RIALFrI

Santa Caterina, fine XIII-inizio XIV sec., Nord-Est

Giacomo Zanin, L’anonima vita di Santa Caterina di Alessandria contenuta nel manoscritto Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, 3645, Tesi del Corso di Laurea Magistrale in Filologia Moderna Classe LM-14, relatrice Francesca Gambino, Padova, Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari, 2025.

Marcatura digitale e messa in rete a cura di Luigi Tessarolo

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  TESTO NOTE AL TESTO  

 

Note al testo

Vv. 1-38: L’autore esplicita le ragioni, il contenuto e le modalità di composizione dell’opera.
5 poit: Forma di perfetto alla 3a pers. sing. probabilmente analogica sulla 1a pers. sing. poi, cfr. anche il v. 1261.
6 Un jorn inter: assenza del morfema -s della declinazione.
13 exemple: ‘Petit récit, anecdote pour illustrer une situation’, cfr. DMF exemple D.1.
20 Si tratta molto probabilmente della chiesa di San Silvestro in Capite, gestita dall’ordine benedettino a partire dal XII secolo insieme al monastero annesso.
21 passional: Il passionalis o passionarius liber indica un libro di un uso liturgico contenente le storie e la passione dei santi martiri. Cfr. GDLI XII, p. 767a, c.
24 el: Come già notato da Breuer (1919, p. 277) el si può considerare come pronome neutro singolare essendo presente in testi veneti coevi (vd. Lingua), compresa la versione veronese della vita della santa. In tal caso esso si riferisce a «La passion tota e la vite» del v. 22. Per il senso del verbo retraire, infatti, sarebbe assai meno plausibile considerare el come pronome femminile riferito a sainte.
32 greverent: L’uso della forma alla 3a pers. plur. per la 3a pers. sing. è attribuibile agli usi linguistici veneti.
32 L’aggettivo bien del v. 30 sta evidentemente ad indicare che il testo contenuto nel passionale preso dall’autore come modello espone il racconto in modo compiuto, tuttavia ciò comporta anche la difficoltà nel riportarne interamente il testo perché troppo esteso.
36 plaise: plaist, con desinenza -e di 3a pers. sing. spiegabile per l’influenza dei volgari italiani. L’autore in questi primi versi esplicita le modalità di composizione della sua opera. Dichiara innanzitutto di riportare un testo sulla vita e sulla passione di Santa Caterina contenuto in un passionale (v. 21). Rende esplicita la volontà di rimanere fedele al modello (vv. 28-29), precisando però che il suo racconto sarà abbreviato e si concentrerà principalmente sulla vita della santa più che sulla sua passione (vv. 33-34). Tale operazione viene motivata per due ragioni: la fonte sarebbe troppo prolissa e risulterebbe oneroso riportarla nella sua interezza (vv. 30-32), in secondo luogo un racconto più breve risulterebbe più piacevole al pubblico (vv. 35-36).
38 Difficile quantificare con esattezza la porzione di testo compresa in tale lacuna, in ogni caso il testo tràdito riprende trattando di fatti prodromici alla vicenda vera e propria ed è probabile che la perdita sia alquanto ridotta.
Vv. 39-68: Il racconto prende inizio con i cristiani martirizzati con varie forme di tortura dall’imperatore.
40 ge: Si tratta probabilmente della forma veneta gi dell’articolo determinativo maschile plurale, seppure vada notato che esso ricorrerebbe solamente davanti a parola iniziante per vocale (vd. Bertoletti 2005, p. 214; Tomasin 2004, p. 69).
43 fin taint qe: L’uso di fin < fīnĭs come congiunzione temporale è assente in francese, a differenza dei volgari italiani.
49 occïent hun: hun corrisponde al soggetto indefinito on con chiusura di o in u, mentre la forma verbale potrebbe aver risentito degli usi linguistici dell’area veneta presentando una desinenza di 3a pers. plur. pur avendo un soggetto singolare, con un mutamento che avrebbe determinato anche un passaggio dall’imperfetto al presente indicativo.
50 entorment: Esempi del sostantivo torment con aggiunta del prefisso en- sono pressoché assenti in ambito francese, mentre nel Corpus TLIO si possono rinvenire in due testi toscani solamente quattro occorrenze dei lemmi intormentare/intormentire: si tratta del Laudario di Santa Maria della Scala databile alla fine del ’200 o al primo quarto del ’300 e della Leggenda di S. Jacopo contenuta nel ms. Magl. II.iv.56 datato 1373. A fronte della scarsezza di raffronti puntuali per tale forma va comunque notato come l’inedita aggiunta di un prefisso rientri negli usi in cui la flessibilità della lingua è maggiore, tanto più nei testi franco-italiani in cui tali inserzioni sono molto frequenti (cfr. Holtus 1998, pp. 705-756).
51 les: la forma les con valore di dativo è pertinente ai dialetti francesi nord-orientali; cfr. Pope 1952, p. 493.
66 a glaive occire: ‘Morire di morte violenta’, cfr. DMF glaive A.2.
67 escanpasse: Cfr. FEW III, 268a < *excappare. La desinenza in -asse propria della 1a pers. sing. del congiuntivo imperfetto in luogo di -ast per la 3a pers. sing. è un tratto di derivazione italiana.
68 reneiase: Vd. nota al verso precedente.
Vv. 69-134: Vengono presentati il buon re d’Alessandria Cost (vv. 69-92) e sua figlia Caterina dotata di ogni virtù (vv. 93-134).
74 un: Pronome indefinito on con chiusura di o in u.
79-80: Rima equivoca.
93 La descrizione della futura santa è all’insegna dell’eccellenza sotto ogni aspetto: cortese, abile ed esperta in ogni campo delle arti liberali, oltre che di una bellezza splendida e secondo i canoni. Tali rappresentazioni sono tipiche delle narrazioni agiografiche che mettono in luce la natura straordinaria del santo fin dalla nascita e la sua precocità, in un’idea di imitazione della vita di Cristo riportata nei Vangeli. Si veda ad esempio la descrizione di Sant’Egidio fatta da Guillaume de Berneville (cfr. Laurent 2003, p. 5 nota 5).
97 saet: set, con ae grafia latineggiante.
111 ad: Preposizione a con grafia latina.
116 aüsent: La 3a pers. plur. con soggetto singolare è riferibile agli usi linguistici di area veneta.
118 conses: Forma veneta, frequente nei testi veronesi, con sviluppo au > on corrispondente al fr. choses; cfr. Bertoletti 2005, p. 61.
120 greçeus: Tale forma non altrimenti attestata deve essersi originata, come già notato da Breuer (1919, p. 284), dalla commistione di greus < graecus e grezeis < graecĭscus.
124 Lett. “intonare su e giù”.
125 gigue: Il tràdito guige, piuttosto che indicare una cinghia facente parte dell’equipaggiamento militare (< ant. francone withthja FEW XVII, 605a), è da considerarsi una corruzione per gigue ‘violino’ (< alto-tedesco ant. gîga FEW XVI, 35b).
127 veraise: veraie, forma rifatta sull’it. sett. verasio (< lat. vērācem).
128 Catherine: La grafia th si spiega con l’accostamento del nome di Caterina al gr. καθαρός ‘puro’.
129 naisi: nasqui.
131 toleit: Participio del verbo tolir originatosi probabilmente per analogia dal participio coleit di coillir (cfr. Fouché 1981, pp. 377-378).
134 plasoist: Si tratta probabilmente di una forma di indicativo imperfetto di plaire con aggiunta di s per reazione alla caduta di s di fronte a t; tuttavia, non è impossibile che si tratti di un’inedita forma franco-italiana per il congiuntivo imperfetto pleüst.
Vv. 135-184: L’imperatore scrive al re Cost per chiedere la mano di sua figlia e chiama a raccolta i cavalieri da tutti i suoi domini perché vengano alla corte che si riunirà ad Alessandria dove verranno offerti sacrifici agli dei, in corrispondenza delle nozze (vv. 135-166). Il re Cost prima di morire di malattia dice alla figlia che dovrà sposare l’imperatore ed ella acconsente (vv. 167-184).
137 da: Preposizione it. da in luogo del fr. de.
142 vendront: La forma tràdita è senz’altro dovuto agli usi linguistici veneti.
148 Qe il: Sarebbe anche possibile vedere nel tràdito Qe il la forma italiana del pron. rel. che e quella dell’art. masch. sing. il; tuttavia, va notato che l’articolo il è una forma toscana pressoché assente nei testi italiani settentrionali (se ne trovano pochi esempi anche in un autore come Nicolò de Rossi, per cui si veda Brugnolo 1977, p. 211). È più probabile, quindi, che si debba intendere Qi el “che nel”.
149 vegneit: Come al v. 142 si è verificato uno scambio tra la 3a pers. sing. e la 3a pers. plur. seppure di direzione inversa.
164 La lacuna non incide molto nel senso del passo e potrebbe essere assai ridotta, anche di un solo verso.
169 çeo: ceo è variante grafica di ce.
Vv. 185-240: Vengono menzionate le comunità cristiane presenti in Africa e ad Alessandria da antica data e viene introdotta la figura di un sacerdote dotto e stimato da tutti che vive ad Alessandria a cui Caterina si rivolgerà per imparare la teologia.
186 luen tens: L’aggettivo luen, avente qui funzione avverbiale, si può considerare probabilmente come una forma rifatta analogicamente su buen (bon : buen = lon(g) : luen(g)).
193 lores: Variante di lors con conservazione di e finale.
195 chatoliche: La palatalizzazione della velare in /ʧ/ rappresentata dalla grafia ch è dovuta alle esigenze date dalla rima, mentre normalmente si avrebbe il mantenimento l’articolazione velare favorito dalla natura dotta del vocabolo.
205 boin: bon.
213 qi: Nel testo sono presenti alcune occorrenze della forma qi come congiunzione in luogo di qe, un conguaglio prodottosi forse per incomprensione dell’effettiva natura di qu’il con caduta di -l di fronte a consonante che ha portato a ritenere che qu’i, scritto nei testi qui, fosse una forma equivalente alla congiunzione que. Sulle oscillazioni in fr. tra qu’il e qu’i si veda Ménard 1994, p. 310.
217 glise: iglise.
222 cortexelle: Forma di cort con morfema diminutivo tipico delle varietà italiane e grafia dell’it. sett. x per /z/.
223 maxoncele: vd. nota al verso precedente.
226 richéz: richece, con caduta di e finale atona.
227 faxoient: faisoient.
228 talore: Forma corrispondente all’it. talora priva di corrispondenze puntuali in fr.
228 toit: La lezione errata estoit è dovuta ad una lettura limitata al singolo verso e all’articolo le che può aver indotto a pensare che il sostantivo Cristïen fosse un singolare.
237 fatures: L’articolo, gli aggettivi e il verbo concordati con fatures, oltre al morfema -s, indicherebbero che si tratta di un maschile singolare, nonostante al v. 232 il sostantivo sia regolarmente femminile.
239 estoient: Il verbo alla 3a pers. plur. con un soggetto alla 3a pers. sing. è attribuibile agli usi linguistici veneti.
239 vis: < vīsus, cfr. FEW XIV, 534b.
239 Si deve intendere di coloro che andavano alla cappella a vedere la pittura.
240 paravis: < *paravīsus, cfr. Fouché 1961, p. 602 e Morlino 2017, p. 92.
Vv. 241-387: Avviene l’incontro tra Caterina e il sacerdote. La ragazza chiede di essere istruita da lui perché fosse in grado di trovare un marito che non le debba morire presto e che sia una figura valorosa, offrendo pertanto enormi ricompense al prete. Dalla risposta del religioso emerge la contrapposizione tra la realtà celeste e quella terrena e la chiara superiorità della prima rispetto alla seconda. Caterina, infatti, nonostante la sua vasta conoscenza e le sue incredibili qualità, non è in grado di risolvere le proprie difficoltà e le sue generose promesse di pagamento non toccano affatto l’interlocutore. L’unica soluzione possibile per la ragazza, allora, è la conversione da realizzarsi attraverso il culto alla Vergine Maria.
242 por: Come Boarotto si mantiene a testo por indicante maniera (Boarotto 2014, p. 60) piuttosto che mutare in par, anche considerando i numerosi scambi tra le due preposizioni che spesso si verificano nei testi franco-italiani.
248 quant: Il tràdito qnt si spiega con un’omissione dell’abbreviazione.
249 Nel testo sono numerosi i passaggi dai tempi passati al presente storico, una situazione niente affatto infrequente nei testi medievali (cfr. Ménard 1994, pp. 138-139).
252-253: La presenza della preposizione a al v. 253 porta a ritenere che il tràdito voldroit sia un errore di ripetizione dovuto alla precedente parola in rima a cui bisogna sostituire un corretto vendroit, restituendo una costruzione aderente agli usi dell’italiano del tipo venire + a + infinito (dove in fr. la preposizione non sarebbe richiesta).
254 a autrui: Per fedeltà al ms. viene conservata la preposizione a espunta da Breuer per motivi puramente metrici. Con enseigner sarebbe accettabile, in ogni caso, anche la costruzione senza preposizione, sia in fr. che in int. antico (cfr. DMF enseigner e Salvi-Renzi 2010, p. 109).
256 por: Viene mantenuta la preposizione por anche se il senso di complemento d’agente richiederebbe la preposizione par dato il frequente scambio tra le due forme che si riscontra nei mss. e che induce alla cautela nel ritenere tali oscillazioni come semplici errori (vd. Ménard 1994, p. 289).
257 suin: sun.
260 por quoi: In questa occorrenza por avrebbe un senso modale derivato da quello causale o per uno scambio con par (vd. nota al v. 256).
255-261 La costruzione sintattica del passo risulta alquanto ridondante.
289 serai: La desinenza di 1a pers. è evidentemente erronea. Difficile stabilire se essa sia da ascrivere a una mancata conoscenza della lingua o a una più accidentale svista, pur considerando che simili scambi avvengono raramente nel testo.
297 por: vd. nota al v. 260.
297 po[ü]ss[i]ez: La forma tràdita, verosimilmente una variante di puissez congiuntivo presente, viene modificata sulla base dell’altra occorrenza del verbo all’imperfetto al v. 300 e della forma allo stesso tempo verbale al v. 302.
299 devrez: Breuer propone di emendare in demandez per il senso, ipotizzando evidentemente che devez si sia originato per inflenza del devez del verso precedente.
306 nigramance: < necromantia, cfr. FEW VII, 79b.
321 Il prete sta indicando l’immagine della Madonna con Bambino all’interno della cappella descritta ai vv. 231-240 e 729-738. Emerge chiaramente l’importanza del culto delle immagini sacre e la centralità che esse avevano ormai assunto nella civiltà medievale, in particolare per la loro capacità di far scaturire emozioni nei fedeli oranti e per la possibilità che offrivano di immergersi completamente nelle scene raffigurate (cfr. Boquet-Nagy 2018, pp. 230-235).
321 braiz: bras, < brachium FEW I, 485b
323 bon li a sëu: la costruzione ‘savoir qqc. à qqn.’ significa ‘far provare un dato sentimento a qqn.’ (cfr. DMF savoir1 B.3.f.).
325 su: son.
330 alò: < ad lŏcum, avverbio it. sett. (cfr. alò nel TLIO).
333 veines: < vĕnĭa, cfr. FEW XIV, 239b. Qui veines dipende da un imperativo dites sottinteso.
341 j’ai: il parallelismo tra le due frasi coordinate porta a emendare l(e) in j(e).
341-342 La rima cuer-riqier indica che cuer è bisillabico e la riduzione ie > e in reqier.
353 smeraudes: esmeraude, < smaragdus FEW XII, 8b,9a.
