi abbiano introdotto relativamente pochi tratti dei loro dialetti. Qualche raro fenomeno tipico dei dialetti sudoccidentali (Poitou, e cfr. ancora, per questo, Minervini 2010) non è neppure esso motivo di stupore, dal momento che la casata dei Lusignano (regnante su Cipro fino alla fine del secolo XV così come pure, a più riprese e fino al 1291, sul regno di Gerusalemme) si stabilì in Oltremare tra gli anni Settanta-Ottanta del secolo XII, portando con sé un nutrito seguito di vassalli e clientes. Questo comportò probabilmente anche l’importazione di alcuni tratti dialettali del Sudovest.
Fortuna
Di quest’opera, prodotta a Cipro o comunque nei regni crociati d’Oltremare, non rimangono, per quanto se ne sappia, testimoni di origine oltremarina. L’intera tradizione manoscritta conosciuta – collocabile tra il secolo XIII exeunte e la seconda metà del secolo XIV – parrebbe infatti dividersi, quanto ad origine geografica, tra la Francia dell’Est e del Nordest e l’Italia settentrionale. Vedi, per l’Italia, i frammenti novarese e milanese recentemente scoperti da Barbara Ferrari (Ferrari 1992) e Roberto Tagliani (Tagliani 2013), e anche, probabilmente, il manoscritto segnalato in due cataloghi quattrocenteschi della biblioteca viscontea di Pavia, andato perduto quando tale biblioteca fu saccheggiata nel 1499.
In Melani 2015 e Melani 2018 si prospetta l’ipotesi che all’origine dell’intera tradizione possa esservi un perduto testimone forse portato in Europa all’epoca del ritorno in Francia di re Luigi IX il Santo nel 1254, dopo la prima delle sue due sfortunate crociate. È ben noto l’interesse che il sovrano francese aveva per i libri, in particolare quelli di religione e di morale: tornato in patria, Luigi IX fu il primo re di Francia a costituire una biblioteca di manoscritti di opere religiose sul modello di quelle dei sultani. Se non fu lui o uno del suo entourage a procurarsi di sua iniziativa una copia del trattato pedagogico e morale di Filippo da Novara, tale copia potrebbe essergli stata donata. Questa proposta di datazione merita di essere riesaminata nel dettaglio e arricchita, perché ci interessa in particolare per la storia della diffusione e della fortuna dell’opera.
Schulze-Busacker 2009 ha giustamente notato punti di contatto tra il trattato di Filippo e il De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais (scritto, secondo quanto quest’ultimo ci dice, per istruire il pedagogo dei figli di re Luigi IX di Francia). Si tratta di contatti di una certa importanza, anche se forse le nozioni là esposte potrebbero essere state attinte, in alcuni casi, a fonti comuni, sia scritte sia – nel caso almeno di certi proverbi – orali. Una parte dei proverbi citati sono peraltro d’origine biblica. Diversamente da Schulze-Busacker 2009, che ritiene l’opera di Filippo debitrice di quella di Vincenzo di Beauvais, Melani 2015 (e Melani 2018) ipotizza un rapporto di filiazione tra le due opere che va da quella del Novarese a quella del Bellovacense. Generalmente si dice che il trattato del Bellovacense fu completato prima del 1250, forse tra il 1246 e il 1247 o tra il 1249 e il 1250. Questo avrebbe fatto sì che l’opera potesse arrivare in Oriente fino nelle mani di Filippo da Novara, il cui .iiij. tenz d’aage d’ome sono stati finora datati al 1265 ca. In realtà non sarebbe azzardato, secondo alcuni, ipotizzare che Vincenzo di Beauvais abbia scritto (oppure rivisto e terminato) il De eruditione pochissimo prima del 1260, e comunque dopo il 1254 (cfr. Archer 1911, p. 90). Esso doveva fare parte dell’opera maggiore in quattro volumi da intitolarsi Opus universale de statu principis. Solo due volumi furono completati prima della morte dell’autore, il De eruditione e il De morali principis institutione, che avrebbe dovuto essere il primo se, per volontà della moglie di re Luigi IX, non fosse stata data precedenza all’altro trattato, destinato a istruire il precettore (un non meglio noto «Simone il chierico») di Filippo, quarto figlio della coppia regale. Ora,Vincenzo di Beauvais, nel De eruditione, si firma «Vincentius Belovacensis, de ordine praedicatorum, qualiscumque lector in monasterio de Regali Monte», dove si trovava