Bovo d'Antona udinese, fine XIV sec., Italia Nord Orientale
Francesca Gambino, Code-mixing nel 'Bovo d’Antona' udinese, con una nuova edizione del frammento Udine, Archivio Capitolare, Fondo Nuovi manoscritti 736.28, “Francigena” 2 (2016), pp. 35-130.
Edizione precedente: Pio Rajna, Frammenti di redazioni italiane del Buovo d’Antona, I. Nuovi frammenti franco-italiani, “Zeitschrift für romanische Philologie”, 11 (1887), 153-184.
Edizione e marcatura digitale a cura di Francesca Gambino
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Note e apparato
a cura di Francesca Gambino (ultimo aggiornamento: 17 novembre 2016)
Apparato
1 Enchià] ormai illeggibile
43 vist] dist
44 ve levé] ueleue leue
49 che la] così suddiviso nel codice
68 Bovo] scritto nella forma abbreviata B., come anche in molti altri punti del testo
69 quatuor] .IIII. con or sovrascritto
84 rayse d’erba] rayse derba rayse
96 per Dié] քք die
125 smeré] ssmeré
126 braç] brac
127 forcadura] frontadura
133 lo] la 154 scodere] con -ere ripassato con inchiostro più scuro
195 Io o fato un corer de done ben .LX.
197 vostre] ure, senza il segno dell’abbreviazione
201 vostre] ure, senza il segno dell’abbreviazione
215 oit] ōit
234 E] il copista volta il foglio e per errore evidenzia all’inizio di c. 5r la letterina di inizio verso come se fosse la capitale di inizio lassa, analogamente a quanto già fatto con l’ultimo verso di c. 4v. La capitale del v. 234 ha le dimensioni di due righe e pare riferirsi anche al v. 235
235 inçenoglé] con inçe ormai illeggibile
240 ve plas] vel plas
267 dama non] evanescente a causa di una macchia di umidità
268 far un corno] il testo è di difficile lettura a causa di una macchia di umidità
279 per tuta] քduta
284 E] non rilevato nel margine sinistro
329 doné] doner 330 briser] brisir, corretto in briser
332 volivi] volĭ 350 dit elo] ditela
335 piè] ferme piè 342 fermé] fermier
358 lo fe] so fe
360 Le lacune sono dovute a una lacerazione della carta
367 de mi] su di un precedente de B. (de Bovo)
374 marchadanti non] marchadanti sula non
377 Drusiana] drū.
387 adobé] adolé
396 Ritornano gli effetti della lacerazione della carta segnalata al v. 360
418 fos fadé] fo sfadé
Note
3 Albrigo: è il fratello di Dodone, inviato come messaggero da Blondoia.
7-8 Il messaggero di Dodone riporta letteralmente le parole del suo signore. Quest’ultimo ha sognato Bovo che, una volta divenuto adulto, si arma e lo uccide per vendicare il tradimento del padre, cfr. BovoLaur 302-304 «che in questa note me insonià | che Bovo podeva arme portar, | sì me partiva lo cor e lo figà»; Buovo 1480, III, 8 «Parea che in man havesse un coltello | e parveli lo suo cor ferire, | e trarlo fuora e darlo ad un uccello».
12 La madre di Bovo rifiuta di inviare il figlio a Dodone, perché preferisce ucciderlo lei stessa, con amaro paradosso «Per amor de son pier».
20 transiier: Rajna 1887 legge transuer, ma le astine della presunta -u- sono diverse da quelle che formano la -u- di atuer 13 poco sopra e mi sembrano più simili a due i. In questo contesto, inoltre, una -u- è difficile da spiegare, mentre nella mia lettura la prima -i- è quella della radice del verbo (< TRANSITARE), la seconda forma il solito dittongo franco-italiano ipercaratterizzante -ier (cfr. § 4.2.1).
36 raxon: ‘beni, eredità’, cfr. anche il v. 52.
44-53 Le parole della donzella sono quasi identiche nel BovoLaur 314-22.
50 arecorder: rispetto alla possibile alternativa se avea a recorder, ho preferito optare per la forma prefissata, qui attestata anche in arecordé 34r.
97 ano: per la forma, cfr. 4.5.2 di Gambino 2016.
127 forcadura: nel ms. frontadura, inteso forse come front à dura. Cfr. FEW III, 819a frons2; TL III, 2304 44, GDC front; DMF front; TLF front; TLIO fronte; GDLI VI, 383b fronte; Holtus 1979: 331. L’aggettivo dura e la sintassi, con tre attributi che si susseguono asindeticamente («dura, grande, ben staria in destrier») risultano però nel complesso anomali e inducono a preferire la congettura di Rajna 1887 basata sul sostantivo inforcadura del Bovo laurenziano 396, non troppo onerosa da un punto di vista paleografico (metatesi di -r-,presenza di un titulus indebito per la nasale, banale scambio tra lettere simili, c/t).