354 aqais: agate, achate < gr. achates FEW XXIV, 103a. La forma è spiegabile in un ambito linguistico italiano mediante un’accentazione grecizzante sulla penultima sillaba e una riduzione del suffisso -ata in -a (cfr. l’agionimo Agà in Tomasin 2004, pp. 115, 160). La grafia q è probabilmente frutto di un’errata trascrizione di g, mentre la i del dittongo ai è evidentemente dovuta alle continue oscillazioni nell’uso dei dittonghi. Le difficoltà nel far rimare aqais con biaus verrebbero meno postulando l’originaria assenza del dittongo ai e la perdita dell’elemento velare nel trittongo iau, fenomeno rappresentato in questo testo dalla forma oxias, variante di oisiaus (vd. nota al v. 469), seppure tale riduzione non sia ben attestata in altri testi. Viene in ogni caso mantenuta a testo la lezione del testo tràdita per fedeltà al ms. Breuer, al contrario, propone di intervenire emendando aqais in anaus ‘anelli’, mentre invece Walberg agirebbe su biaus mutandolo in balais, vocabolo indicante una pietra preziosa di colore rosso (cfr. Breuer 1919, p. 214; Walberg 1925, p. 336).
355 margarites: < margārīta cfr. FEW VI-1, 324a.
356: La lunghezza della lacuna all’interno dell’elenco dei beni menzionati è difficilmente valutabile ma non comporta difficoltà nella struttura del testo.
357 samit: ‘drappo di seta pesante’, < gr. hexamitos FEW IV, 418a.
357 da: preposizione it. da in luogo del fr. de.
363 fai: fait, con caduta di -t che potrebbe essersi verificata per semplice aplografia.
366 some: < sŭmma FEW XII, 425a, 427b.
374 E[i]n[z] ele [est]: Si accoglie l’emendazione proposta da Breuer per quanto riguarda il recupero di Einz dal verso successivo che crea un testo alquanto plausibile nel senso in un luogo di forte incertezza nella comprensione della lezione del ms.
374-375 Omonimia di done tra i due versi.
379 li a: Il passaggio dalla 3a alla 1a pers. del verbo si è originato perché il verso è stato inteso come un discorso diretto dipendente dal dist del verso precedente.
383 legreçe: alegrece.
381-383: Passaggio dal perfetto al presente storico con poi un ritorno al passato nei versi successivi con l’imperfetto (vd. nota al v. 249).
386 venies: Vd. nota al v. 333.
Vv. 388-532: Dopo l’avvenuta conversione di Caterina trascorre l’anno al termine del quale arriva l’imperatore per sposare la ragazza. Vengono date tutte le disposizioni sulla preparazione della festa nuziale, una sezione in cui l’autore, per dare l’idea della magnificenza e dell’abbondanza della cerimonia, indulge spesso in lunghi elenchi di pietanze, oggetti preziosi, stoffe, abiti e offerte animali destinate agli dei. I vari dettagli dell’allestimento figurano all’interno di un lungo elenco di disposizioni date dall’imperatore che dal v. 402 sono espresse nella forma di un discorso diretto (vv. 390-484). L’attenzione si sposta poi sul seguito dell’imperatore composto da membri di diverse classi sociali che giungono infine in città (vv. 485-532).
395 palafroinz: palefroi, < paravĕrēdus FEW VII, 640a. Il vocabolo indica un cavallo usato in cerimonie o da viaggio (cfr. DMF palefroi).
396 f[r]oiz: < germ. frĭsk FEW XV-2, 173a. Il tràdito forz ‘forte’ riferito a vin è inaccettabile per la rima.
398 jantes: < germ. ganta FEW XVI, 12b.
401 faxan: faisan.
401 pernis: perdrix.
402-472 Il discorso diretto comincia ex abrupto interrompendo la serie di pietanze offerte a corte. Per tre volte l’imperatore è menzionato in terza persona ed è quindi probabile che si tratti dei proclami banditi pubblicamente su suo ordine perché fossero compiuti i vari preparativi.
403 oves: Seppure siano sporadicamente attestate delle grafie oues per uef in fr. (nell’anglo-normanno nello specifico, vd. AND owe), qui è assai più probabile che la grafia <u> stia per v con una conservazione della fricativa intervocalica da attribuire all’influenza dell’it.
403 soit: Il verbo alla 3a pers. sing. con due soggetti al plurale si potrebbe imputare agli usi linguistici di area veneta, ma nel verso potrebbe anche essere caduta una preposizione de che renderebbe il pronome tant soggetto.
404 Dal senso del passo si può ipotizzare che sia caduto un articolo indeterminativo o un aggettivo come nul o autre riferito a leu.
411 encortinees: Bisogna ritenere che vi sia un soient sottinteso come al v. 413.
413 dreçees: drecier < *directiare FEW III, 83b. La forma tràdita ha una desinenza femminile in -ee pur essendo concordata con deis che è maschile. Difficile valutare se si tratti di un metaplasmo di genere, magari per influenza di termini dal significato simile come table, per quanto deis sia un vocabolo assai più ricercato. In ogni caso la -e finale può essere stata introdotta per un banale ipercorrettismo e non essere pronunciata. Inoltre la rima perfetta con adreceiz è comunque possibile date le frequenti oscillazioni dei dittonghi e i numerosi scambi tra -s e -z.
415 mantiaus: La rima con soutius è chiaramente imperfetta e risulterebbe assai difficile ammettere al contempo uno spostamento dell’accento in una delle due desinenze e un’identità tra au/o e u, dato che in questo testo o e u rimano tra loro solo quanto u è il prodotto di una chiusura di o di fronte a n. Perché la rima sia perfetta si dovrebbe altrimenti invocare una presenza linguistica anglo-normanna, unica varietà in cui il trittongo eau subisce talvolta la riduzione in /ju/ (vd. Pope 1952, p. 446). Walberg (Walberg 1928, p. XXXVII) propone invece di emendare mantiaus in mantius, forma plurale di un franco-italiano mantil corrispondente all’it. mantile, vocabolo assai adatto al contesto (cfr. TLIO mantile; GDLI IX, 750b-c).
420 exgardent: esgardent, con grafia latineggiante.
426 La lacuna pare essere di un solo verso dal momento che si sta sempre parlando della realizzazione delle quattro colonne.
427 ex: Preposizione es.
429 carboncles: < carbŭnculus FEW II-1, 360a. Il termine indica o i ‘rubini’ o alcune varietà di granato rosso.
432 Lett. ‘non ci sia’.
433 faudestorie: < mediolatino faldistorium, a sua volta proveniente dall’ant. francone *faldistôl (FEW XV-2, 103b). Indica un seggio, solitamente pieghevole, senza schienale e con braccioli, riservato ad autorità religiose o civili. La variante del vocabolo derivata dalla forma mediolatina ricorre esclusivamente in testi franco-italiani, mentre in fr. ricorrono forme come faudestuel o faudestuef che derivano direttamente dall’etimo germanico. Vd. faudestorie e faudestuel in DEAF e faldistòrio in GDLI V, 589c-590a.
434 u: pronome relativo ou (< ŭbĭ) con chiusura del dittongo in u.
442 les: Il pronome les è cataforico e si riferisce al sacrifisses del verso successivo.
444 Al v. 442 si parla di un solo altare e qui il verbo, l’aggettivo e il sostantivo indicano che si tratta di uno solo, mentre al v. 447 si parla di altare al plur. essendo al cas régime plur. con -s.
445 samit: Vd. nota al v. 357.
445-446 orfrois: ‘tessuto ricamato d’oro’, < aurum + gr. phryx FEW VIII, 402a.
446 liste: < germ. lîsta FEW XVI, 469b.
447 auters: Si tratta in realtà di un singolo altare come espresso chiaramente ai vv. 402 e 404. La -s del maschile plurale al cas régime potrebbe essere dovuta al mancato rispetto della declinazione o a un’incomprensione del contesto.
448 poir: Preposizione por.
448 aduv[e]nt: Il tràdito aduunt è probabilmente la corruzione di una forma analoga al duvent del v. 456, come proposto anche da Walberg (cfr. Walberg 1925, p. 336). Quanto alla prostesi di a essa può essere ascritta alla generale tendenza riscontrabile nei testi franco-italiani ad aggiungere un prefisso a- ai verbi.
450 faroit: La lezione del ms. è molto probabilmente dovuta agli scambi tra 3a pers. sing. e 3a pers. plur. dovuti agli usi linguistici veneti.
451 honora: Forma di futuro con sincope di e pretonico.
452 aora: Vd. nota al v. precedente.
456 duvent: doivent.
457 adorarent: La lezione tràdita può essere intesa come una forma di perfetto frutto di un’incomprensione del passo data dalle forme sincopate di futuro che coincidono formalmente al perfetto. È possibile, tuttavia, che si tratti correttamente di un futuro con desinenza -ent analogica sul presente (cfr. anche la nota al verso successivo).
458 serent: Forma di futuro con desinenza analogica sul presente (serent al v. 973 e vd. anche estre in AND).
460 leverent: Come per la forma adorarent al v. 457, così anche leverent potrebbe corrispondere a un perfetto frutto di un’incomprensione del passo, ma non è da escludere che possa essere considerato come un futuro con desinenza -ent analogica sul presente.
460 li greignor: Potrebbe riferirsi a les rois del v. 458 o anche a una categoria più vasta di dignitari. Si noti come l’esistenza di re sottoposti all’imperatore sia un tratto anacronistico nell’ambito dell’Impero romano e proprio piuttosto dei secoli dell’età medievale. L’uso di titoli e cariche in senso attualizzante in racconti ambientati nell’antichità è comune nei testi medievali e spesso è dovuto a esigenze di chiarezza espositiva più che a disattenzione o ingenuità (si veda ad es. Folena 2012, p. 34).
461 Ovvero rispettando la gerarchia di potere rappresentata dalla disposizione dei seggi che occupavano.
464 devront: vd. nota al v. 457.
469 oxias: oiseus, < aucellus FEW XXV, 775b.
464 devront: vd. nota al v. 457.
475 drapes: draps.
477 poler: polir.
487 estovent: Lo scambio tra la 3a pers. plur. in luogo della 3a sing. è attribuibile agli usi linguistici di area veneta, così come al verso successivo.
488 poent: vd. nota al v. precedente.
489 li: Il dativo è inaccettabile per il senso e va inteso come un pronome neutro le.
496 D’autri: Il pronome con la -i del plur. masch. è chiaramente dovuto all’influenza dell’it., anche se non si può escludere che si trattasse originariamente della forma autrui, presente anche al verso precedente, dovuta all’interpolazione di un copista.
495-496 Rima equivoca tra avoir come infinito sostantivato e avoir come verbo.
500 onse: forma del verbo oser, vd. nota al v. 118.
500 Avviene qui un cambio di tempo al presente storico che viene mantenuto nei periodi seguenti fino al v. 558 e che viene mantenuto anche in traduzione.
507 marascaus: mareshal < ant. francone *marhskalk FEW XVI, 517. Il termine è passato dall’indicare chi si prendeva cura dei cavalli all’ufficiale addetto alle stalle, infine il significato è stato generalizzato fino ad indicare un alto ufficiale delle corti feudali con diversi tipi di impieghi.
510 a çent: Lett. ‘ha cinto’, ‘ha alla cintura’.
511 veinesons: veneisons.
513 est: Il verbo al singolare concorda con il sostantivo più vicino e non costituisce un caso di scambio tra singolare e plurale rispetto agli usi del fr. (vd. Ménard 1994, p. 128).
514 e: est.
516 so: son.
517 preneit: Scambio tra la 3a pers. plur. e la 3a pers. sing. dovuto alle varietà linguistiche venete.
518 la sal: Il sostantivo sal al femminile è una caratteristica coerente con le varietà venete del periodo (vd. Bertoletti 2005, p. 212).
519 un: Pronome indefinito on con chiusura della vocale in u.
519 osteius: Tale forma deve essere intesa come variante di ostieus (< hospitalis, vd. Fouché 1969, p. 319) con un’errata trasposizione della i la cui natura risulterebbe meramente grafica se si considera che tutte le altre forme del testo mostrano una riduzione del trittongo ieu (Deus e leu).
520 La lacuna non incide granché sul senso e deve riguardare un’esigua porzione di testo, forse anche un solo verso.
522 hun: Pronome indefinito on con chiusura della vocale in u.
525 tancei: tencé o tencier < *tentiare FEW XIII-1, 228a. Si tratta o del sostantivo con inserzione di i per reazione alla frequente riduzione dei dittonghi o, con uno scambio di lettera tra r e i, dell’infinito sostantivato del verbo.
530 jorné: In questo contesto è da intendersi come un’unità di misura di superficie, pari all’area che due buoi aggiogati possono arare in un giorno (vd. DMF journée III. e TLIO giornata 5.).
532 volient: voilent, con trasposizione tra i e l.
Vv. 533-622: L’imperatore dà ordine alla regina madre che faccia preparare la figlia perché il giorno successivo compia i sacrifici agli dei come tutti gli altri. La regina dice di assecondare il suo volere e descrive il ricco corredo con cui farà vestire Caterina (vv. 559-592). L’imperatore, quindi, lieto per le nozze ormai prossime, ribadisce la necessità di adorare le divinità e dà le ultime istruzioni sul corteo nuziale (vv. 592-622). Viene dunque continuamente ribadito l’approssimarsi della prova che la futura santa dovrà affrontare per confermare la propria fede cristiana: rifiutare la volontà della massima autorità terrena e il culto dei falsi dei anche a costo della vita.
535 tanbur: < pers. tabīr FEW XIX, 174a.
538 Deo tonant: Espressione proverbiale (vd. tonner in DMF) presente anche nell’Antecrist al v. 326.
539 Sele: cele.
539 herbegei: herbergier < germ. or. *haribergôn FEW XVI, 159a.
542 fist: Per il senso deve corrispondere a un congiuntivo imperfetto feïst.
543 maitin: cfr. it. maitino nel Corpus OVI.
545-546 Rima equivoca.
547-548 Rima equivoca.
549-550 La corruzione del testo è stata causata dall’errato scambio di honorer e demain al v. 549, favorito forse dalla frequente posizione in rima del verbo con l’avverbio collocato all’interno del verso, da cui poi ha preso le mosse il maldestro tentativo al v. 550 di risolvere l’incoerenza nella rima.
554 soing: ‘preoccupazione’, < germ. *sunni FEW XVII, 272a.
555 respondit: Si tratta dell’unico perfetto presente in un passo in cui gli altri verbi sono al presente.
566-570 au pere del mien mari: Secondo alcune versioni seriori della storia di Santa Caterina il re Cost sarebbe stato figlio dell’imperatore Costanzo Cloro, il quale avrebbe governato la Grecia dopo averne sedato la ribellione al potere romano. Il riferimento a Nerone è un dato inedito che appare esclusivamente nel testo arsenaliano, considerando del resto come lo iato temporale di oltre due secoli che separa Nerone da Costanzo Cloro renda assai improbabile la notizia.
576 fïes: fiées, < *vīcāta FEW XIV, 409a.
578 riche: In questo caso il senso di ‘ricco, abbondante’ prende la sfumatura di ‘vario’.
579 conses: choses, vd. nota al v. 118.
587 sacés: Il verbo è coniugato alla 2a pers. sing. ma, dato che il discorso si rivolge all’imperatore, non è da escludere che originariamente si trattasse di un plurale di cortesia sachiez successivamente banalizzato.
588 Il verbo pleist richiede la preposizione a che molto probabilmente è caduta. Un uso di plaire come verbo transitivo è attestato solamente in anglo-normanno (vd. AND plaisir).
589 voilen: Come il volun del v. 591 si tratta di una 1a pers. plur. di voleir. La desinenza in -en si spiega o come -on(s) con uno scambio tra di lettera oppure come una forma franco italiana che subisce l’influenza della desinenza di area veneta -emo (vd. in Lingua).
596 vout bien: cfr. DMF vouloir II.A.
596 omais: La forma omai è ben presente in it. e può avere sia il significato attuale di ‘ora’ che quello di ‘d’ora in poi’ (cfr. Salvi-Renzi 2010, p. 725). Corrisponde alle forme fr. huimais o desormais che presentano gli stessi significati.
597 gererdon: < ant. francone wiđarlōn FEW XVII, 577b.
604 la maitin: cfr. mattina nel TLIO.
606 s’apreste: La lezione tràdita all’indicativo deve essere intesa per il senso come una forma al congiuntivo con l’aggiunta di -e, secondo un fenomeno ipercorrettivo ben presente nel testo.