probabilmente non prima del 1254 (cioè del ritorno in Francia di Luigi IX) e non dopo il 15 gennaio 1260, data del funerale di Luigi, erede al trono di Francia (cfr. Archer 1911, p. 90). La sua opera era concepita come opus quodam universale de statu principis ac tocius regalis curie siue familie, necnon et de rei publice amministracione ac tocius regni gubernacione. Era quindi un’opera rivolta all’educazione di tutti i figli del re, ma particolarmente del suo diretto erede. Ma nel prologo si ricorda solo il futuro Filippo III di Francia e non il figlio maggiore di Luigi IX, Luigi, morto a 16 anni di età proprio nel gennaio del 1260. Strana dedica, se questo Luigi fosse stato ancora vivo all’epoca. Ciò lascia sospettare che l’opera fosse stata composta solo pochissimo prima della morte di Luigi Capeto (quando Vincenzo era ancora a Royaumon, e poteva firmarsi lector in monasterio de Regali Monte). Dopodiché il Bellovacense avrebbe fatto in tempo, col suo prologo, a “ricilarla” per il precettore di suo fratello Filippo. Costui era quasi quindicenne al momento della morte del fratello maggiore, e dunque non così precocious come lo definisce Jacobs-Pollez 2012, p. 53, la quale difende ancora la data di composizione del 1249 – 1250. (Filippo Capeto, sia detto per inciso, fu descritto dai contemporanei come un quasi mentecatto fin dall’infanzia, che genitori e precettori cercarono in tutti i modi di educare, riuscendo però solo a plagiarlo, cfr. Langlois 1887, pp. 1-10). Di quelli tra i dodici figli di Luigi IX nati prima della partenza del re per la crociata, solo due Isabella (1242 – 1271) e, appunto, Filippo (1245 – 1285) erano ancora vivi intorno dopo il gennaio del 1260: gli altri, cinque in tutto, avevano da un anno fino ad un massimo di dieci anni d’età. Ora, il progetto dell’Opus universale – cui doveva appartenere il De eruditione – fu ripreso da Vincenzo di Beauvais proprio poco prima del 1260 su esortazione di Thibaut V di Champagne e II di Navarra, marito dal 1258 di Isabella, la figlia primogenita di Luigi IX (come testimonia il prologo del De morali principis institutione). Si giustificherebbe così l’allusione di Vincenzo, nel De eruditione, alla “tenera infancia” dei figli del sovrano (Isabella, sposa dal 1258, si può dire fosse ormai, nel 1260, meno la figlia di Luigi IX che la moglie di Thibaut di Champagne; il De erudizione, peraltro, era un’opera di pedagogia non certo adatta a bambini piccoli, come ammette lo stesso Vincenzo: in teoria almeno, lo era di più per un adolescente quale il nuovo erede al trono).
Tornando a Filippo da Novara, potrebbe aver scritto i .iiij. tenz d’aage d’ome entro il 1254, cioè poco dopo il suo Premier livre (post 1242) e pochissimo dopo il suo Livre de forme de plait (datato tra il 1249 e il 1253). I .iiij. tenz d’aage d’ome sono l’opera di un settantenne, come dice lo stesso Novarese all’inizio. Ma anche il Premier livre è già l’opera di un vecchio: in una nota bio-bibliografica che conclude il trattato di morale il Nostro scrive infatti che
Phelipes de Novaire, qui fist cest livre, en fist autres .ij. Le premier fist de lui meësmes une partie, car la est dit dont il fu, et comment et por quoi il vint deça la mer, et comment il se contint et maintint longuement par la grace Nostre Seignor. Aprés i a rimes et chançons plusors que il meïsmes fist, les unes des granz folies dou siecle que l’an apele amors; et assez en i a qu’il fist d’une grant guerre qu’il vit a son tens antre l’ampereor Fredri et le seignor de Barut, mon seignor Jehan de [I]belin le viel. Et .j. moult biau compe i a il de cele guerre meïsmes des le commancement jusques a la fin, ou queil sont devisé li dit et li fait et li grant consoil et les batailles et les sieges atiriez ordeneement, car Phelipes fu a touz. Aprés i a chançons et rimes qu’il fist plusors en sa viellesce de Nostre Seignor et de Nostre Dame et des saints et des saintes. Celui livre fist il por ce que il meïsmes et ses troveüres, et li fait qui furent ou païs a son tens, et les granz valors des bons seignors fussent et demorassent plus longuement en remembrance a cels qui sont descendu de lui et a touz ses autres amis, et a touz ces qui les vorront oïr.