Qualche dubbio tuttavia rimane. Come l’inguine, anche la fronte ampia è segno di bellezza, motivo topico ricorrente nella descrizione del cavaliere. Nella forma fisica si rispecchiano aspetti caratteriali anche in un trattato di fisionomia in antico francese, dove si apprende tra «Li ensaignemens dou front» che «Qui a le front large et estendu, si est conbateur et amme meslées», poi tradotto nel Trecento in toscano «Chi ha la fronte larga e distesa, si è combattitore ed ama mischia» (Fisiognomia, cap. VI, p. 30). L’aggettivo abbinato a front in tali contesti è di solito plenier, che spesso però compare in dittologia sinonimica con grant (cfr. TL III, 2304 44 frons; TL VII 1137, 4 plenier «breit, weit, groβ, gewaltig, mächtig»: «Troïlus … Chiere ot rïant, fece vermeille, Cler vis apert, le front plenier» Troie 5395, ecc.). L’autore della variante ha dunque pensato che front à dura, grande potesse essere un’espressione congrua, interpretando probabilmente il seguito «ben staria in destrier» come ‘(una fronte tanto ampia) come quella che potrebbe avere un destriero’. Un’altra ipotesi sulla stessa linea interpretativa potrebbe essere quella di scorgere nella lezione manoscritta un sostantivo frontadura ‘fronte’, termine non altrimenti attestato, ma per analoghi suffissi cfr. frontaus ‘fronte’ in Niccolò da Verona, Prise Pampelune, 2143r; fronteira ‘fronte’ LR III, 401 n° 2; frontada DCVB VI, 65a 1 «Front ample», e la serie produttiva in italiano acconciatura, statura, portadura, ecc.
129 marchadanty: è stato notato che nella tradizione peninsulare del Buovo i mercanti hanno una importante funzione narrativa, ignota ai paralleli francesi, e sono spesso caratterizzati da tratti positivi, il che sarebbe un riflesso della realtà italiana (Delcorno 1989: 298). Due volte Buovo si salva grazie a loro, quando fugge bambino da Antona e quando fugge dalla prigione del Soldano, e sono sempre loro a raccogliere Drusiana in fuga con i figlioletti nei Reali.
133 lo vy: accolgo la correzione di Rajna 1887. Nel manoscritto si legge la vy, che potrebbe essere interpretato come l’avy ‘l’ebbi’, ma nessuno finora ha avuto Bovo. Nel Bovo laurenziano 400 si legge inoltre «in prima lo guardà’».
240 ve plas: vel del manoscritto sarà un improprio anticipo della seconda occorrenza del sintagma situata nello stesso verso (vel dirò).
261 [prender]: un’alternativa possibile avrebbe potuto essere tor, che però non compare nel Bovo udinese, mentre prender figura al v. 358. Nella Geste francor è possibile rinvenire alcune occorrenze dei sintagmi prender por muler, prender a muler, prender muler, tor per muler. Nel Bovo udinese compare anche il sinonimo pier ‘pigliare’, che tuttavia nel RIALFrI non rinvengo costruito in sintagmi analoghi.
262 dè çostrâ: la forma prefissate deçostra non mi risulta attestata altrove e preferisco dunque valorizzare l’ipotesi formulata da Rajna 1887: 176 in nota, ‘devono giostrare’, con III pers. sing. dè ‘deve’ per III pers. pl. In alternativa si potrebbe pensare a un de aggiunto indebitamente dal copista per sovrapposizione della costruzione *per amor de lei all’attestata per so amor.
269 [des]armer: la possibile integrazione è indicata da Rajna 1887 nella nota al verso e si impone per il senso della frase. Cfr. infatti il Buovo 1480, IV 34-35: «e quando a lei la festa rencresesse, | che non volesse che più se facesse, | ch’abia ardimento che un corno sonasse. | Audito el son ciascun barone | subitamente indietro tornasse | e dismontasse ciascadun de l’arzone | poi al palazo ciascadun balasse».
281 stanga: ‘pertica’; cfr. anche ivi 306; cfr. inoltre Gestfranc, Chevalerie Bovo stange 4477, Gestfranc, Orlandino stanga 11192.
298 Prima di questo verso doveva essercene un altro, cfr. BovLaur 492-496 «E Marcabrun la soa çente clamà | e a .c. chavalieri elo sì comandà; | a un streto conseio eli sta: | “Or fé tanto che quelo ch’abatudo m’à | o morto o inavrado del destrer lo roversà”».