606 s’atort: La mano β introduce nel margine della pagina la variante s’acort (la cui ultima lettera è illeggibile a causa della rifilatura del foglio), proponendo la costruzione ‘S’accorder de + inf.’ con il senso di ‘acconsentire a’. Per il senso rimane tuttavia preferibile la lezione già presente a testo dato che gli ordini dell’imperatore sono di prepararsi velocemente come più volte viene ribadito.
618-619 Un mancato riconoscimento del v. 618 come inciso ha causato gli erronei riaggiustamenti di sace in face e di prendra in prendre.
Vv. 622-766: La regina si congratula con Caterina per le sue future nozze e l’incoronazione a imperatrice fissate al giorno seguente, le quali rappresentano la più alta dignità a cui la ragazza potesse aspirare. La invita, quindi, a vestirsi riccamente in modo adeguato per l’evento (vv. 622-674). Caterina, tuttavia, esprime l’incertezza e l’inquietudine che la turbano: anche il matrimonio più illustre non è garanzia di felicità se il proprio sposo rischia di morire anzitempo come è capitato al padre. Parla quindi alla madre della sua devozione alla Vergine Maria e la convince ad accompagnarla alla cappella in cui pregare (675-766). Viene delineandosi sempre più l’idea pessimistica rispetto ai beni e alle vicende terrene che la figura della santa trasmette e che la porta a dubitare della propria sorte anche nella più lieta delle circostanze.
629-630 Rima identica.
631 puent: Scambio tra 3a pers. sing. e 3a pers. plur. secondo gli usi linguistici veneti.
634 poez: Il discorso è alla seconda persona singolare quindi in questo caso la forma poez è da considerarsi una variante di puez.
645 savoirs: Si accoglie l’emendazione proposta da Breuer che introduce un infinito sostantivato successivamente banalizzato in savrons a causa dell’incomprensione del v. 645 che viene ritenuto l’apodosi del periodo ipotetico di cui fa parte il verso precedente.
648 ti: tei, pronome personale tonico oggetto.
655 fit: Forma di perfetto di faire con caduta di s in st. Avviene quindi nella narrazione un passaggio dal presente storico del v. 625 ai tempi passati.
656 mantes honors: Il plurale accordato con i verbi al singolare rappresenta o una caratteristica linguistica veneta oppure è dovuto a un erroneo intervento (al v. 658 honor è singolare).
662 coltres: ‘coperta da letto’, < cŭlcĭta FEW II-2, 1492b. Per il significato e le varianti di tale forma si vedano DMF coute, TLIO coltre e Fouché 1969, p. 284.
662 samit: Vd. nota al v. 357.
664 plaseit: Il verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plurale è una caratteristica linguistica di area veneta.
668 ceste: Il pronome dimostrativo deve essere inteso come un plurale al cas régime anche se privo di -s.
667-668 Per l’uso consecutivo di ja si veda Ménard 1994, pp. 192-193.
669 burdes: < ant. francone *bord FEW XV-1, 181a. Il termine, participio sostantivato del verbo border, indica delle vesti rifinite sugli orli, evidentemente con materiali preziosi e una lavorazione che doveva essere segno di particolare eleganza e ricchezza.
669 girlandes: < ant. francone *wiara FEW XVII, 572b. Può indicare vari tipi di ornamento a forma di corona.
669 presores: < *prehensoriam. L’unico riscontro di tale vocabolo oltre a questo testo è la forma presore contenuta in un documento veronese del 1382, interpretabile come un tipo di fermaglio da donna (vd. Bertoletti 2005, pp. 48, 426, 497).
677 eyr: oir < hēres FEW IV, 412b.
682 mais: La lezione mau è chiaramente frutto di banalizzazione.
683 joven: jeune, con interferenza della forma italiana.
685 devoit: L’azione espressa dal verbo si colloca nel futuro e l’imperfetto è dovuto all’errata attribuzione della relativa riferita al vostre del v. 682 anziché all’enperaor del v. precedente.
686 solier: solitaire.
687 pulcelaçe: pucelage < *pullicella + suff. -aticum (vd. FEW IX, 525b).
688 deves: Forma verbale dovuta a un conguaglio con l’it. deve. Il senso richierederebbe una 3a pers.
712 peis: pis, < peior FEW VIII, 154b.
720 me: ma, anche se non è da escludere che si tratti di una forma dell’aggettivo possessivo al maschile di derivazione it. sett.
720 tote: In questo caso l’aggettivo indefinito assume il significato di ‘ciascuna, ogni’ (cfr. Ménard 1994, p. 50).
730 bisse: ‘di colore grigio scuro’, < *bombyceus FEW I, 431b.
738 Lett. “che siano tutti vivi”.
741-742 Rima identica.
746 e: vd. nota al v. 514.
747 teudre: toudre.
749 Sil: si le, normalmente in fr. contratto in sel (vd. Ménard 1994, p. 65).
760 aparases: parases, cfr. it. apparare nel TLIO.
765 Breuer integra al v. 765 un pron. rel. qi dopo cevalers.
Vv. 766-926: Il corteo della regina giunge alla cappella dove Caterina si mette a pregare (vv. 767-788). Caterina chiede alla Santa Vergine di consigliarla sull’uomo che dovrà sposare, se dovrà essere l’imperatore o qualcun altro (vv.821-846). Le appare quindi la Vergine promettendo di darle uno sposo che le darà una gioia duratura e che non le debba morire (vv. 847-894). Caterina chiede di poterlo vedere e di conoscere il nome della sua interlocutrice, la quale rivela di essere Maria e le dichiara la sua opera ausiliatrice a favore di tutti coloro che la invocano. Dopo aver assicurato a Caterina che le mostrerà il suo futuro sposo la visione ha termine (vv. 895-926). In questa sezione viene introdotto l’elemento visionario della vicenda. Caterina ha finalmente la possibilità di incontrarsi con Maria che fino a quel momento aveva visto solo attraverso il ritratto di fronte a cui pregava ogni giorno. Maria è un modello di santità a cui Caterina non potrà che riferirsi, in particolare quando, ormai prossima al martirio e alla morte, chiede a Dio di poter dare assistenza a chi la invocherà nella preghiera (vv. 2271-2280).
771-772 dirent: La lezione tràdita appare come banalizzazione di durent, perfetto di deveir, necessario per la rima.
773 entrent en la capelle: Il testo sembra essere stato manipolato, dal momento che l’entrata nella cappella non si verifica prima del v. 783. Breuer risolve tale difficoltà stampando s’en vont à la capelle.
772-773 Nei due versi il tempo verbale è il presente storico che lascia subito spazio al perfetto (vd. nota al v. 249).
776 Lett. “poiché la regina ebbe ordinato”. Per l’uso di qi come congiunzione al posto di qe vd. nota al v. 213. La forma mandés con -s è dovuta alla necessità di rimare con muntés.
778 Vd. nota al v. 776.
782 È possibile interpretare sia “le fecero discendere” che “discesero” a seconda che il verbo sia transitivo o intransitivo (vd. DMF descendre). Nel secondo caso si avrebbe eus usato come soggetto, secondo un uso attestato altrove nel testo (ad es. al v. 1059).
783 Il verso contiene un brusco e momentaneo passaggio al tempo presente come ai v. 772-773.
785 voist: La forma verbale sia al presente anche se la narrazione fa uso di tempi passati.
787 veines: Vd. nota al v. 333.
802 conseit: Forma di congiuntivo con caduta di l in coda di sillaba accostabile a forme attestate in fr. come merveit (vd. Fouché 1981, p. 199).
804 en qere: Si tratta probabilmente di una corruzione per en cuer, ’di cuore’, ’con gioia’.
804 amy: Come notato da Boarotto il vocabolo è attestato anche nel senso di ’marito’ (vd. DMF ami B.5.), creando così una rima equivoca dal punto di vista semantico con l’amy del verso precedente.
816 So: Congiunzione ipotetica se con scambio di lettera. Da rigettare l’ipotesi di Breuer (Breuer 1925, P. 270) che possa trattarsi dell’esito -o di -e atona tipico del veronese in quanto esso non ha luogo nei monosillabi (vd. Bertoletti 2005, pp. 117-137).
831-833 È possibile che le desinenze delle forme verbali in rima siano state causate da un’errata scansione della disposizione dei distici che ha poi prodotto dei tentativi di aggiustamento del testo, seppure nel testo siano presenti, seppur raramente, altri casi in cui forme verbali alla 1a pers. sing. presentino una -s nella terminazione.
838 savi: savie.
857 crenuz: cremuz, da criembre < trĕmĕre FEW XIII-2, 238b, 239a.
857 do: Preposizione de, vd. nota al v. 816.
858 rende: Forma all’indicativo presente di rendre in luogo di rent con conservazione di -e finale necessaria per il metro, caratteristiche che tradiscono un’influenza dell’italiano oltre a possibili reintroduzioni di -e per analogia (vd. Fouché 1969 pp. 504-505).
860 Lett. “ogni giorno”.
863 puis: Breuer propone di emendare in plus, considerando che Caterina non è ancora sicura di voler sposare l’uomo propostole da Maria come dichiara al v. 866.
863 l’enprendrai: Il verbo enprendre è inadatto per il senso ed è probabilmente frutto di un’errata inserzione di n rispetto a una lettura le prendrai. Tanto il fr. emprendre che l’it. imprendere hanno, infatti, il significato primario di ‘intraprendere, incominciare’, secondariamente in it. anche di ‘apprendere’ e ‘riprendere, rimproverare’ (per il fr. vedi in DMF emprendre 1 e emprendre 2, per l’it. GDLI VII, pp. 512, 513a).
864, 866 Poliptoto tra volez e voil.
868 Qi: qi in funzione di congiunzione subordinante, vd. nota al v. 213.
868 n’alases: Il verbo presenta una desinenza di 2a pers. seppure sia concordato al soggetto je.
873 Si intende il marito che Maria ha promesso a Caterina.
875 vendront: Il tràdito vendront deve essere stato sostituito a vendroit, con uno scambio tra 3a pers sing. e 3a pers. plur. dovuto verosimilmente agli usi linguistici veneti.
877 Ein qi: Per il senso è più probabile che sia da intendere come enqui, piuttosto che come ainz que.
881-882 Ipotizzando che sia caduto un pronome riflessivo se per aplografia prima di seroit si avrebbe una costruzione corrispondente a ‘Se tenir que ... ne + congiuntivo’ con il senso di ‘trattenersi … da non’ (vd. DMF tenir IV.C.1.b.), quindi ‘fare a meno di non …’. Pertanto, i due versi significherebbero lett. ‘non si sarebbe trattenuta da non venire qui’, ‘non avrebbe fatto a meno di non venire qui’.
891 veieir: veiller.
895 dit: Passaggio al tempo presente del verbo rispetto alla narrazione precedente.
897 L’aggiunta dell’aggettivo coronee crea un’eccessiva ipermetria ed è causata dall’epiteto di «reïne coronee» ricorrente nel testo.
901 adjutoire: < adiutorium FEW XXIV, 164b.
907 proieves: Indicativo imperfetto di proier.
912 volist: volsist.
918 promerement: premierement.
925 vait: Repentino cambio di tempo al presente.
Vv. 927-1104: Il corpo di Caterina rimane immobile nella cappella. Prima di narrare la nuova visione di Caterina l’autore chiarisce di non avere né la capacità né la volontà di trattare del Paradiso, una materia troppo alta e difficile da conoscere e da descrivere, affermando quindi di limitarsi a riportare quanto racconta la storia da cui attinge (vv. 927-948). Nella visione Caterina viene trasportata dall’arcangelo Gabriele ai piedi del suo futuro sposo Gesù e ha la possibilità di vedere coloro che popolano il Paradiso: angeli, arcangeli, figure bibliche, martiri e infine Maria con lo stuolo di vergini che la servono (vv. 949-1104). La visione conferma a Caterina quanto lo sposo celeste e il suo regno siano immensamente più nobili e ricchi di quelli dell’imperatore, in un dualismo tra Cielo e Terra il cui confronto si risolve sempre con l’evidente dimostrazione della superiorità del primo rispetto al secondo.
929 La lacuna non incide in maniera significativa sull’andamento della narrazione ed è molto probabilmente di limitata estensione: dalla descrizione corpo di Caterina rimasto nella cappella mentre la ragazza ha una nuova visione si passa a un intervento dell’autore che dichiara la sua incapacità nel descrivere appieno i contenuti della visione stessa.
933 Lett. ‘e questa stessa cosa che io ne so’.
934 Si interpreta il verso con ellissi di dire dipendente da sai, secondo un uso ben attestato in fr. (vd. Ménard 1994, pp. 191-192).
933-934 Rima equivoca data dal diverso significato e uso sintattico di sai.
937 onse: forma del verbo oser, vd. nota al v. 118.
935-938 Il riferimento a San Paolo riguarda il rapimento al terzo cielo mistico vissuto dall’apostolo, un’esperienza visionaria di cui viene fatta una fugace menzione nella Seconda lettera ai Corinzi, subito interrotta dalla dichiarazione di ineffabilità di quanto visto: «Pur tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare (cfr. 2Cor XII 1-4). L’episodio costituisce un riferimento fondamentale per la letteratura mistica cristiana e in questi versi l’anonimo agiografo espone il proprio imbarazzo nel trattare simili tematiche richiamandosi alla recusatio paolina.
939 scrivroies: Vd. nota al v. 868.
940 Qil: Forma ipercorretta di qi ben attestata in fr. (vd. Ménard 1994, p. 310).
940 ne: È probabile che sia caduto un avverbio locativo i, reintegrato da Breuer che stampa a testo n’i.
947 retrase: retraist.
947-948 Poliptoto tra le forme del verbo retraire.
948 plaisse: plaist, cfr. v. 36.
955-956 «Se con il corpo o fuori del corpo non lo so», Cor II 12, 2.
966 Dopo il v. 966 viene copiato per intero il v. 922, successivamente espunto.
967 All’inizio del verso vengono copiate le prime due parole del v. 923, successivamente espunte.
968 soroiç: seroiz.
974 L’accordo tra un verbo alla 3a pers. sing. e un soggetto plurale si spiega per interferenza con gli usi linguistici di area veneta.
973-974 «Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte», Sal 90, 4.
975 qie: Pronome interrogativo qi con epitesi di e.
979 qi: qi usato come congiunzione in luogo di qe (vd. nota al v. 213), a meno che non si tratti di q’i con elisione di fronte all’avverbio locativo i, anche se ciò in fr. normalmente non avviene.
983 Rispetto alla narrazione precedente si registra un passaggio al presente storico.
986 manda mult: La rima con il verso precedente non viene rispettata ed è possibile ipotizzare una lezione corrotta. Apprezzabile l’emendazione di Breuer che corregge in mand’ al munt ‘manda al mondo’.
989 les: Il pronome va inteso al sing. e la presenza di -s in questo caso può essere dovuta sia alle continue oscillazioni nell’uso del morfema della declinazione, sia a un’incomprensione del passo, anche se non è impossibile che la causa vada attribuita a una dittografia della s della parola seguente.
991 veoient: La forma all’imperfetto non è adatta al senso del discorso al tempo presente.
991 tot: L’errata lezione tuit si è originata per una chiara influenza del verso precedente.
995 faisse: Si tratta o di una forma di congiuntivo imperfetto dovuta all’influenza dell’it. per il fr. feïst (vd. nota ai vv. 871-872) o di una forma al congiuntivo presente analogica sull’indicativo o su plaire (vd. Fouché 1981, p. 170 e Lanly 1995, p. 238).
996 desplaisse: Essendo coordinato con sunt il verbo è molto probabilmente all’indicativo presente corrispondente al fr. desplaist con una desinenza -e dovuta all’interferenza dell’it.
996 grames: < ant. francone gram FEW XVI, 50b.
996-997 Figura etimologica tra grames e grameçe.
998 otint: L’uso della 3a pers. sing. con un soggetto plurale è da imputare agli usi linguistici di area veneta. Breuer considera la lezione frutto di corruzione e mette a testo ont giudicando inaccettabile la presenza di un salto temporale dal presente al perfetto, seppure non si tratti in realtà di un intervento necessario.
1003 tendrent: tenir ha qui il senso di ‘seguire, osservare una dottrina’ (cfr. DMF tenir I.D.2.).