Se dunque Filippo inserì nel Premier livre (post 1242 – ante 1249 ca.) le sue poesie religiose, scritte quando era vecchio (vale a dire almeno dopo i sessant’anni, secondo la sua stessa suddivisione cronologica delle età), e se poi il suo secondo libro (il Livre de forme de plait) lo scrisse tra il 1249 e il 1253 (cfr. Edbury 2009, pp. 22-26), possiamo allora supporre che egli avesse compiuto i settant’anni proprio intorno al 1254 circa. Dunque a quell’anno o pochissimo prima potrebbero ì in effetti risalire i .iiij. tenz d’aage d’ome. Questo, unitamente ai dati cronologici ricostruibili per il De eruditione di Vincenzo di Beauvais, consente di formulare l’ipotesi che l’opera di Filippo da Novara sia approdata in Europa all’epoca in cui Luigi IX vi tornò (forse portatavi da lui stesso, o da qualcuno del suo seguito), e che sia potuta servire come fonte, non citata, del dottissimo autore domenicano.
E forse fu proprio grazie a una lettura e ad un interessamento manifestati da Thibaut V di Champagne all’epoca in cui, anche per suo stimolo, fu ripreso il progetto dell’Opus universale del Bellovacense che il trattato di Filippo si diffuse, con una certa fortuna, nella Francia dell’Est e del Nordest. Alla Champagne sembrerebbe rimandare direttamente il ms. di Parigi BNF français 12581 (in cui sono trascritte le poesie del padre dello stesso Thibaut, Thibaut IV detto le Chansonnier, oltre ad un calendario delle fiere di quella regione). Parrebbe rimandarvi anche il ms. parigino BNF français 15210, acquistato da uno dei suoi antichi possessori a Troyes nel 1626 e apparentemente trascritto da un copista orientale, champenois o borgognone settentrionale. Tutti gli altri manoscritti del Nostro d’area francese furono sicuramente prodotti in regioni orientali o settentrionali-orientali. La Lorena pare essere stata una regione che si interessò particolarmente ai .iiij. tenz d’aage d’ome. In particolare, si può dire che un centro di diffusione e lettura dell’opera del Novarese fu la città di Metz: da quella provengono infatti i mss. di Parigi BNF français 17115 (l’unico che contiene per intero l’opera di Filippo insieme col già citato BNF français 12581), di Metz Bibliothèque Municipale Ms. 535 (quasi completo, ma purtroppo distrutto nel 1944), l’estratto copiato nel ms. H 164 della Bibliothèque Interuniversitaire di Montpellier, e gli estratti (descripti) della Burgerbibliothek di Berna, Cod 365 e della Biblioteka Jagiellońska di Cracovia, Berol. Ms. Gall. Fol. 182 (già Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, descriptus di Parigi, BNF français 17115).
Manoscritti
Manoscritti conservati o in qualche modo utilizzabili:
Parigi, BNF français 12581 (siglato A in Fréville 1888 e Melani 2015).
Parigi, BNF français 15210 (siglato B in Freville 1888 e Melani 2015).
Londra, British Library Add MS. 28260 (siglato C in Freville 1888 e Melani 2015).
Parigi, BNF français 24431 (siglato D in Fréville 1888 e Melani 2015).
Parigi, BNF français 17177 (siglato D2 in Melani 2015, sconosciuto a Fréville 1888).
Metz, Bibliothèque Municipale Ms. 535 (siglato E in Fréville 2018 e Melani 2015; distrutto nel 1944).
Montpellier, Bibliothèque Interuniversitaire H 164 (siglato M in Melani 2015, sconosciuto a Fréville 1888).