307 stabel: la stalla nella tradizione italiana del Buovo d’Antona e, in particolare, nella seconda redazione del romanzo, è un luogo deputato ad alcuni snodi importanti dell’azione, spesso in contrapposizione alle sale e ai giardini come luogo dell’investitura cavalleresca, della rivelazione e dell’effusione amorosa, cfr. Delcorno 2008: 23-24.
316 [Son viso est]: Rajna integra qui [Li fant est] sulla base del verso precedente «Li fant vien plu belo de rosa de pré» 124 (BovLaur «Lo fant è plù belo de roxa de prà» 393), ma il verso corrispondente a questo passo del BovLaur 512 «lo color de so vixo plù belo de flor de prà» suggerisce un’integrazione diversa.
329 averì … doné: il copista ha aggiunto una -r di troppo condizionato dalle altre parole rima; per formare il futuro anteriore è infatti necessario il participio passato.
332 volivi: la resa della lezione manoscritta volĭ non è scontata, ma cfr. BovLaur «dirò a mio pare che me volivi sforçar».
335 pié: nel ms. si legge ferme pie, con fermé da cassare, cfr. fermé al v. 343.
Modifiche all’edizione del Bovo d’Antona udinese di Pio Rajna, Frammenti di redazioni italiane del Buovo d’Antona, I. Nuovi frammenti franco-italiani, “Zeitschrift für romanische Philologie”, 11 (1887), 153-184.
a cura di Francesca Gambino (ultimo aggiornamento: 16 novembre 2016)
Tra parentesi quadre sono indicate le integrazioni; tra parentesi tonde lo scioglimento di alcune abbreviazioni (che Rajna segna invece in corsivo).
verso ed. Rajna 1887] modifica
1
Enchia] Enchià
2
La chel] Là ch’el
7
“Che in questa] - Che in questa
8
li bier”] li bier -,
9
fiçé.] fiçé.»
10
comença] començà
14
torna] tornà
17
di] dì
18
comença] començà
19
fa] fa’
20
fa, transuer] fa’, transiier.
22
costé] costé,
24
po] pò
28, 54
altro tiel]altrotiel
32
osa] osà
33
de la] dela
35
cresuto] cresù
39
altre tiel] altretiel
40
dre] drè
41
B. (ecc.)] Bovo (ecc.)
43
comença] començà
49
che la, pier,] ch’ela, pier
54
altro tiel] altrotiel
55
po, varder] pò, vardere
56
de la] dela
57
inpensier.] inpensier:
58
cors e re] cor serè
59
pot] pò
60
Dio] Dio,
61
ber.] ber:
63
davanti] davanty
66
fe] fé
69
de lo, .iiii.or] delo, quatuor
70
a dié li] à diéli
78
maistra] mastra
82
Se l’è] S’el è
83
troval] trov’al
86
che l’è] ch’el è
89
in drié] indriè
90
dame] dàme
92
po] pò
93
de li] deli
95
si] sì
97
ani] ano
99
non] no
100
enfant] efant
102
se l’è] s’el è
107
de la] dela
108
se-vu] sé vu
109
Se-vu] sé vu
110
crestiens] (cris)tia(n)s
111
fu] fu’
115
bevì] bevi
116
Feme, poco] Féme, poço
120
mer] mar
121
.xxx.] .xx[x].
122
De] [D]e
123
a (ecc.)] à (ecc.)
124
pre (ecc.)] pré (ecc.)
125
abondi] à b[l]ondi
139
del’altro] de l’altro
140
fè] fé
144
parlier.] parlier,
146
La proda] [A] la proda
150
varda] vardà
154
fus-tù, scoder] fus tu, scodere
156
Li marinar, armiçé,] E li marinar, armiçé.
157
indré.] indrè;
160
varda] vardà
163
fè] fé
165
respose] re[s]pose
166
trovàsemo, mar] trovasemo, mer
168
fè, ecc.] fé, ecc.
175
si] sì
180
si] sì
183
si] sì
184
fo] [fo]
185
che Arminia] ch’Arminia
190
lie] lié
191
driça] drica
199
de li] deli
200
Dechia] Dechià
204
si] si’
206
De cuardar, po] De vardar, pò
209
atrencer] a trencer
212
pleyé] plegé
214
canter] cantere
218
çentil] centil
219
po] pò si
221
conçé] concé
228
asiso] [s’est] asiso
229
che lo] ch’elo
240
chel] ch’el
261
per Drusiana] per [prender] Drusiana
262
deçostra] dè çostrâ
263
Roy] li roy
265
diè (ecc.)] die’ (ecc.)
267
jentil] ientil
269
armer] [des]armer
270
plaça] placa
271
de li] deli
277
gre (ecc.)] gré (ecc.)