1003 li comandament: Per il senso probabile che si tratti di un plurale, con un uso della forma al cas sujet in funzione di complemento diretto.
1004 viel: La lezione tràdita novel è un evidente errore polare.
1006 qi par Deus comença: Il testo tràdito prevede un uso del verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plurale, costruzione possibile nelle varietà venete, e con Deus dipendente da preposizione. È possibile, tuttavia, ipotizzare anche un’inversione tra par e qi che farebbe di Deus il soggetto, dando al verso il senso di ‘sono coloro con cui Dio ha dato inizio’.
1012 scorciez: escorchiez.
1015 les: La presenza del morfema -s è dovuta o a un’incomprensione nell’uso delle declinazioni o a una dittografia della s seguente.
1015 chi: Variante grafica di qui.
1017 Il verbo reggente faire seguito dall’infinito ha valore impersonale.
1018 Costruzione con il si passivo e con scambio tra la 3a pers. sing. e la 3a pers. plur. del verbo (vd. Lingua).
1022 Si noti l’uso dell’epifrasi, usata più volte nell’opera.
1023 poent: È possibile che la forma al presente sia dovuta alla caduta di una sillaba e vada invece restituita una desinenza all’imperfetto come proposto da Breuer.
1025 bien: Il sostantivo può assumere un’ampia gamma di significati: ricchezza, buona sorte o buona reputazione (vd. DMF bien).
1026 poient: La forma poient, attestata in fr. seppur raramente per l’indicativo presente (in TL VII se ne trovano ad es. due occorrenze rispettivamente da Le voyage de Saint Brendan e da Li Sermon Saint Bernart), è invece ben rappresentata nel RIALFrI dove viene utilizzata tanto al presente quanto all’imperfetto indicativo.
1028 ‘Vaio e grigio’ è una dittologia sinonimica che indica le pellicce di scoiattolo del nord Europa e della Siberia con cui venivano spesso foderati gli indumenti di individui di prestigio (Vd. TLIO grigio 3. e GDLI XXI 628b vaio).
1028 Il verso è ipometro e consta di sole 6 sillabe, è probabile che sia caduta almeno una congiunzione.
1030 Ceu: Per il senso si tratta chiaramente di un plurale corrispondente a cil.
1032 poent: Vd. nota al v. 1023.
1031-1032 Rima equivoca.
1034 faïssent: feïssent. Il congiuntivo imperfetto ricorre normalmente in fr. nelle subordinate causali con negazione (vd. Ménard 1994, p. 152).
1043 sostenegent: La forma tràdita è corrotta ed è evidente come sia intercorso uno scambio di lettera tra j e g.
1044 persone: In questo caso il sostantivo indica il corpo fisico che forma l’individuo (cfr. DMF personne I.C.1.).
1048 Per Se tenir a con il significato di ‘essere fedele a qqn’ vd. DMF tenir IV.B.3.a.
1050 beins: Il vocabolo come sostantivo può assumere il senso di ‘buona azione, atto lodevole’ (cfr. DMF bien III.A.3.).
1054 puent: Si potrebbe trattare di un accordo tra un verbo alla 3a pers. plur. e un soggetto singolare, tuttavia è perfettamente possibile che nul home sia un maschile plurale al cas sujet.
1059 elle: Il pronome corrisponde evidentemente nel senso a un plurale.
1068 Ceste: Breuer ipotizza un’erronea aggiunta di -e e stampa a testo C’est, anche se è possibile che sia caduta una forma e per est per aplografia dopo ceste.
1070-1072 Sequenza di 3 forme di requere in rima, di cui due creano una rima identica, anche se in realtà è possibile notare una leggera differenza di senso nella terza occorrenza che non indica più l’idea di ‘invocare l’aiuto di qualcuno’ (cfr. DMF requérir I.B.1.) ma quello più generale di ‘chiedere’.
1073-1098 L’angelo Gabriele descrive la compagnia di dame che attornia la Vergine Maria come delle pie donne che, dopo una vita di intensa devozione se non addirittura eremitica, hanno subito il martirio. In questi versi c’è una chiara prefigurazione del martirio che anche Caterina dovrà subire per diventare simile a loro.
1077 L’inversione dei due aggettivi rispetto all’ordine del ms. è necessaria per la rima. Assolutamente non necessario è l’ulteriore intervento di Breuer che sostituisce E sunt con furent, considerando i frequenti cambi di tempo nell’uso dei verbi, oltre alle frequenti oscillazioni di tempo della perifrasi passiva con l’ausiliare estre/essere in francese e in italiano antichi (per il francese cfr. Ménard pp. 142-143 e per l’italiano Salvi-Renzi 2010, p. 144).
1078 metues: mises.
1078 prison: Il vocabolo può indicare anche lo stato di detenzione (cfr. DMF prison).
1083 averent: La forma tràdita è molto probabilmente dovuta a una scorretta scansione della disposizione dei distici con un conseguente adeguamento alla desinenza rimica del verso precedente. Andrebbe pertanto emendata in aveient. La forma averent dà comunque dei riscontri nel RIALFrI dalla Pharsale di Niccolò da Verona e dall’Aquilon de Bavière di Raffaele da Verona.
1085 vivent: Passaggio dall’imperfetto al presente storico.
1086 armite: Il sostantivo ermite indicherebbe propriamente solo l’eremita, in questa occorrenza indica evidentemente la relativa condizione.
1087 vivent: La forma di 3a pers. plur. concordata con soggetto singolare è un tratto veneto.
1088 so: son.
1091 s’aflïent: aflire, verbo indicante i patimenti che queste donne, descritte come delle monache o delle beghine, infliggevano a sé stesse con scopo purificatorio e devozionale. Per quanto riguarda il numero plurale del verbo, con il pronome cascune in fr. è ammesso un fenomeno di sillepsi (vd. Ménard 1994, p. 129), tuttavia l’aggettivo son indicherebbe che si tratta di uno scambio tra la 3a pers. sing. e la 3a pers. plur. nei verbi dovuto all’influenza delle varietà venete, con la possibilità che anche il possessivo sia al numero plurale per la medesima ragione (vd. Bertoletti 2005, pp. 228-229; Tomasin 2004, p. 174). Avviene, inoltre, un temporaneo passaggio dall’imperfetto al presente storico.
1097 Qies: qis, forma contratta per qui les.
1105 le reine: La lezione tràdita è molto probabilmente frutto di un fraintendimento perché a ritornare nel proprio corpo è Caterina e non la madre. È possibile quindi ipotizzare, come Breuer, che la lezione vada emendata in l’arme, anche se per il senso e il pronome elle del verso successivo è forse preferibile emendare in Caterine.
Vv. 1105-1254: Non appena Caterina si riprende dopo la visione giunge l’ordine dell’imperatore di presentarsi a palazzo. Vengono quindi descritti i ferventi preparativi per l’evento nuziale del giorno successivo che animavano la città (vv. 1105-1183). Il corteo raggiunge il palazzo del defunto re e l’imperatore invia due suoi messi a parlare con la regina madre e Caterina ribadendo le disposizioni date riguardo ai sacrifici e lamentando il ritardo nel loro arrivo. La regina madre, ignara delle intenzioni della figlia, accetta quanto le viene imposto (vv. 1184-1254). Tra la gioia e lo sfarzo della festa imminente vengono ripetute le norme dell’imperatore che vietano a chiunque di sottrarsi al culto degli dei, alludendo quindi alla pena del martirio che il crudele signore comminava a chi si rifiutava di obbedire. Per il momento Caterina rimane in silenzio e non fa alcuna resistenza, ma il lettore percepisce che l’inevitabile confronto con i pagani è ormai prossimi a compiersi.
1114 creent: La coniugazione del verbo al tempo presente è probabilmente dovuto alla caduta di una sillaba, ipotizzando un originario imperfetto creeient.
1115 Dame: L’allocuzione è verosimilmente diretta non solo alla madre ma anche alle altre dame come esplicitato al v. 1113, pur in assenza del morfema -s del femm. plur. nel sostantivo.
1117 saüse bon gré: Per l’espressione savoir bon gré cfr. DMF savoir I.B.3.f.
1121 veigneit: La desinenza alla 3a pers. sing. dell’indicativo imperfetto in un verbo concordato con un soggetto plurale è da ascrivere ai tratti linguistici veneti, presumibilmente in sostituzione di un’originaria forma di congiuntivo presente richiesta per il senso.
1123 Breve sequenza di versi con passaggio al presente storico.
1132 adestrant: adestrer, ‘condurre alla destra’, < dexter FEW III, 62a. La forma va intesa come un indicativo presente. Seppure la narrazione utilizzi principalmente tempi passati si verifica talvolta l’uso del presente storico.
1133 condoient: La forma tràdita del verbo conduire è al tempo presente, con la possibilità però che sia caduta una sillaba e che si tratti piuttosto di un imperfetto conduisoient (come ipotizza anche Breuer).
1138 Qi: Si può trattare di qi usato come congiunzione in luogo di qe come attestato altrove in questo testo (vd. nota al v. 213) o della forma q’il con caduta di l, anche se in fr. ciò normalmente avverrebbe solo di fronte a una consonante (vd. Ménard 1994, p. 310).
1139 baort: behort, < ant. francone *bihordôn FEW XV-1, 106a.
1140 resbaudire: resbaudir, < ant. francone *bald FEW XV-1, 31a. ‘Ridare coraggio a qqn’ (cfr. DMF resbaudir).
1142 baorder: behorder, con lo stesso etimo di behort (vd. nota al v. 1139).
1141-1142 I due verbi in rima presentano una desinenza di 3a plur. pur essendo concordati con un soggetto singolare, secondo gli usi linguistici di area veneta.
1147 ses: Escludendo che si tratti di una corruzione dell’articolo les, ses corrisponde in fr. alla forma atona dell’aggettivo possessivo di 3a pers. sing. al maschile plurale régime con un sostantivo femminile e con un referente plurale. Ciò potrebbe essere dovuto alla quasi totale assenza del possessivo di 3a pers. plur. loro nelle varietà venete (vd. Tomasin 2004, p. 174; Bertoletti 2005, 228-229).
1150 tenoient: Per tenir con il senso di ‘occupare un luogo’ vd. DMF tenir III.D.1.
1151 Des: La lezione tràdita erronea Les è probabilmente frutto di banalizzazione.
1152 baordoient: vd. nota al v. 1139.
1153 cateines: capitaines < capitaneus FEW II-1, 255b-256a.
1159 bauchons: < *balko, FEW XV-1, 39a.
1160 jug[l]ëors: < joculari FEW V, 41b. Il tràdito jugeors indica i ‘giudici’, mentre la successiva menzione di garçons e il contesto più generale indica che si tratta piuttosto di giullari di strada.
1165 retraisse: retraist.
1167-1168 Il testo dei due versi riportato dal ms. è molto probabilmente corrotto e presenta una disposizione sintattica poco chiara, inoltre il v. 1167 è largamente ipermetro. Sarebbe possibile considerare il v. 1167 come una subordinata dipendente dal trove del verso precedente integrando una congiunzione Q’ a inizio verso. Il testo apparirebbe tuttavia ridondante e poco scorrevole. In alternativa si potrebbe considerare El registre del rei de Rome come argomento della proposizione precedente, dovendo però ritenere che fuïsse sia un’aggiunta seriore, come ipotizzato da Breuer. Ciò comporterebbe, in aggiunta, che nel v. 1168 in posizione di rima sia caduta una forma come home, l’unica a rimare con Rome nel resto del testo e che consentirebbe di introdurre un soggetto altrimenti mancante. Sempre nel v. 1168 mancherebbe, inoltre, una negazione ne necessaria per il senso, anche se una tale assenza risulta frequente nei testi franco-italiani. All’influenza dell’it., poi, vanno ascritte le desinenze di fuïsse e veïsse alla 3a pers. sing del congiuntivo imperfetto. La genesi della corruzione del passo appare in ogni caso poco chiara e, data la volontà di evitare interventi eccessivamente invasivi sul testo, viene stampato quanto tràdito dal ms.
1169 aveit: Verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plur., secondo gli usi linguistici di area veneta.
1176 pareianz: Si tratta molto probabilmente di un italianismo che rimanda a appariscente con uno scambio di lettera tra s e i (vd. ad esempio la forma parisente ne La legenda de Santo Stadi, cfr. Badas 2009, p. 185) rispetto al fr. aparent.
1177 La lacuna pare essere molto ridotta, probabilmente anche a un solo verso.
1179 lorains: < lōrum FEW V, 423b. Il termine indica nello specifico le cinghie che servono per assicurare la sella al cavallo, spesso dotate di decorazioni.
1185 quil: La presenza di -l si può spiegare a livello linguistico come ipercorrettismo rispetto alla caduta di -l in quil di fronte a consonante seguente (vd. Ménard 1994, p. 310), anche se in questo caso è possibile sia dovuta a una svita di un copista per influsso del precedente cil.
1187 lei: ele.
1188 Si tratta probabilmente della sala pubblica del palazzo del re Cost dove la regina e Caterina ricevono i due messi di cui si parla dal v. 1204.
1189-1190 Rima equivoca.
1198 Si registrano in questo verso e nei seguenti alcune oscillazioni nell’uso dei tempi verbali tra presente storico, futuro e tempi passati.
1204 sa jent: Il tràdito saint è inaccettabile tanto per il senso quanto per la rima.
1210 ai: Si tratta o di un’errata aggiunta di -i alla preposizione semplice a oppure di uno scambio di lettera con conservazione di l nella preposizione composta al.
1213 sançeç: sachiez.
1220 Jor qui indica chiaramente il giorno successivo.
1222 Q’el: qe il.
1223 lo: È probabile che sia caduta una -r da un lor avverbio o pronome dativo di 3a pers. plur.
1225 preiez: Variatio con forma all’imperativo coordinata al futuro con senso iussivo.
1228 seron: seront, con caduta di -t.
1230 nui: nos.
1232 È assai probabile che la particella avverbiale si vada trasposta dopo la congiunzione e in correlazione con la consecutiva seguente.
1236 sue merci: ‘Secondo la sua volontà’.
1237 In questo caso tenir ha il significato di ‘conservare, proteggere’, l’espressione por bien sta per ‘al meglio’ (cfr. DMF bien III.B.1.d.).
1241 Qil: Il relativo, riferito ai messi dell’imperatore, si trova distante dal proprio antecedente e andrebbe forse corretto nel dimostrativo cil.
1243-1244 Figura etimologica tra respons e respondu.
Vv. 1255-1377: Caterina si presenta al cospetto dell’imperatore di fronte a tutta la sua corte, dominata da uno sfarzo smisurato. Giunge quindi il momento di compiere i sacrifici agli dei per aprire la cerimonia nuziale (vv. 1255-1303). Tra il seguito dell’imperatore prende la parola un romano che, facendo sfoggio della propria eloquenza, loda il sovrano e lo invita ad adorare gli dei in segno di ringraziamento per primo, quindi a seguirlo saranno Caterina e i nobili di corte (vv. 1304-1364). L’imperatore si inchina dunque agli dei e invita Caterina a fare altrettanto.
1261 poit: vd. nota al v. 5.
1261 feïst: fist.
1261 seïr: Variante della forma dell’infinito di seoir ben attestata in fr.
1262 puissent: La forma verbale è al presente seppure la narrazione faccia uso di tempi passati.
1262 viir: veïr, variante di veoir (cfr. seïr al verso precedente).
1266-1267 Lett. ‘Non credo che tale gente fossero mai insieme’. Si noti la concordatio ad sensum tra soggetto dal significato collettivo e verbo, secondo un uso attestato in fr. (vd. Ménard 1994, p. 129).
1269-1281 Inizia una lunga interrogativa indiretta in cui l’autore fa figurare un lungo elenco di oggetti preziosi che alludono a un’ulteriore descrizione dello sfarzo che c’era a palazzo, tuttavia al termine dell’interrogativa rifiuta di continuare tale descrizione affermando la volontà di riportare brevemente solo quanto attinto nel libro, senza aggiunte.
1270 qi: Può trattarsi di qi usato come congiunzione in luogo di qe (vd. nota al v. 213), anche se non si può escludere che si tratti dell’elisione di qe di fronte all’avverbio i.