Milano, Archivio di Stato Miniature e cimeli, b. 1, fasc. 28 (siglato Mi in Tagliani 2013 e in Melani 2015).
Novara, Archivio storico diocesano cod. LXXVIII (siglato N in Ferrari e in Melani 2015, sconosciuto a Fréville 1888).
Parigi, BNF français 17115 (siglato P in Melani 2015, sconosciuto a Fréville 1888).
Manoscritti oggi irrimediabilmente perduti:
Lovanio, Università Cattolica G 53 (distrutto nel 1940; minuziosamente descritto da Alphonse Bayot nella sua edizione del Poéme morale, Bruxelles, Palais des Académies, 1929).
Pavia, [Biblioteca del castello visconteo, Sig. DXX (perduto o distrutto, come tanti altri della biblioteca di Pavia, durante o dopo la razzia fatta dagli agenti di Luigi XII di Francia nel 1499, subito dopo la conquista francese del ducato; registrato in due cataloghi quattrocenteschi, la Consignatio librorum del 1426 e l’Ordeni di libri del 1459)
Manoscritti descripti:
Berna, Burgerbibliothek Cod 365 (descriptus di Parigi, BNF français 17115).
Cracovia, Biblioteka Jagiellońska Berol. Ms. Gall. Fol. 182 (già Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, descriptus di Parigi, BNF français 17115).
Lovanio, Bibliothèque de l’Université G 53
Berna, Burgerbibliothek Cod 365
Cracovia, Biblioteka Jagiellońska Berol. Ms. Gall. Fol. 182
Metz, Bibliothèque Municipale, Ms. 535
Montpellier, Bibliothèque interuniversitaire. Bibliothèque Universitaire Historique de Médecine, H 164
Parigi, Bibliothèque Nationale de France, français 17115
Parigi, Bibliothèque Nationale de France, français 17177
Parigi, Bibliothèque Nationale de France, français 24431
Londra British Library, Add MS 28260
Parigi, Bibliothèque Nationale de France, français 15210
Parigi, Bibliothèque Nationale de France, français 12581
Bibliografia
Archer, Thomas Andrew
1911 voce Vincent of Beauvais dell’Enciclopædia Britannica, Elevent Ed., Cambridge, Cambridge University Press, 1911, t. 28, pp. 90-91.
Edbury, Peter W.
2009 Philip of Novara, Le Livre de Forme de Plait, ed. P. W. Edbury, Nicosia 2009.
Ferrari, Barbara
1992 Un frammento inedito del trattato Les quatre âges de l’homme di Fillippo da Novara, in «Studi mediolatini e volgari», 38 (1992), pp. 9-30.
Fréville, Marcel de
1888 Les quatre âges de l’homme, traité moral de Philippe de Navarre [sic] publié pour la première fois d’après les manuscrits de Paris, de Londres et de Metz par Marcel de, Paris, Firmin Didot pour la Société des anciens textes français, 1888.
Jacob-Pollez, Rebecca J.
2012 The education of noble girls in medieval France: Vincent of Beauvais and “De eruditione filiorum nobilium”, University of Missouri – Columbia, ProQuest Dissertations Publishing, 2012
Langlois, Charles-Victor
1887 Le régne de Philippe le Hardi, Paris, Hachette, 1887.
Melani, Silvio
2015 Filippo da Novara, Des .iiij. tenz d’aage d’ome, un’edizione critica, tesi di Dottorato in Scienze Linguistiche e Letterarie, XXVII ciclo, Università di Udine, a.a 2013-2014 (2015).
Minervini, Laura
2010 Le français dans l’Orient latin (XIIIe – XIVe siècles). Éléments pour la caractérisation d’une scripta du Levant, in «Revue de Linguistique Romane», 74 (2010), pp. 119-198.
Schultze-Busacker, Elisabeth
2009 Philippe de Novare, les Quatre âges de l’homme, in «Romania», 127 (2009), pp. 104-146.
Tagliani, Roberto
2013 Un nuovo frammento dei Quatre âges de l’homme di Philippe de Novare tra le carte dell’Archivio di Stato di Milano, in «Critica del testo» XVI / 2 (2013), pp. 39-77.
Crediti
Scheda a cura di Silvio Melani.
Ultimo aggiornamento: 14 febbraio 2019.