280
lança] lanca
283
E] [E]
284
de li] deli
286
ço, pre] [ç]ó, pré
288
po] pò
292
destrier] destri[e]r
293
entorno li] entorno lì
296
adober] adobar
298
E al ferir] «[...] E al ferir
302
inpèrer] inperer
304
fiâ] fià
307
Inchia] Inchià
315
çitá] gità
316
[Li fant est], pre] [Son viso est], pré
317
[Dist Drus]iana: «Quela çirlanda] [Dist Drusiana: «Quela çirl]anda
322
vo] vo’
324
amor [eo] la] amor la
329
averè, doner] averì, doné
338
altra mentre, vo] altramentre, vo’
340
po] pò
343
fermier] fermé
348
Pescier] [P]eschier
354
Drusiana] Drusiana,
356
çentil, stâ] centil, stà
358
plevir] prender
359
Dechia] Dechià
361
po] pò
363
legé] leçé
365
çiter] citer
366
noçe] noce
367
po] pò
369
Eli, gres] E li, grés
372
çenté] centé
377
Dru.] Dru(siana)
390
at pre] al pré
391
E-l] El
393
sot] soto
395
intendés] intend[és]
396
vos-tu] vos tu
397
mié] mie’
398
fè] fé
400
comença] començà
402
l’anima] [l’]anima
403
pola] pòla
406
vedésevu] vedese vu
407
cognosévu] cognosé vu
409
apiçe] apicé
410
o el vedésevu] o’l vedés [v]u
411
fè] fé
412
stésemo] stesemo
413-14
pasé.” | Del] pasé.» | [...] | Del
415
Che’l] Ch’el
417
debrisé] [d]ebrisé
418
de li] deli
419
che af el] che à fé ’l
420
fè] fé
422
aporté] ò porté
423
Clarença] Clarenca
430
Lucafer] Lucafer,
433
cavalier:] cavalier.
434
chel] ch’el
443
sabe] sa be
446
mi, .... la verité] mi suso la verité
I
[...]
Enchià in Antona non oit aresté;
Là ch'el vit Blondoia in cela parte est alé.
«Dama», dit don Albrigo li fier,
«Da parte de Dodon sì t'ò a salutier.
5
E dise che tu li mandi Bovo, toa rité:
Alcider lo vol, a morte delivrer,
- Che in questa note m'avi aviser
Che conbatant era fato Bovo li bier - ,
E sì li partia li cors e li fiçé.»
10
E la meltris dama començà a parler:
«Don Albrigo, or ve tornè arier,
E diré a mo sire ch'io non lo vo' mander.
Per amor de son pier lo voio atuer.»
E don Albrigo sì sen tornà arer.
15
E la meltris dama sì fe Bovo pier;
In una çanbra sì lo foit mener;
Ben .v. dì non li fe dar boire ni mançer.
E Bovo començà a crider:
«Ai, mia mier, tu fa' torto e peçié,
20
Che a cotal morte tu me fa' transiier.
Ai laso mi!», dit Bovo li ber,
«Se mon piere me fos a le costé,
Non lo poria durer per tuto l'or de Dié.»
La dama l'olde, sì non pò plu durer.
25
Una fant sì prist a clamer:
«Fant», dist la dama, «a[n]dé da Bovo mia rité;
E una tovaia blancha li averì porter,
E un pan blancho altrotiel;
E del plu malvasio tosego che se posa trover
30
Tuto lo pan avrì intenperer.
Per amor de sun pier li voio atoseger.»
E l'infant non osà altro fier.
«E diséli che dela morte de son pier son fort desconsolé,
Che io de luy non m'ò arecordé.
35
Quando le serà cresù e fato civaler,
Le raxon de son pier averò a doner.
E da mia parte l'averì a saluder.»
L'infant sì oit la tovaia pié,
E un pan blancho altretiel;
40
E[n] un malvasio tosego l'oit tenperé;
E vient ala canbra lò est Bovo li ber;
E do livrer li vin drè, ch'è da fame raçé.
E la fant vist Bovo, e començà a parler:
«Sire Bovo, or ve levé in piè.
45
Asay ve porto boire e che mançier.
Da parte de toa mier sì te ò saluder;
E dis che de ren non ve debié doter.
Asay debié boire e mançer:
Che la sta sì grama dela morte de vostro pier
50
Che de vu no se avea arecorder.
Quando vu serì cresù e fato civaler,
La raxon de vostro pier el v'averà doner.»
E Bovo l'intende, sì è drito in piè,
E prese le pan e la tovaia altrotiel.
55
E la fant non pò dal dol vardere.
Ese dela çanbra, vient a le solier,
E 'nfra si fist un bel inpensier.
«Lasa», dit ela, «tristo mon cor serè,
Che per moy pò un bel fant scanpier.
60
No m'aỳ Dio, s'io lo laso atuer.»