1275 presores: vd. nota al v. 669.
1275 tasiaus: Il termine indica un ampio risvolto del mantello, spesso guarnito di pelliccia o velluto, tipico dell’abbigliamento maschile tardo-medievale (vd. GDLI XX, 758b).
1276 mant[i]aus: La lezione tràdita va contro la rima ed è frutto di banalizzazione.
1278 qi: Vd. nota al v. 1270.
1279 faudestous: Vd. nota al v. 433.
1280 vous: Participio passato di voudre < vŏlvĕre FEW XIV, 619b.
1281 qi: Vd. nota al v. 1270.
1284 tuit: La forma dell’aggettivo al maschile plurale soggetto viene erroneamente usata per il maschile singolare al cas régime.
1285-1286 Figura etimologica e rima inclusiva tra entremetre e metre.
1288 escrist: Part. pass. escrit, con desinenza -ist per erroneo accostamento alla forma del perfetto.
1290-1295 L’esposizione segue un periodare anacolutico.
1297 volist: volsist.
1298 marturier: martirier, forma da accostare all’it. martorio (vd. TLIO martorio; GDLI IX, 853c).
1299 remansist: remanoir ha qui il senso di ‘rimanere in vita’.
1305 cisamus: < ant. alto tedesco zisimūs FEW XVII, 630a. Il termine indica la pelliccia di souslik, un piccolo roditore, importata dai paesi slavi dell’Europa orientale.
1307 bauder: baudré, baudrier < med. alto tedesco balderich FEW I, 213a. La forma tràdita, priva di riscontri, è probabilmente frutto di una corruzione rispetto a un originario baudré che rispetterebbe la rima con ovré.
1309 ovrez: Il termine indica genericamente un manufatto, dato il contesto si può trattare di un prodotto orafo come un anello, ma anche dell’artigianato tessile come dei guanti. Si noti la figura etimologica con ovré nel verso precedente.
1310 en sum ceis: en sum può anche intendere come preposizione enson (< summus) che sarebbe tuttavia seguita dalla preposizione de o dall’articolo. La forma ceis è da intendere come variante di chief.
1311 armiça: Come notato da Breuer (Breuer 1919, p. 281), l’ipotesi più probabile è che la lezione tràdita sia una corruzione del fr. aumuce (< mediolatino almucia FEW I, 75a), un indumento dotato di cappuccio che copriva la testa e le spalle.
1313 foree: forrer < germ. *fodr FEW XV-2, 158a.
1313 ermine: < armenius FEW XXV, 274a.
1314 mesclee: meslee < mĭscŭlare FEW VI-2, 159a. L’aggettivo ha l’accezione o di ‘grigio’ o ‘di colore variegato’.
1315 grano[n]s: grenons < gall. grĕnnos FEW IV, 267b.
1318 argumentos: ‘perspicace’, ‘ingegnoso’, ‘abile nel parlare’ < argūmentum. In fr. l’aggettivo è assente, mentre in ambito italiano se ne trovano alcune attestazioni (vd. TLIO argomentoso e GDL I 650a).
1320 s’es: È assai probabile che si sia verificata la caduta di -t.
1327 m’ente[n]de par son honor: L’allocuzione è rivolta all’imperatore in 2a persona e non in 3a, pertanto l’uso della 3a persona in questo verso dev’essere frutto di incomprensione del passo.
1336 a’: Per il senso la forma deve essere intesa come una 2a pers. sing. as.
1337 teignet: Verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plurale dovuto agli usi linguistici veneti.
1339-1340 Rima identica.
1341 conoisse: È probabile si tratti di un congiuntivo esortativo privo della -s della desinenza di 2a pers. sing.
1343 ai: Per il senso del passo la forma andrebbe emendata in a con il verbo usato in senso impersonale.
1346-1350 Si noti la serie di tre rime inclusive.
1352 Qi: Uso della forma qi per la congiunzione qe, in questa occorrenza avente valore comparativo (vd. nota al v. 213).
1353 façon: faisons.
1354 L’uso del pronome relativo composto con que come primo elemento al posto di qui sta qui a indicare la dignità, il rango con cui si identifica la persona, come al v. 1361. Il pronome noi è un chiaro italianismo, mentre la forma verbale son(s) per la 1a pers. plur. di estre seppur poco frequente è attestata in fr. (vd. Fouché 1981, p. 417).
1370 Passaggio della narrazione al presente storico.
Vv. 1377-1712: Caterina, giunto il momento di compiere i sacrifici agli dei, si rifiuta di sottostare ai comandi e alle aspettative di Massenzio, pronunciando un discorso in cui accusa l’imperatore di essere un folle e dichiara che gli idoli pagani sono privi di ogni potere. Dopo aver sfidato le divinità avversarie, rivolge al Dio cristiano una preghiera perché facesse piovere del fuoco dal cielo al fine di distruggere le statue e i sacerdoti dei gentili (vv. 1377-1445). Prontamente ascoltata, la futura santa risponde ai malumori dei Romani con un lungo discorso (vv. 1450-1712) che ha inizio con una requisitoria contro il feticismo pagano rivolto a delle divinità prive di poteri e fatte da mani d’uomo (vv. 1450-1480). Caterina invita quindi i Romani a convertirsi alla fede cristiana di cui espone i dogmi e caratteristiche fondamentali: la Trinità (vv. 1481-1508), l’Incarnazione (vv. 1509-1544), l’opera redentrice di Cristo e il suo sacrificio (vv. 1545-1571), il valore del Battesimo e i doni che ricevono i fedeli convertiti dallo Spirito Santo (vv. 1572-1600), il destino ultramondano di felicità che aspetta l’uomo nell’aldilà (vv. 1600-1634), la necessità della sofferenza da parte del fedele per acquistarsi il Paradiso (vv. 1644-1656), il culto cristiano delle immagini sacre contrapposto all’idolatria pagana (vv. 1657-1692), le preghiere da recitare per non morire inconfesso (vv. 1693-1704). L’allocuzione termina, quindi, con un ulteriore invito alla conversione rivolto a tutti i presenti.
1379-1380 Breuer propone di scambiare tra loro i due versi del distico per rendere più scorrevole il testo dell’apostrofe, tuttavia non risulta essere un intervento necessario.
1384 Nori: norrir < nŭtrīre FEW VII, 250b.
1385 Lett. ‘di modo che (ciò) venga loro male.
1383-1385 Figura etimologica tra semple, simpliment e simpleçe.
1386 teigne: La presenza della forma al congiuntivo è motivata dalle esigenze della rima.
1391 merveille: Per il senso la forma del verbo merveiller è certamente all’indicativo presente e la presenza di -e deve considerarsi frutto di epitesi.
1391 qi: Come accade altrove nel testo la forma qi può essere dovuta ai frequenti scambi tra qi e qe anche in qualità di congiunzione subordinante (vd. nota al v. 213). Si può altrimenti ritenere che si tratti della forma qu’il con caduta di -l di fronte alla consonante della parola seguente (vd. Ménard 1994, p. 310).
1393 luitane: lointaine, < *longitanus FEW V, 406a.
1394 matece: Il tràdito matere è una probabile corruzione dell’it. mattezza, spesso ricorrente insieme a follia in una dittologia sinonimica (vd. mattezza nel TLIO). Il vocabolo deriverebbe dal lat. tardo mattus (vd. GDLI IX, 958a).
1395 le: Si tratta o dell’uso del pronome le in luogo di la riferito al femm. gent, attestato in alcune varietà del fr. (vd. Buridant 2000, p. 418), oppure è possibile, date le frequenti incomprensioni del sistema delle declinazioni, si tratti di un pronome les con una concordatio ad sensum.
1395 travailler: Tra i significati che il verbo può assumere, dal contesto pare si possa intendere come ‘viaggiare’, un significato secondario presente in testi piccardi o anglo-normanni (vd. DMF travailler II.B.3). Il verbo avrebbe altrimenti un più generale senso di ‘affaticare’ e ‘far penare’ che non si capisce a cosa si possa riferire in merito alle onerose richieste mosse dall’imperatore ai suoi vassalli anche in orario notturno, mentre l’accezione proposta collegherebbe semanticamente il verbo con la forma aller con cui rima.
1396 oit: Si deve intendere oit come variante della preposizione ot < apud.
1401 troveit: Verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plurale per influenza degli usi linguistici veneti.
1402 judei: Variante del fr. juif aderente all’etimo con morfema di plurale maschile -i italiano.
1405 valoit: Vd. nota al v. 1401.
1408 noisre: La forma risulta da una commistione tra le due varianti dell’infinito del verbo concorrenti in fr. nuire e nuisir < nŏcēre FEW VII, 161a.
1411 je: Breuer propone di integrare la forma in jes aggiungendo un pronome all’oggetto diretto.
1415 È possibile che il secondo ne sia il prodotto di un fenomeno di influenza del contesto dato dai frequenti ne precedenti e che vada riconosciuto come un originario pronome relativo qe.
1417 face: Vd. nota al v. 1401.
1418 preu: Forma corrispondente a pri, 1a pers. sing. dell’indicativo presente del verbo prier.
1419 veraisse: Vd. nota al v. 127.
1423 conse: choses, vd. nota al v. 118.
1425 bruise: Si tratta o del fr. bruir (< germ. *brojan FEW XV-1, 301b) con suffisso incoativo o rifatta sull’it. sett. brusare.
1431 bruissa: Vd. nota al v. 1425.
1435 receveit: Vd. nota al v. 1401.
1437 s’estent: Il verbo tràdito introduce un momentaneo uso del presente storico. Breuer, perseguendo l’intento di restituire l’isometria ai versi, stampa invece l’imperfetto esteient.
1438 bruisé: Vd. nota al v. 1425.
1441 veraisement: Vd. nota al v. 127.
1443 bruisé: Vd. nota al v. 1425.
1444 poudré: poudrer < pŭlvis FEW IX, 564a.
1446 an: La forma può corrispondere a a per un’errata inserzione di -n, con una costruzione di avoir impersonale. È anche possibile anche che il testo sia da emendare in a [u]n con il significato di ‘non ce n’è uno di così saggio’. Si noti inoltre il passaggio dai tempi passati propriamente detti al presente storico.
1453 verais: Vd. nota al v. 127.
1453-1454 Le tre forme verbali potrebbero corrispondere a dei regolari perfetti, in un contesto definibile come gnomico, seppure nulla garantisca che non si tratti di presenti in -a per influenza dell’italiano.
1461 : Pronome personale masch. plur. al cas regime privo di -s.
1466 fait: Il verbo alla 3a pers. sing. è concordato con un soggetto plurale e ciò è dovuto all’influenza delle varietà linguistiche venete.
1466-1480 L’attacco che Caterina muove all’idolatria dei pagani è costruito sulle parole del Salmo 115: «Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo», Sal 115, 4.
1468 seveiaus: Variante di seviaus; < vĕl FEW XIV, 215b.
1469 puent: L’uso di un verbo alla 3a pers. plur. concordato con un soggetto singolare si spiega per l’influenza linguistica delle varietà venete che non distinguono tra la 3a sing. e la 3a plur. nei verbi. Cfr. fait al v. 1466.
1469 «Hanno bocca e non parlano», Sal 115, 5.
1470 «Hanno piedi e non camminano», Sal 115, 7.
1471 «Hanno mani e non palpano», Sal 115, 7.
1472 È probabile che sia caduto un pronome anaforico che faccia da oggetto diretto a tenir. Breuer integra cel prima del verbo.
1471-1472 Rima equivoca a livello semantico date le due diverse accezioni del verbo tenir.
1471-1472 I versi, secondo l’ordine con cui sono riportati dal ms., devono essere stati scambiati.
1473 Per il senso è molto probabile che la negazione sia da espungere.
1475 olt: oit, con scambio di lettera oppure per influenza della forma veneta oldire (cfr. Bertoletti 2005, pp. 59-60).
1480 puent: Vd. nota al v. 1469.
1494 sposance: puissance.
1501 Les: La presenza del morfema -s del plurale è segno di incomprensione del passo o, molto più probabilmente, del sistema della declinazione.
1503-1504 La mano β interviene più volte nel testo aggiungendo una -e in forme in cui sarebbe normalmente presente in fr. per via di una desinenza femminile, tuttavia in questo caso l’integrazione in pecée e mangée risulta irrazionale.
1515 «Le rispose l’angelo: ‘Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo’», Lc 1, 35.
1518 veges: veies, con scambio di lettera tra j e g.
1522 le saint: La lezione tràdita, come giustamente ipotizzata da Breuer, è frutto di un’incomprensione del passo che ha mutato una precedente forma come lisant, gerundio del verbo lire.
1524 nasceit: naisseit, imperfetto di naistre. Breuer considera questa forma una corruzione dovuta a uno scriba di un precedente e più regolare perfetto nasqit, rispettando così la rima.
1525 Caïrent: 3a pers. plur. del perfetto del verbo cheïr.
1525 entere: L’aggettivo avrebbe il significato di ‘integri’ che per il contesto è poco adatto e in più crea un’evidente ipermetria. Potrebbe essere inteso, inoltre, come una variante en tere rispetto al precedente a tere presente nell’interlinea e intrusasi nel testo.
1527 colus: È possibile che si tratti di una corruzione per couls < collum FEW II-2, 911 o, più probabilmente, per il sostantivo colones in riferimento alle colonne che sostenevano gli idoli di cui si parla come quelle nominate ai vv. 423-443 e 1433.
1528 enveirent: enveierent.
1531 caïra: Il tempo futuro del verbo è incompatibile con il senso del passo ed è probabilmente frutto di corruzione. Breuer propone di emendare in caï al perfetto.
1536 naiscra: naistra.
1548 avoint: Variante di avoient, con un accordo tra il verbo alla 3a pers. plur. concordato e il soggetto singolare dovuto all’influenza linguistica delle varietà venete, anche se non è da escludere che possa trattarsi di un più semplice fenomeno di epentesi nasale (vd. Lingua).
1548 enpecei: ‘ostacolare’, ‘trattenere’ < ĭmpĕdĭcare FEW IV, 579.
1549 da: Preposizione it. da.
1551 reconvrast: La forma tràdita del verbo recovrer pare dovuta o a un fenomeno di epentesi nasale o a uno scambio di lettera tra n e u.
1553 Tot: È necessario intervenire nel verso tràdito che non dà un senso soddisfacente. Pare assai probabile che il verso sia stato inteso da un copista come un inciso con munde e delivre come congiuntivi di desiderio e non come attributi, alterando così tot in un pronome nos dipendente dai due predicati.
1555 chi: Variante grafica del pron. rel. qi.
1559-1560 Nei due versi la narrazione fa temporaneamente uso del presente storico.
1564 sis: ses.
1566 traiz: Per il senso corrisponde a una forma di perfetto di traire, normalmente in francese resa come traist.
1568 leis: Variante di lis, 1a pers. sing. dell’indicativo presente di lire.
1571 De: Breuer propone di emendare il de in ne dato che poësté e posançe sono sinonimi.
1572-1576 Il senso del passo sembra essere stato frainteso: dato che il battesimo come sacramento libera l’individuo dal peccato originale la presenza della negazione al v. 1572 è impropria, inoltre al v. 1573 Des qe tant qe va piuttosto inteso come Jusque (à) tant qe.
1574 anco ancor: La compresenza delle due forme, dove anco è una variante di anche nelle varietà italiane, appare evidentemente ridondante per il senso e può essersi prodotta per intrusione di una variante in interlinea o per dittografia.
1575-1576 L’uso della preposizione de con il verbo lier può forse essere inteso come complemento d’agente, un uso linguistico che rimanderebbe all’area italiana.
1580 Teius: Variante di tieus.
1584 caçent: chacient.
1592 enssit: Forma di perfetto del verbo issir.
1595 arecëu: Forma di receveir con aggiunta del prefisso a-.
1599 veïr: Per la forma veïr vd. nota al v. 1262. Qui è possibile, tuttavia, che le due sillabe confluiscano eccezionalmente in un dittongo per ragioni di rima oppure che vi sia assonanza.
1603 ac[u]eli: Participio di acueillir con l’ausiliare a collocato al verso successivo in enjambement.
1605 martiri: Il sostantivo presenta un morfema del masch. plur. in -i dell’italiano.
1609 servunt: Forma con desinenza -unt analogica su verbi come sunt e, come indica la rima, portatrice di accento.
1616 volunt: Vd. nota al v. 1609.
1626 segures: sëures.
1629 les: L’aggiunta del morfema -s nell’articolo masch. sing. al cas regime è dovuta o a un’incomprensione del sistema della declinazione o a una dittologia.
1636 presentemente: presentement. Il termine può significare ‘immediatamente’, ma talvolta assume anche il senso di ‘personalmente’ (vd. AND presentement).
1638-1640 Non è chiaro il referente del pronome personale all’oggetto diretto che nei vv. 1638-1639 è al femminile, mentre al v. 1640 è al maschile: o si tratta del masch. Deu o del femm. merci. Nel primo caso i due pronomi alla forma la sarebbero dovuti a un intervento successivo che li ha modificati perché concordassero con merci, nel secondo caso sarebbe invece da considerare la forma le come un femminile.
1641-1642 Figura etimologica tra servise e sert.
1648 Por qoses qe: L’espressione corrisponde alla locuzione congiuntivale Par cause que con valore causale (vd. DMF cause I.A.2.c.).
1649 la: Il pronome femminile si riferisce a aute merite al v. 1643.
1651 se convient: L’uso di convenir con il pronome si riflessivo è un italianismo sintattico.
1653 Figura etimologica tra travailler e travaille.
1659 valoit: Il verbo alla 3a pers. sin. concordato con un soggetto plurale è dovuto all’influenza degli usi linguistici di area veneta.
1661 qes: quels.
1663 puent: Vd. nota al v. 1659.
1665 pieç e oreilles: Il significato delle forme tràdite evidentemente corrotte è ricavabile anche grazie al contesto che richiama in modo abbastanza esplicito il Salmo 115 nella sua dura critica all’adorazione degli idoli. In particolare ai versetti 6 e 7 del testo biblico si parla delle orecchie e dei piedi degli idoli: «hanno orecchi e non odono», «hanno piedi e non camminano». Cfr. anche il v. 1470.
1680 Lett. ‘che io voglia mai che si dica’.
1681 L’influenza del precedente l’en die ha favorito il passaggio di deie in die.
1682 ymeje: image.
1693 Qe il sofreit: Un’incomprensione del senso del passo deve aver modificato il testo in quanto la lezione tràdita Qe il sofreit si riferisce evidentemente a Cristo, mentre dal v. 1693 si tratta di un nuovo soggetto, del fedele che deve farsi il segno della croce e pregare per salvare la propria anima. Breuer, quindi, interviene mettendo a testo Cil qi fereit.
1699-1701 La ripetizione di sofrir in rima non rende necessario intervenire nel v. 1700 (ma si vedano anche i vv. 2251-2252 che presentano un contesto simile e in cui a rimare tra loro sono sofrir e ofrir). Inoltre, sono presenti vari esempi dell’uso della preposizione a di fronte all’infinito dipendente da soffrir in fr. (vd. DMF soffrir I.B.2.b.).
1703 direit: Il periodo ipotetico richiede un condizionale di 3a pers. sing., mentre la forma tràdita alla 2a pers. plur. del futuro è probabilmente dovuta all’influenza di aiez al verso precedente.
1705 esauzer: essaucier, ‘elevare’, ‘esaltare’, < exaltiare FEW III, 257a.
1706 L’allusione all’assenza dell’imperatore risulta poco chiara dato che il discorso viene proferito di fronte a tutta la corte in cui è presente anche l’imperatore (cfr. vv. 1365-1376).
1712 Amen: La lezione del ms. presenta una forma di imperativo del verbo amer a cui è senz’altro preferibile la formula amen come chiusura della preghiera.
Vv. 1712-1814: Il lungo discorso di Caterina riesce a muovere a conversione migliaia di persone che abbracciano la nuova fede a costo del martirio per mano dell’imperatore, prefigurando ciò che accadrà a Caterina (vv. 1712-1768). Anche la santa viene imprigionata ma miracolosamente la torre in cui era reclusa crollò (vv. 1769-1793). In forma visibile gli angeli scendono dal cielo e accolgono le anime dei martiri (vv. 1794-1814).
1719 crïent: Oscillazioni tra l’uso dei tempi passati e del presente storico.
1721 venir: L’uso di venir con la preposizione por non fornisce un senso soddisfacente. Piuttosto, come proposto da Breuer, è possibile ritenere che a testo ci fosse tenir por che ha l’accezione di ‘essere fedele a’ (cfr. DMF tenir IV.B.3.a).
1724 demandeint: La desinenza -eint si riferisce a una 3a pers., con inserzione di i da attribuire verosimilmente alle oscillazioni nei dittonghi, a meno che che si tratti di una desinenza di imperfetto -ei(e)nt. In ogni caso il discorso diretto alla 1a pers. non è ancora terminato e dev’essersi prodotto uno scambio di persona a causa di un’errata comprensione del passo.
1726 L’emendazione si rende necessaria data la forte riconoscibilità della formula di giuramento.
1733 Si ricava che l’imperatore è assente nel momento della conversione della sua stessa gente, come lo era anche durante il lungo discorso di Caterina (cfr. v. 1706), seppure inizialmente fosse chiaramente presente nel luogo dei sacrifici (cfr. vv. 1365-1376).
1734 et: Il ms. riporta la nota tironiana laddove invece sarebbe necessario un ausiliare del successivo participio. È probabile che a testo vi fosse un ont che per un errore di lettura è stato mutato in et.
1735 Temporaneo passaggio della narrazione al presente storico e al congiuntivo presente nel riportare gli ordini dati dall’imperatore.
1750 età: Viene usata la forma italiana in luogo del fr. eage.
1750 es: La forma corrisponde al raro dimostrativo es/eps derivato dal lat. ipse. Per il significato è accostabile a meïsme, seppure si tratti di una forma arcaica utilizzata solamente in alcune locuzioni avverbiali (cfr. Moignet 1984, p. 44).
1754 auters: autre.
1758 Breuer propone di mutare numbres in numbrer, seppure l’intervento non risulti necessario e si possa tenere a testo il sostantivo. Ne può essere inteso sia come negazione che come pronome, anche se in francese tendenzialmente si avrebbe la negazione anche con nus come pronome.
1766-1774 Il ms. presenta un testo talvolta illeggibile a causa dell’inchiostro sbavato. Le porzioni di cui è impossibile offrire una lettura sicuro sono comunque spesso limitate ad alcune lettere e risultano perlopiù di facile integrazione, in caso contrario l’intervento di ripristino verrà discusso in nota.
1767 ocire: Le integrazioni più ovvie per la lunghezza della lacuna, la rima e il senso del passo sono aflire, come proposto da Breuer, e ocire. Tra le due alternative è preferibile la lezione ocire in quanto, nonostante non sia possibile distinguere le lettere con precisione a causa della natura dell’inchiostro, non paiono essere presenti sviluppi verticali delle lettere che rimandino all’asta verticale di f.
1769 Sainte: Appare qui per la prima volta nel racconto l’epiteto di ‘santa’ attribuito alla protagonista che ha ormai manifestato pubblicamente la sua fede e ne sta pagando le conseguenze.
1770 la fonz: Per il senso è probabile che si debba intendere più che ‘la fonte’ come le fond a indicare la parte inferiore della torre.
1771 negote: ‘niente’. Si tratta chiaramente alla forma it. negotta, per cui si veda Rohlfs 1967, p. 218.
1772 esseles: aisseles < axĭlla FEW XXV, 1281a.
1772 De q[...]: L’integrazione più verosimile e meno invasiva consisterebbe nell’ipotizzare a testo la congiunzione causale de qe seguita dalla preposizione als o aus da cui dipende il sostantivo esseles.
1781-1788 Il prodigioso collasso della prigione dove è rinchiusa Caterina, la quale peraltro rimane illesa nonostante l’evento, con ogni probabilità accoglie la suggestione proveniente dal racconto della liberazione di Paolo e Sila dal proprio carcere per opera di un miracoloso terremoto, come narrato negli Atti degli Apostoli (cfr. At 17, 26).
1782 barbeqenes: < pers. bālāḫānā FEW XIX, 20a.
1783-1784 Poliptoto tra fundirent e fundi e paronomasia con fundament.
1785 ceaï: La forma è frutto di un intervento della seconda mano che interviene su chaï evidentemente per correggerlo ritenendo la a come tratto troppo italiano, seppure tanto caï quanto cheï siano forme presenti nei testi fr.
1786 ceuf: chief.
1791 pristent: La forma pristent presenta la caduta della seconda r per dissimilazione ed è ben attestata nel RIALFrI, tuttavia qui non rispetta il vincolo rimico ed è probabilmente frutto di un intervento seriore.
1794 veet: Si tratta molto probabilmente di un indicativo imperfetto del verbo veeir con sincope di i, altrimenti si potrebbe considerare come una forma di presente rifatta sull’it. vede.
1796 les: Non è chiaro che significato abbia tale forma nel testo dato che descendre in questo caso è intransitivo. È dunque probabile che si tratti di una forma corrotta, si può ipotizzare di un avverbio di luogo come .
1797 recevent: La desinenza in questo caso è tonica come indica la rima con sofrirent, secondo un uso ben documentato per i testi franco-italiani (cfr. Thomas 1913, p. CXXIV).
1800 Il verso, secondo l’ordine presente nel ms., sarebbe collocato dopo il v. 1809, tuttavia pare essere stato spostato dalla sua sede originaria scombinando la sequenza dei distici.
1801 carçer: chartre.
1803 cirge: cierge < cēreus FEW II-1, 604b.
1804 en un mont: ’uno sopra l’altro, in un mucchio’ (cfr. DMF mont B.1.)
1805 migté: moitié < mĕdĭĕtās FEW VI-1, 606b.
1809 les: L’uso del pronome les con funzione di soggetto è un tratto che denota una scarsa conoscenza della declinazione del fr., seppure possa essere frutto della corruzione di altre forme pronominali altrove presenti nel testo come els.
1809 l’oient: La lezione riportata dal ms. è sospetta di corruzione rispetto al precedente . Il senso richiederebbe, infatti, una forma dell’ausiliare avoir. La rima con loeirent indica che a testo poteva esserci stato un perfetto orent o la forma averent attestata nel corpus franco-italiano.
1810 Beneïsent: La forma tràdita è al tempo presente e, seppure spesso ci siano oscillazioni nel testo nell’uso del presente storico, il verbo in questo caso è coordinato a un perfetto ed è quindi probabile che fosse originariamente una forma al perfetto.
1810 loeirent: loerent.
Vv. 1818-1886: I nobili romani chiedono all’imperatore di potersi congedare dalla corte ma il sovrano chiede loro di restare finché non avrà posto rimedio all’affronto ricevuto da Caterina (vv. 1818-1870). L’imperatore sposa quindi la cugina di Caterina (vv. 1871-1886).
1821 qi: Vd. nota al v. 1391.
1822 enpencei: È possibile, come proposto da Breuer, che la forma tràdita sia una corruzione del participio creancei del verbo creancer ‘promettere’, ‘garantire’, un denominale derivato da creance < *crēdĕntia FEW II-2, 1303a-b. La rarità della forma avrebbe favorito l’insorgere della corruzione.
1825 de lome: Probabile corruzione della locuzione avverbiale de loign con il senso di ‘da lungo tempo’.
1836 a pasé: Costruzione impersonale del verbo passer che marca la distanza temporale rispetto a un avvenimento passato (vd. DMF passer I.B.1.a).
1840 loir: lor.
1846 lei: ele.
1846 sum: sunt, con caduta di -t spesso reso nella grafia e scambio di lettera tra -n e -m.
1849 cuidei: cuideie, con apocope di -e.
1854 lïeir: lïer.
1861 Si può intendere la terra in senso meramente fondiario, per cui la cugina erediterebbe i beni immobili della famiglia di Caterina, come anche più in generale, in quanto appartenente alla famiglia reale, il diritto di governare l’intera a regione che sarebbe poi spettato a chi avesse sposato la giovane.
1862 lle: Il pronome le riferito a un sostantivo femminile è attestato in alcune varietà del fr. (vd. Buridant 2000, p. 418), a meno che non si tratti di un pronome neutro anaforico.
1866 preu: Vd. nota al v. 1418.
1869 plait: ‘disputa’, ‘processo giudiziario’, anche ‘tribunale’, < placĭtum FEW IX, 6b, 7a.
1870 ai dit de faire: La subordinata dipendente da un verbum dicendi e retta dalla congiunzione de è chiaramente da ascrivere ai tratti linguistici di origine italiana.
1885 ensir: Vd. nota al v. 1592.
1885 deporter: La lacuna che ha inizio al verso successivo non dà certezze circa l’esatta accezione del verbo. Il senso primario di ‘portare via’, unitamente alla richiesta di congedo nominata al verso precedente, potrebbe far pensare che si stia parlando della partenza dei romani che avevano fatto richiesta all’imperatore di andarsene e che era stata loro concessa (v. 1865), per quanto si parli ancora di romani presenti in città anche in seguito (vv. 2219-2220). È più probabile, dunque, dato il contesto dello sposalizio, che deporter abbia qui il senso di ‘divertire’ e che vengano descritte le forme di intrattenimento che la corte mette in scena per la festa.
1886 La lunghezza della lacuna è difficilmente quantificabile ma potrebbe in questo caso riguardare anche una porzione non esigua di testo narrando la cerimonia e i festeggiamenti per il matrimonio tra l’imperatore e la cugina di Caterina.
Vv. 1887-2078: La nuova regina va a visitare la parente reclusa insieme al comandante Porfirio e ad alcune donne. Nella prigione assiste a vari fenomeni miracolosi e, a seguito di un intervento di Caterina che la persuade della transitorietà dei beni terreni (vv. 1924-1994), si converte e vive un’esperienza mistica pari a quella della cugina (vv. 1996-2052). Sull’esempio della regina anche Porfirio e le altre dame abbracciano la fede cristiana andando quindi incontro all’inevitabile martirio (vv. 2053-2078).
1888 ele: Ele si riferisce evidentemente alla cugina di Caterina, anche se sarebbe forse possibile con una minima integrazione leggere qe l’en in senso impersonale, in quanto la donna era ormai diventata regina e ci sarebbe una certa ridondanza con il verso successivo in cui si nomina la stessa reïne. In ogni caso la lacuna non permette di stabilire con sicurezza simili aspetti del testo.
1899-1900 Figura etimologica e rima inclusiva tra domandé e mandé.
1902 La narrazione presenta alcune oscillazioni nell’uso dei tempi passati e del presente storico.
1903 Qe le volsist: Breuer propone di emendare in Q’ele i voist, un intervento che tuttavia non risulta affatto necessario per il senso.
1917 li: È possibile che la forma corrisponda a un avverbio di luogo dell’it. , a meno che non si tratti di una corruzione del pronome il.
1920 fuses: La terminazione in -es è dovuta a un errore scribale causato dal successivo tutes o dal precedente espices. Si può dunque ipotizzare che a testo precedentemente si leggesse fussent o, dati i frequenti accordi tra verbo alla 3a pers. sing. con un soggetto plurale, fust/fusse.
1920 en un mont: Vd. nota al v. 1804.
1919-1920 Rima equivoca.
1929 qe: Impiego di qe privo di preposizione come complemento determinativo (vd. Lingua).
1929 sponse: espose.
1935 Cfr. DMF neant I.A.3.
1939 cel: La -e del femminile in questo caso può essere caduta per aplografia.
1942 L’inchiostro è sbavato e alcune lettere risultano illeggibili.
1943 Forse che: L’avverbio forse è un evidente italianismo. Inaccettabile per il senso la congiunzione fr. fors qe ‘eccetto che’, ‘a meno che’.
1954 Mo’: Avverbio in uso nelle varietà italiane con il significato di ‘ora, adesso’ (vd. Rohlfs 1969, p.269 e Boerio 1867, p. 419).
1958 apuiçe: apoier, < appŏdiare FEW XXV, 41b. La grafia segnala l’esito /dz/ del nesso dj nelle varietà it. sett. (si veda ad esempio Tomasin 2004, pp. 142-143).