E vient a la çanbra da Bovo li ber:
«Bovo», dit la fante, «gardé che mançé!
Malvasia vianda t'ò davanty porté.»
E Bovo li responde indrè:
65
«Dama», dit el, «de vianda me doné.»
Et ela dist: «Or fé a vostra volonté.»
Ela es dela çanbra, sor li palax la vien.
E Bovo pia un cortel che trença voluntier,
E delo pan oit fato quatuor quartier;
70
A lo livrer maçor à diéli un quartier;
Avanti che lo levrier li conplis de mançer,
Li oglis dela testa li son por tera alés.
E Bovo li vite, sì è tuto sacié,
Che de mançar non oit plu volonté.
75
E de for dela canbra Bovo sì sen vien,
E vient a le plaçe li nobel bacalier,
E non trova chi li fese destorbier.
Per la mastra porta vient Bovo li ber;
Inver San Simon oit li camin pié:
80
Avanty che sia sera avrà le camin falé.
En le gran bosco Bovo est intré.
S'el è sì ver co dise li cantier,
Tre dì va Bovo, non trov'al da mançier
Se no rayse d'erba, del'aqua del fosé.
85
Tanto vient Bovo li ber,
Ch'el è açonto sor li rivaço del mier.
«Ay Dio!», dist Bovo li ber,
«Alto è lo mier, non lo poso paser,
Ne indriè non saveria torner.
90
Ai Dio, dàme iutorio de mia vita scanper!»
E per la mier Bovo prist a garder,
E vit una nave che non pò avanti alier.
E un deli marinar sì prist a garder,
E vit Bovo su le rivaço del mier.
95
Encontra li altri sì l'oit mostré:
«Signor», dit el, «or me intendì per Dié.
El à ben .xxx. ano ch'io uso per sto mier:
Su questo rivaço non vity may hom né,
Se no bestie salvaçe e lion abrevé:
100
Mo ne veço un efant de piteto aiter.
Entremo in le batel, sì l'anderemo a garder;
E s'el è cristian sì l'averemo mener,
E s'elo serà sarasin sì lo lasaremo ster.»
E li merchadanti in lo batel est intré,
105
E sunt vegnù sor li rivaço del mer.
Là che li vite Bovo, in cela parte sen vien.
«Fant», dist li merçadanti dela nieve,
«Donde sé vu? Vardé non mel celé.
Sé vu cristian o pagan d'oltra mier?»
110
E Bovo li responde: «Io sun ben cristians;
E sì fu' fio d'un pestriner;
E mia mier sì va drapi a laver
A rice dame por diner gadagner.
L'altro çorno me chorociè cun lié.
115
Ben è oto çorni ch'io non bevi ni mançiè.
Féme dar un poco de pan, per l'amor de Dié!»
A li merchadanty prese gran pieté:
Entro la nave oit Bovo porté,
E sì li donà boire e mançer.
120
Cola le vele e va per l'alto mar.
En .xx[x]. çorni oit pasé la mier.
[D]e Bovo sì ve voio conter.
Asai à da boire e da mançer.
Li fant vien plu belo de rosa de pré,
125
Li cavés à b[l]ondi quant oro smeré,
Li braç grosser e li pugno inquaré,
La forcadura grande, ben staria in destrier:
Le plu bel fant che may nasé da mier.
L'un deli marchadanty sì prist a parlier.
130
L'un dit: «Fant, io voio che tu servi a mio mançier.»
L'altro dist: «Per mia foi, averà mi onorer!»
Li terço començò a parler:
«Lo servirà pur moy, ch'io lo vy inprimer.»
Li mercadant sì se prist a regleter:
135
Li s'à traty li brandi, sì se volea atuer.
Li ber Bovo sì prist a parlier.
Li dite: «Signor, or me intendì, per Dié!
L'un servirò ala cena, l'altro a le disner;
L'un non serà meio de l'altro valisant .j. diner».
140
Li marchadanti dist: «Per mia fé, l'infant à ben parlé!»
Li .xxx. çorni oit li mier pasé;
La neve sun al porto d'Arminia arivé.
Li roy va per soa tera pur luy stramaçer.
Li marinier comença a parlier.
145
Li dit: «Signor, vedì li roy de sta cité».
[A] la proda dela nieve Bovo sì est alé.
Li roy Arminiun oit la nave gardé.
E a li so baroni sì l'oit mostré.
«Signor», dit el, «vedés un bel infanté.»
150
E davanti la nive le rois est aresté,
E varda e vit Bovo li ber,
Tanto belo e acismé.
«Sancta Maria mier», dit el,
«Mo fus tu mio scodere!»
155
E pasa oltra, e va per la cité.