1960 apuia: La desinenza in -a parrebbe riferirsi al tempo presente dato che il verbo è coordinato con apuiçe, nel qual caso si tratterebbe di un tratto dovuto all’influenza dell’italiano anche se un perfetto in un contesto gnomico sarebbe accettabile (vd. anche i vv. 1453-1454).
1960 qe: Si può intendere qe come congiunzione causale o come pronome relativo riferito a richeces.
1963 Dex: Grafia x per us.
1973-1974 I due versi, nell’ordine in cui li riporta il ms., devono essere stati erroneamente invertiti creando un testo assai deteriore per il senso.
1978 soinz: Vd. nota al v. 554.
1981-1982 Rima equivoca.
1981-1987 «Come un sogno al risveglio, Signore, quando sorgi, fai svanire la loro immagine», Sal 73, 20. «Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte», Sal 90, 4. Si vedano anche i vv. 973-974.
1992 s’en: È possibile che il pronome tràdito, per uno scambio di lettera tra s e t, fosse originariamente una 2a pers. sing. come propone Breuer, tuttavia la lezione del ms. non è inaccettabile e coinciderebbe con una costruzione con il si passivo (vd. Lingua).
1994 mensogne: Benché lo sviluppo del nesso nj in /ɲ/ sia presente anche in francese (vd. DÉAF mençogne) è probabile che qui si tratti di un italianismo rispetto alla più comune forma mensonge.
1995 piçola: Forma tipicamente italiana settentrionale in luogo del fr. petite.
1997 vie: La forma risente certamente dell’it. via, anche se la rima con saveie indica che è probabilmente frutto dell’intervento di un copista rispetto a un precedente veie.
1998 sel: Il pronome neutro le è cataforico e si riferisce alla frase successiva.
1998 Poliptoto tra saces e saveie.
1999 exlire: eslire, < eligere FEW III, 213b.
2000 La preposizione por seguita da un verbo all’infinito ha in questo caso il valore di concessiva (vd. Ménard 1994, p. 168).
2000 La regina si è convinta, secondo le argomentazioni di Caterina, che neppure la sua condizione di consorte dell’imperatore le garantisce un’esistenza sicura, mentre l’unica forma di esistenza certa è quella che si affida alla fede cristiana.
2002 Il verso contiene una formulazione parzialmente contraddittoria con la precedente dichiarazione di non allontanarsi mai dalla via della fede qualora le fosse stata mostrata. È possibile che a tenir piuttosto dell’idea di ‘mantenere’ la strada vada in questo caso attribuita quella di ‘imboccare’ la strada.
2005 La narrazione si serve per qualche verso del presente storico.
2029 L’incoronazione può indicare il raggiungimento di una condizione di gloria e beatitudine prossima a quella della Madonna che viene definita più volte nel testo come «reïne coronee», anche se in questo caso può anche significare più specificamente la corona del martirio.
2042 Nella narrazione si fa uso di alcuni verbi al presente storico.
2046 celles: Nonostante la presenza del morfema -s si ricava dal verso successivo che si tratta di un singolare e non di un plurale.
2046 amont: Forma avverbiale dal lat. mons (FEW VI-3, 84-86b, 88).
2047 Cel: La -e del femm. potrebbe in questo caso essere stata elisa di fronte a est.
2048 creisse: creist.
2060 onsase: osasse, con esito on del dittongo latino au tipico dei testi veronesi. Vd. nota al v. 118.
2060-2062 Il breve intervento di Porfirio segnala l’avvenuta conversione anche del nobile romano. Egli chiede se, tra tante dame pronte a servire Cristo, potesse aggiungersi anche un cavaliere come lui.
2065 pur: La forma pare corrispondere all’avverbio italiano pure.
2066 voleit: L’uso del verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plurale è dovuto all’influenza degli usi linguistici veneti.
2065-2066 Rima inclusiva.
2070 s’est rendu: Se rendre indica l’atto di arrendersi o di affidarsi a qualcuno, in un’accezione secondaria anche di ‘abbandonarsi a Dio’ (vd. DMF rendre I.D,2.a.-b.). In questo caso è probabile che il verbo abbia la valenza della resa secondo il punto di vista dell’imperatore.
2071 procein: < *prŏpeanus FEW IX, 450a.
2074 L’irrazionale forma tràdita deve essersi prodotta per la caduta di un’abbreviazione.
2078 a glaive: Vd. nota al v. 66.
Vv. 2078-2148: L’imperatore riunisce la sua corte e a prendere la scena è un nobile romano che tiene un discorso sull’onore e la potenza di Roma, la quale viene ora oltraggiata da una donna. Consiglia quindi all’imperatore di ucciderla per mettere fine ai suoi inganni.
2080 e: Vd. nota al v. 514.
2086 lue: lui.
2088 ci: È possibile, come proposto da Breuer, integrare una -l e leggere cil come pronome, con il vantaggio di segnalare il cambio di soggetto, dato che ad alzarsi è il nobile.
2090 Gant: Gand, città fiamminga protagonista del commercio di tessuti nel Medioevo.
2093 maut: mout.
2095 orfreis: Vd. nota ai vv. 445-446.
2098 canu: chenu < canūtus FEW II-1, 239a.
2108 meçe: meche < myxa FEW VI-3, 323b. Il termine indica lo ‘stoppino’ inteso come insieme di fili intrecciati, mentre qui indica evidentemente un insieme di peli della barba.
2109 granons: Vd. nota al v. 1315.
2123 La narrazione che fa uso di verbi ai tempi passati si serve qui anche del presente storico.
2124 mei: mais.
2129 La lacuna non incide sensibilmente nella comprensione del testo e riguarda probabilmente un numero limitato di versi.
2130 gereiassent: guerreier < ant. francone *werra FEW XVII, 568a.
2132 avront fat: È possibile che siano cadute delle lettere e che si debba leggere un condizionale avroient, tuttavia intervenire sul verbo al futuro non è strettamente necessario in quanto può perfettamente trattarsi di un periodo ipotetico misto con la protasi al congiuntivo imperfetto per indicare la possibilità e l’apodosi al futuro per indicare la certezza del fatto (vd. Buridant 2000, p. 633). L’uso del futuro perfetto marca ulteriormente il senso di certezza della conseguenza.
2132 ‘Faire droit à qqn’ significa ‘rendere a qqn ciò che gli è dovuto, fare giustizia (a qualcuno)’ (cfr. DMF droit A.1., B.4.e.), tuttavia, dato che il soggetto di gereiassent sono molto probabilmente i Romani, è assai probabile che qui abbia il senso di ‘prendere possesso’, con li da intendere come le articolo maschile al cas sujet.
2135 vitupere: ‘infamare’, vituperer < vituperare FEW XIV, 572b.
2138 Si noti il cambio nell’uso del deittico dal vos al tu, qui utilizzato per dare vivacità al discorso (vd. Buridant 2000, p. 421).
2138 ti: Vd. nota al v. 648.
2141 face: Congiuntivo iussivo. La forma è priva della -s della 2a pers. sing.
2145 La mancanza del pronome oggetto è spiegabile con la caduta di una forma la di fronte a laiser per aplologia.
2146 enivre: enivrer < ēbrius FEW III, 201b. Il senso primario del verbo è quello di ‘ubriacare’ e, in senso traslato, quello di ‘irretire’.
2148 li: Il pronome femminile dell’oggetto diretto riferito a gent occorre nella forma tonica in luogo di quella atona come accade al v. 2151.
Vv. 2149-2288: L’imperatore emette un ordine di cattura per Caterina che viene prelevata dalla prigione dopo aver recitato una preghiera di affidamento a Dio in cui la santa esprime ancora una volta il proprio disprezzo per la vita terrena (vv. 2149-2185). Portata alla presenza dell’imperatore che la critica aspramente la donna risponde sprezzante e il sovrano pronuncia infine la sentenza di morte per decapitazione (vv. 2186-2218). Viene quindi condotta al luogo dell’esecuzione dove, prima di morire, recita una preghiera con cui ottiene da Dio la grazia di diventare, dopo la morte, una figura di intercessione e di ausilio per chi si rivolgerà a lei (vv. 2219-2288).
2151 li: Si riscontra l’uso della forma tonica invece dell’atona per il femminile singolare all’oggetto diretto, cfr. v. 2148.
2154 Vient: L’uso del verbo alla 3a pers. sing. concordato con un soggetto plurale è dovuto all’influenza degli usi linguistici veneti.
2154 isnelement: < ant. francone *snel FEW XVII, 159b.
2159 fais: Il senso richiede evidentemente un perfetto e non un presente. È possibile che fosse presente a testo una forma feïs in cui è occorso uno scambio di lettera tra e e a, considerando anche le numerose oscillazioni tra i dittonghi ai e ei che possono aver favorito tale scambio.
2161 consa: chose, vd. nota al v. 118.
2162 porreture: < pŭtrēscĕre FEW IX, 641b. Il termine indica la ‘decomposizione’ e, in senso traslato, anche la ‘corruzione morale’.
2163 vasel: vaissel < vascĕllum FEW XIV, 190a. Il vocabolo ha il significato di ‘contenitore, vaso’, mentre in questo caso indica il ‘corpo umano’ (vd. DMF vaisseau II.B.).
2164 guasté: < vastare FEW XIV, 202a,204-205b.
2164 tot: Participio del verbo tolir con il senso di ‘sopprimere, far sparire’ (vd. DMF tolir C.).
2163-2164 Sulla scorta di quanto proposto da Walberg (Walberg 1925, p. 337) al v. 2163 sarebbe possibile emendare il tràdito qe seua sel in de ce vasel, mentre al v. 2164 egli legge nel manoscritto rot in luogo di tot, una lezione effettivamente più piana per il senso e che formerebbe una rima inclusiva con corot assai coerente con lo stile dell’opera. Accogliendo tali interventi la traduzione sarebbe ‘E sai di questo corpo corrotto e rovinato come subito si distrugga’.
2167 feblité: < flēbilis FEW III, 616a.
2173 È possibile, come proposto da Breuer, leggere dont in luogo di donc riferendo il pronome relativo a mond.
2175 I due verbi al condizionale presente e al congiuntivo imperfetto presenti nell’apodosi bipartita si possono considerare equivalenti sul piano del significato.
2175-2176 Vd. nota ai vv. 871-872.
2184 arecorde: Forma del verbo recorder, con aggiunta del prefisso a-.
2185 recreis: recreist.
2187 oit: La forma verbale alla 3a pers. sing. concordata con un soggetto plurale può essere dovuta all’influenza degli usi linguistici veneti oppure è dovuta all’influenza di oit al verso precedente.
2197 aïdier: Una scansione trisillabica del verbo che renderebbe il verso isometro è ben attestata in fr. (vd. Lanly 1995, p. 119).
2199 L’uso del presente storico nella narrazione che altrove fa uso solamente di tempi passati qui è spiegabile anche per le necessità della rima.
2205 caïé: Participio del verbo cheoir.
2212 Il testo è probabilmente corrotto in quanto ci si riferisce al muro di cinta cittadino con il sostantivo mur al singolare, quando invece sarebbe richiesto un plurale come al v. 2216.
2222 L’accordo tra un soggetto singolare e il verbo alla 3a pers. plur. può essere dovuto in questo caso a una concordatio ad sensum permesso anche in fr. e non solo all’interfereze degli usi linguistici veneti come spesso capita altrove nel testo.
2226 escaiter: esguaiter, ‘spiare, sorvegliare’, < ant. francone *wahta FEW XVII, 454a.
2230 desfublee: desfubler < affībŭlare FEW XXIV, 250a.
2232 pre: Si tratta molto probabilmente della preposizione per/par, frequentemente usata in antico francese per rafforzare altre preposizioni (vd. Ménard 1994, p. 287).
2232 peron: perron < pĕtra FEW VIII, 315b.
2235 la: Al pronome cataforico dell’oggetto diretto per il senso sarebbe forse preferibile una forma all’oggetto indiretto li riferita a Caterina.
2238 ille: ele.
2244 avria: Forma di condizionale in -ia it. sett. corrispondente al fr. avroie.
2245 retraisse: retraist.
2245-2246 La rima tra istoire e memorie è possibile solo se la metatesi interviene o meno in entrambe le forme allo stesso modo. È tuttavia impossibile stabilire con sicurezza su quale delle due lezioni intervenire.
2246 çe: ge.
2248 sofreis: sofris, con desinenza del perfetto forte in -eïs analogica su verbi come faire.
2248-2252 Disposizione chiastica tra le forme del verbo sofrir e ofrir.
2252 Per l’integrazione del pronome si veda il v. 2259.
2258 remixion: remission.
2261-2262 L’autore fa qui riferimento per bocca della protagonista alla sua stessa opera.
2269 li: Forma pronominale all’oggetto indiretto usata per l’oggetto diretto.
2274 avrai: Breuer mette a testo avra, un intervento comunque non necessario per il senso.
2278 el: Cfr. nota al v. 24.
2279 çe: Vd. nota al v. 2246.
2283 La forma tràdita del participio in -à corrisponde a quelle presenti in alcune varietà venete ed è inaccettabile per la rima.
2289 Caterina si rivolge al suo aguzzino.
Vv. 2289-2320: A Caterina viene tagliata la testa ma miracolosamente dal suo corpo non uscì sangue ma latte (vv. 2289-2300). Avviene quindi la traslazione del corpo della santa fino al monte Sinai per opera di alcuni angeli (vv. 2301-2315), dove i resti della santa continuano a produrre una sostanza oleosa (v. 2316-2320).
2291 fert: La forma tràdita si riferisce a un indicativo presente di 3a pers. sing. ed è dovuta verosimilmente a un mancato riconoscimento dell’inizio dell’allocuzione che richiederebbe invece l’imperativo fer.
2297 [l’]a: L’inchiostro sbiadito non consente di leggere completamente la lettera di cui è visibile solo l’estremità inferiore di un’asta.
2298 sange: sanc, con interferenza dell’it. sangue.
2299 la sanc: Vd. nota al v. 518.
2308 l’[en]: L’inchiostro è sbiadito e non consente di leggere con sicurezza le due lettere.
2314 Lett. ‘con il suo dito’.
2316 oleu: Forma aderente al lat. oleum in luogo del fr. uile che potrebbe provenire da una fonte latina a cui ha attinto l’autore della Vita.
2317 est: eist, indicativo presente alla 3a pers. sing. del verbo issir. Date le frequenti oscillazioni nei dittonghi è difficile determinare se tale forma fosse accettabile nella lingua dell’autore o vada attribuita all’intervento di un copista, sebbene la sovrapposizione con la forma est di estre sia evidente.
2318 l’atendreit: Il verbo atteindre ha qui il significato di ‘prendere, afferrare’ (cfr. DMF atteindre B.1.a) anche se in tale contesto sarebbe preferibile il verbo tenir con il senso di ‘conservare’, a meno che atteindre non risenta del significato di ‘estrarre, attingere’ attribuito all’it. attingere (cfr. TLIO attingere 2). Va notato, comunque, che il verbo attingere ha scarse attestazioni in area italiana settentrionale e nessuna nell’accezione di ‘estrarre’: il Corpus TLIO riporta per il lemma alcune attestazioni solamente da Bonvesin da la Riva, Jacopo della Lana e Nicolò de Rossi. Se si volesse, invece, leggere la tendreit si dovrebbe o ritenere che la sia una forma errata per le o che oleu sia femminile come attestato per sal e sanc nel testo, seppure un uso ambigenere degli altri due sostantivi sia ben attestato nel Corpus TLIO, mentre per olio ciò non sia testimoniato altrove né nel Corpus TLIO né nel RIALFrI. È possibile ritenere, in conclusione, che si tratti di una forma del verbo tenir con prostesi di a-, secondo un uso ben attestato nei testi franco-italiani.
2319-2320 I verbi alla 3a pers. sing. concordati con un soggetto plurale sono dovuti agli usi linguistici di area veneta.
Vv. 2321-2332: L’opera si chiude con la voce dell’autore che si rivolge ai propri lettori invitando tutti alla preghiera, con il desiderio di arrivare un giorno al Regno dei Cieli. L’uso di terminare l’agiografia con tali orazioni è tipico del genere: si veda ad esempio la conclusione de La Vie de Saint Gilles che ha toni ed espressioni molto simili a questo passo (Laurent 2003, pp. 234-235).
2323 çe: Vd. nota al v. 2246.
2326 Qi: Vd. nota al v. 213.
2327 qi: Vd. nota al v. 1391.
2328 dunt: dont, congiuntivo presente alla 3a pers. sing. del verbo doner.
2331 qe: Uso apreposizionale del relativo qe con senso locativo.