E li marinar oit la neve armiçé,
E li rois dela tera est tornà indrè;
Ancora sta Bovo a la proda apuçé.
E li rois dela tera ala nave sen vien,
160
E vardà e vite Bovo li ber.
E li mercadanti sì vient a li res
E dis: «Che ve plas comander?»
«Per mia fé», ço dis li rois, «per mi le saverés.
Chi è quel fant? È de vostro barné?»
165
«Nanil», li mercadanti li re[s]pose arer,
«L'infante trovasemo sor li rivaço del mer.
Delo fante vosemo gadagner.»
«Per mia fé», dist li roy, «elo me plase asé.
De l'infant v'avrò ben pager.»
170
E .xxx. marche d'oro li fis doner.
E li ber Bovo fo in tera porté.
E li rois Arminiun fist davanti ses portier.
«Fant», dit el, «che fo to pier e toa miere?»
«Miser», dite Bovo, «io fu fio d'un pestriner,
175
E mia mier sì va drap a lavier
A rice dame por diner guadagner.»
«Fant», dist li roy, «tu me costi masa cer.
Or vay, e si' bon scuder.»
El fo plu belo de rosa de pré.
180
S'el è sì ver com dise li cantier,
Ben quatro ani conplì e pasé
Stete Bovo in Arminia la cité;
Done e chavalier sì n'oit che parler;
La novela [fo] çonta a Drusiana al viso clier,
185
La fia de li roy ch'Arminia mantien:
S'ela non lo ve, la cre da dol raier.
E la çentil dama à fato un corer;
De done ben .lx. su le palasio vient.
E Drusiana vient su per la sala a piè;
190
Per lié se driça pedon e chavalier;
En piè se driça medesimo son pier.
«Fia», dit el, «che ve plas comander?
De vegnir in mia sala vostra usança non è.»
«Piere», dit Drusiana, «ça per mi lo saverés.
195
De done ben .lx. io ò fato un corer.
Le bele done vol li beli enfant.»
«Fia», dit li rois, «prendì a vostre talant.»
E la dama vien a Bovo e sì pri apeler:
«Fant», dit ela, «tolés deli altri doncel;
200
Dechia .xx. avrì con vos mener.»
E Bovo responde: «A vostre volunté.»
E Bovo li dona l'aqua, el'est asisi a le mançer.
E Drusiana lo garda, lo li plas asé.
«Fant», dist la dama, «vu si' sì belo e sì clier!»
205
La çentil dama non poite mançer;
De vardar Bovo non se pò sacier.
Entro ses man oit un pan pié,
E un corteus que trence voluntier.
Per grande ira la lo vait a trencer,
210
E che de mans est li cortes alé;
Soto la tabla est li cortelo alés.
E li ber Bovo si est in tera tuto plegé
Soto la tabla per li cortes pier.
S'el è sì ver com dise li cantere,
215
La çentil dama sì l'oit baxé.
Et anbi si est redrecé.
Bovo vient vermeio com rosa de pré.
La çentil dama lo prist a garder;
Tanto li plase, non se pò sacier.
220
E la dama si è redrita in piès:
A tute le dame fist donar conçé;
E çascuna va a son ostier:
Che Drusiana fo per tenpo levé
Per ordenar le viande cun lo mastro cusiner,
225
E per ço vol alier ala çanbra ponsier.
E tute done va per son ostier;
E la çentil dama ala canbra sen vien;
E li ber Bovo [s'est] asiso a le mançer.
Avanti ch'elo sia da la tabla levé
230
E la çentil Drusiana à per lu mandé;
E Bovo sì li voit a parlier,
Per ço che la dama l'oit comandé.
E li ber Bovo ala çanbra sen vien
E lì trova Drusiana a un bancho senté;
235
E Bovo davant est inçenoglé.
«Fant», dist la dama, «chi fo ton pier e toa mier?»
E Bovo si è redrito in piè.
«Dama», dit Bovo, «vu dì torto e peçié
Quando de vostry homes vu demandé de pier.
240
Da ch'el ve plas, io vel dirò asés.
Mon pier fu un çaitivo pestriner,
E mia mier drapi avea laver
A riçe dame pur diner gadagner.»
«Fiç a putan», dit ela, «vu non dì verité,
245
Che non te loda lo servir ni l'afer.»
«Dama», dit Bovo, «donéme li conçé,
Ch'io voio alier servir d'erba li destrer.»
E Bovo pia uno salto, e de sovra sen vien.
Permé la plaça Bovo incontra .j. scuder,
250
Che avea fato erba a li destrier.
Bovo vient a l'elba, la comença a falder;
E un gran faldo Bovo mist su li destrier,
E una çirlanda se mite sul cef.
E Bovo sì montà su li corant destrer;
255
E vien ala plaça li bon Bovo li ber.
E sì como l'est ala plaça arivé,
En la plaça vit una quintana afermé;
E vit Marchabrun, che Polonia mantien,
E apreso luy .xx. .M. civaler
260
A blanci usbergi e a corant destrer,
Ch'è vegnù per [prender] Drusiana per muier.
Per so amor dè çostrâ ben .xx. .M. civaler;
Medesimo Roy sì vorà çostrer.
E la çostra è fata per ordenamento tiel,
265
Che Drusiana ali balcon die' ster
A veder la çostra deli baron civaler.
E quand la ientil dama non vorà plu garder,
Ela sì die' far un corno soner:
E li baron se die' tuti quanti [des]armer.
270
E Bovo d'Antona ala plaça sen vien,
E vit la iostra deli baron civaler;
E de quela çostra l'oit gran volonté.
E por la plaçe vit Bovo un scuder,
E ot una tarçe tot indoré.
275
E Bovo dist: «Frer, quela tarça me doné.»
E del bigordo ot gran volontés.
E quelo li la donà per far luy a gré;
E Bovo lal prende e çeta l'erba al pré.
E per tuta la çostra Bovo sen vien,
280
E una lança non poit trover;
E davant a una porta vit una stanga afermé;
E Bovo la prende, che n'à gran volonté.
[E] permé la çosta Bovo sen vien,
E deli chavalier de Marchabrun un n'oit incontré;
285
E permé li scu Bovo lo vait a incontrer,
E atant co la pertega è longa [ç]ó l'abat a li pré.
E Drusiana lo vit, lo li plas asé;
E de vardarlo non se pò sacier.
En la maçor presa Bovo li ber
290
El sì oit incontrà Marchabrun l'amiré.
E Bovo non li conust, sì le vait a incontrer,
E sì l'oit abatù del corant destri[e]r.
Entorno lì fu plu de mil civalier,
E sì lo mis su li corant destrer.
295
E Marchabrun sì fe soa çant clamer,
E fe adobar ben .c. cival(er).
E un conseio oit fato clamer:
«[...] E al ferir dele lançe sì l'avrì atuer.
E çascun me le faça trabuçer del destier;
300
O morto o vivo me le façe alier.»
E la bela Drusiana ali balcon est apuçé,
E vit li conseio de Marchabrun l'inperer;
Amantinente fi le corno soner.
In quela fià si parte l'inperer e Bovo li ber,
305
E vait a li scuder, la tarça li oit doné,
E mist la stanga a li porter.
Inchià a le stabel Bovo sen vien
Chon una çirlanda in cef.
«Laso», dist Marchabrun l'inperier,
310
«Cho se die' sta dama de mi innamorer,
Che a le tornier m'abaté un scuder?
A cest mon plu viver non chier.»
E la çentil dama ala stala sen vien,
E Bovo sì sta cun una çirlanda in cef
315
E si è gità a le pouser.
[Son viso est] plu bel de rosa de pré.
[Dist Drusiana: «Quela çirl]anda me doné,
[C]he per vostro [amo]r la voio porter.»
E Bovo l'intende, sì comença a parlier:
320
«Dama», dit el, «vu dì torto e vilté,
Quando una tal çirlanda volì porter.
No m'aỳ Dio, non ve la vo' doner.»
«Bovo», dist la dama, «quela çirlanda me doné,
Che per vostro amor la voio porter.»
325
E Bovo non li responde ninte arier.
E la çentil dama comença a parlier:
«El par ben che fosi fio de pestriner,
Che d'amor de dama non te cal .j. diner!
Se vu no m'averì quela çirlanda doné,
330
Ça me vedrì mon drapi briser,
E li mon cavel tirar e straçer:
Dirò a mon pier che me volivi sforcer:
El ve farà, gloton, com laro apiçer.»
Quando Bovo l'intende, sì à paura mortel;
335
De sor son cif oit soa çirlanda pié;
Davant li piè dela dama Bovo l'oit çité;
«Dama», dit el, «or la prendés,
Che altramentre non ve la vo' doner.»
E la çentil dama prist Bovo a garder;
340
Tanto li plas, non se pò sacier;
De luy basar li vien gran volonté.
«Fiç a putan, Dio te dun ingonbrer!
Se tu quela çirlanda no m'as in cef fermé,
Ça vedrì mon drapi briser.»
345
E Bovo l'intende, non alsa altro fier:
Con intranbe le man oit la çirlanda pié,
E davanti la dama est inçenoglé
[...].
II
[...]
«[P]escier de bon aira», dit Bovo li ber,
«Che tera è questa? Chy mantien la contré?»
350
«Miser», dit elo, «io vel dirò asé.
El oit nome Monbrando; li roy Marchabrun la mantien.
Anchoy è gran çoia in la mastra contré,
Che li rois Marchabrun sì menà muier
Drusiana, la bela d'Arminia la cité,
355
La fia de li roy ch'Arminia manten.
E sta çentil dama è stà un ano in sta cité:
E quando li rois Marchabrun la oit mené,
Ela lo fe prender e çurer
Dechià un ano conplì e pasé
360
[Che e]lo non l'averia a toçer,
[Per amor de Bovo] che la pò tanto amer.
.................................so cité
..................................leçé.»
«Pescier de bona aira», dist Bovo li ber,
365
«Sula tera sì m'averì çiter;
A quele noçe sì avrò guadagner;
Mior çupler de mi non se pò trover.»
«Marchadant», dist Bovo, «pagé li pescier.»
E li responde: «Voluntier e de grés.
370
Che ve plas che nu li demo, miser?»
E Bovo li responde: «.xxx. marche d'or clier.»
E Bovo se veste d'arminiun e de çenté;
Entra in le batelo, sula tera sen vien;
E li marchadanti non fo may sì alegré.
375
E Bovo sì ot la man a un borson chaçé,
E sì trovà .v. besanti d'oro clier,
Li qual Drusiana sì li oit doné
Al primo tenpo, quando era scuder.
«Pescier», dist Bovo, «tolì sti diner.»
380
E quelo li tole volontier e de gré.
«Pescier», dist Bovo, «si' vu ben pagé?»
Dist li pescier: «Sì, son ben, miser,
Che a tenpo de mia vita non anderò pescier.»
E li ber Bovo por le lido sen vien.
385
Infra si comença a parlier:
«Laso», dit el, «como la deço fier?
Io son ben vestì e tant ben adobé;
E s'io intro Monbrando, in sta fort cité,
E li rois Marchabrun m'avist incontrier,
390
El me cognoseria, ch'io l'abatì al pré,
El me farave como un laro apiçer.»
E Bovo davant sì s'oit garder,
E soto un pin vit çasir un palmier.
E Bovo in quela part sen vien.
395
«Palmier de bona aira, or me intend[és].
Me vos tu doner li to drap..............?
E prendi li mie' che s..................
"[Per] mia fé, d........................»
[...]
III
400
[...]
E su li bordon Bovo est apuçé;
400
Avrì la bocha, se començà a parlier:
«Fatime ben, pur per l'amor de Dié,
E per [l']anima de Bovo, che fo bon civaler!»
Drusiana l'alde, non pòla plu mançier,
E vien a li palmier, non se volse tardier.
405
«Palmier», dit ela, «or me intendì, bel frer:
Vedese vu may Bovo in alguna contré?
E como li cognosé vu, che per lu domandé carité?
Vuy non savé lo bando ch'è in sta cité:
Chi mençona Bovo die' eser apiçé.
410
Palmier», dist la dama, «o'l vedés [v]u, bel frer?»
«Per mia fé», dist Bovo, «io vel dirò asé.
In prison del soldan stesemo incarçeré
Un ano e tre mensi conplì e pasé.»
[...]
Del bon cival ve voio contier,
415
Ch'el sente l'usta de son sier.
Tal è la brua che mena li destrer,
Che .vij. chadene l'oit tote [d]ebrisé.
El fo deli .iiij. l'un che da Dio fos fadé.
«Sancta Maria», ço dist Bovo, «che à fé'l destrier?»
420
«Per mia fé, dist la dama, io vel dirò asé.
Quel è li bon cival che à Bovo doné;
E tuti le so arme con moi ò porté,
Ceto Clarença, li bon brando d'acel.
Ça fo tenpo che Bovo fo mio scuder,
425
Che mon pier li comprà por diner,
Ch'elo disea che l'iera fio d'un pestriner.
Bovo fo fio d'un dux honoré,
Ço fo Guidon che Antona mantien.
E poi fo tenpo che pain pasà la mier,
430
Li soldan de Sandonia, Lucafer soa rité,
A .c.m. de pain d'oltra mier;
E prist mon pier e Marchabrun l'amiré.
E io, topina, sì le fi cavalier.
Alora sap'io ch'el fo fio de Guidon li fier.
435
Elo alcis Lucafer l'amiré,
E an plu de .m. di oltri civaler,
E prest lo pré sì l'ave afrancier.
E in quela note el sì avea alier;
E io, topina, non so là che aves aler!
440
Da quel çorno in avanti nol viti unchamé.
El vene Marchabrun, domandàme a mon pier,
E mon pier sì mel donò a muier:
Dio sa be chel non fo mia volontié!
Da quel'ora in avan no satio de plurer
445
Per amor de quel Bovo ch'io poso tant amier.
Elo amava ben mi suso la verité
...........................................»
[...]