 

 

De laiser les mauvais penser

Ai pensé mainte fez a fer

E quant je unqes plus i pens

De tant m'i trois de menor sens,

5

Car unqes ne poit trespaser

Un jorn inter sanz malpenser.

Mais ore ai un sens trové

E l'ai huimés bien exprové,

Qe altre conseil n'i a mais,

10

Car, quant ge voil tenir en pais,

M'en convien de penser malvaistez.

Si pens de faire un bel ditez

D'un bel exemple o d'une istorie,

Qui toz jorn mais est en memorie

15

A ceus qui la trovent escrite.

Car quant une istorie est bien dite

Et extreite de verité,

Mult torne a grant utilité

E a grant honor a maint home.

20

Je vi a San Silvestre a Rome

En un passional escrite

La passion tota e la vite

D'una sainte, qui puis a feit

A ceus a qi el ai retreit,

25

Maint grant consolation.

E por çe voil sa passion

Reconter briement e sa vite,

Si come ge la vi escrite

El libre, qe je vos ai dit.

30

Mais bien i a tel chose escrit

Qe n'ai pensé de retraire,

Qe trop me greverent de faire.

Mais si vos conterai briement

La soa vita solement;

35

Car tant cum l'estorie est plus breve,

Si plaise plus et mens agreve.

Asez avez oï pieza

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La ley del novel testament

40

E ge novelli ensegnament,

Qe les apostres ensegnerent,

Qi par le munde prehicherent.

Fin taint qe Saint Silvestre vint,

Qe la Cristinité mantint,

45

Erent li saint martirïei:

L'uns ars, l'autre crucifïei,

L'uns escorchei e l'autre ocis,

Qi batu, qi lïé, qi pris,

L'autre occïent hun autrement

50

D'autre maunere d'entorment.

Adunc les conveneit morir,

Ausi cum vos poez oïr:

Qi ne voloit Deu reneier,

Toz les faseit martirïer

55

L'enperaor e toz oucire.

Nus n'esteit qi pëust desdire

Zo que l'enperaor diseit.

Par totes les teres faseit

Les saint cercier et demander

60

E faseit as reis comander,

A consols et a poëstez,

Qi estoient par les citez,

Qe çascun feïst par sa terre

Çercher les Cristïens et qerre

65

E puis les fist a martire

Toz morir e a glaive occire,

Qe neguns mais n'en escanpasse,

Qe Yhesu Crist ne reneiase.

En cel tens, qe le vos a[i] dit,

70

Si com je trovai escrit

El libre qe je vi a Rome,

Estait en Afriche un aut home,

Riche et aut et de grant paraçe.

E dit un, qe le sun lignaçe

75

Fu de Rome ancïenement.

De l'enperaor solement

De Rome et Romans teneit

Tute la tere qe il aveit.

Lo roi Cost avoit nom, ço dit

80

Li libre qe je vos ai dit.

D'Alexandre estoit rois et sire

Et ancore oïrez vos dire

A ceus qi en cele cité

Estunt et qi [i] hunt esté

85

Qe des le tens del roi Cost mais

Ne fu si Alexandre en pais,

Ne neguns raison mantient,

Si come li rois Cost bien la tient.

E se il fust rois cristïans,

90

Si cumme il estoit rois paians,

Jamas ne fust besoin de qere

Negum meilor prince de terre.

Une fille avoit solement,

Saige et cortoise estrainjement

95

Et ensegnee et bien aprise.

De saveir s'estoit entremisse

Les saet arz et bien lé savoit.

Toz les libres des arz avoit,

Toz les libres as Paiens.

100

E puis le lei dé Cristïens

Avoit grant voluntez d'emprendre,

Mes li rois la fasoit defendre.

Dir et respondre saveit

E tutes les vertuz aveit

105

Qe grant done devoit avoir:

De cortesie e de savoir,

De bien savoir joër et rire

E de beles paroles dire

Qi a dame se convenoient.

110

Tutes les dones la venoient

Vedir et oïr ad merveille.

Et estoit fresche et vermeille,

Blanche, colorie et riant,

Graile, bien feite et avenant.

115

Unques mais ne fu creature,

Qi aüsent tel aventure

Ne tel grace, com elle avoit,

Qe de totes conses savoit:

De tables, d'escas et de autre jeus,

120

Savoit de latins et de greçeus,

E si savoit si doucement

Une arpe o un estrument

O une violle soner

Et suus e de soz entoner

125

En la gigue et en la vïelle.

Et puis estoit vergen pulcelle:

Pure, veraise, droite et fine

Estoit; madame Catherine

Avoit nom: quant ela naisi,

130

Si la noma sa mere ensi.

Unques mais ne li fu toleit.

E li rois Cost bien le voloit

Q'ele ëust nom Catherine

Des qu'il plasoist a la raïne.

135

Al tens que li rois Cost morit,

Avoit l'enperaor escrit

Au roi Cost et mandé da Rome

Q'il gardast bien q'en negun home

Soe fille nen mariast:

140

A lui solement la gardast,

Car por sa muller la prendroit

E por ele solement vendront

En Alexandre cort tenir.

E fasoit les Romans venir

145

E[n] la cort et avoit mandé

Par ses letres et comandé,

Par tutes lé teres del mond

Qe il destroit de Rome sunt,

Qe de cascune tere vegneit

150

Cevalers qi la cort maintegnent;

E çascun qe face present

Por les deus espicialment

Servir et par eus onorer;

Car il les veut faire orer

155

A ceus, qi seront a la cort.

N'i sera nus, qi nes aort

E qui [n]e lor face service

O de oferte o de sacrefise.

Et il i a fait bestes venir,

160

Q'il meesme voldra tenir

A ses deus et sacrifïer.

E veut faire martirïer

Cristïens e lor ley destruire

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

165

Et ne veut qe il soit negun home

Qi ne teigne la ley de Rome.

Ainz que ceste cort se tenist

E qe l'enperaor venist,

Un an enter et plus, çeo coit,

170

Oit li rois Cost mal et morit;

Mais le jor qe il trespasa

Par davant ses barons laissa

Sa terre en garde a la raïne.

Et a sa file Caterine

175

Dist, quant l'enpereor vendroit,

Se il par moiler la vodroit,

Qe le preïst alegrement,

Qe ne poroit plus autement

Estre marïé a nul home

180

Qe a l'enperaor de Rome.

Ele respondi q'ele faroit

Volunters ce qe li plasoit,

E ce qe voldroit la reïne

E ses amis en cel termine.

185

An Alexandre la cité

Avoient ja luen tens esté

Crestïens ancïenemant.

E tenoient l'enseignement

Qe les apostres enseignerent

190

Qi par le munde preïcherent.

E devendront bian le Paien

En Alexandre Cristïen.

E avoient iglises lores

E patriarche unt il ancores,

195

Bien saint home et bien chatoliche,

A qi les Cristïens d'Aufriche

E clers e prestes qi là sunt

Encor li mostrent e li funt

Grant reverance et grant honor,

200

Si cum a peire et a seignor.

Qant Catherine aprenoit letre

Si se voloit molt entremetre

De saveir de divinité.

Un preste estoit en la cité,

205

Boin home et bone creature,

Et entendoit bien Escriture

Divine et buens librez avoit.

Mostrer et enseigner savoit

Estrangement et bie[n] autrui.

210

Cristïens aloient a lui

Por entendre de la Scriture.

E avoit strange aventure

En la tere, qi li Paien

L'amoient e li Cristïen.

215

Defors dé murs de la cité

S'estoit iloques aresté

En une glise solitaire,

Qe fist ancïenement faire

Saint Joan qi fu patriarche.

220

Et encore est illoques l'arche

O il fu mis quant il fu mort.

Une cortexelle et un ort

Et une povre maxoncele

Avoit a pié de la capele

225

O le bone home se vivoit.

Negune autre richéz avoit

Fors tant, qe li faxoient bien

Talore toit le Cristïen

Qi aloient a la zapelle

230

Qi a merveiles estoit belle.

Dedenz avoit une peture

Qi reprensentoit la faiture

De madame Sante Marie.

Mais nul home ne deïst mie,

235

Q'ela fust onqes a mains fate,

Si estoit soutilment portraite.

E li fatures estoit si faiz

E si tailez e si portraiz

Q'il estoient a toz ceus vis

240

Q'ele fust faite en paravis.

Lor vint madame Catherine

Por le cunjé de la raïne

O autres pulceles al preste,

A la glise o il soleit estre,

245

Davant sa cele, o il esteit;

Car nulle autre ovre faseit

Fors orer et libres tenir.

Q[ua]nt il vit la dame venir

Si la salue bonement

250

E la reçoit cortoisement.

La dame dist, se il voldroit

Ensegner, qe elle vendroit

A enprendre çascun jor de lui,

Si cum il ensegnoit a autrui.

255

Mult en poroit grant preu avoir,

S'ele poroit por lui savoir

E par le suin enseignement,

Par art o par espiriment,

Q'ele sëust unques prover

260

Por qoi ele poüst trover

Tel mari, cum ele voudroit.

Jamés por mari nen prendroit

Jor de sa vie negum home,

S'il fust l'enpereor de Rome,

265

Qi ne fust biaus et pruz et saçe

E cortois et de grant lignaçe,

«E qi ne me feïst segure,

Qe d'autre dame n'avroit cure

Si de moi non, ne d'autre amie,

270

Qe je nel sofriroie mie.

Et encor voldroie savoir

S'il devroit longe vite avoir;

Car s'il dëust morir si tost,

Cun fist mun pere, le rois Cost,

275

Qi mori quant il plus saveit

E quant il meilor seigle aveit

E [qi] ma mere, la reïne,

Laisa veve et moy orfanine,

Qe devroie ge devenir?

280

Qi devroit ma terre tenir?

Qe me valdroit mais ma richece,

Qe jamais n'avrai alegrece?

E por ce soy venue a vos:

Por veoir et conostre vos.

285

E si vos voil encor proier

Qe tolez de moy bon loier,

Car ge vos donrai largement.

E demandez sëurement:

Ja ne serai le don si grant

290

Si ge l'ai tel, com ge demant.

Je vos ferai devenir rice

Plus de nul cristïen d'Aufrice.»

Li prestes li a respondu:

«Madame, g'ai bien entendu

295

Vos paroles, et soutilment

Vos demandez ensagnament,

Por qoi vos po[ü]ss[i]ez savoir

Qel mari vos devez avoir.

E vos devrez ausi, por voir

300

O vos les poüssiez trovoir

Tel, qi fust a vestre talent;

E me donriez largement.

Done, ge ne sai negun home

Ne negun philosophe a Rome

305

Qe si saçe philosophia,

Nigramance ne stronomia,

Ne lé set arz, cum vos lé savez;

E toz les libres en aveç.

Et est par tot lo mund allee

310

De vostre sens la renomee.

E par vostre senz ne poez

Ço trover, qe vos demandez,

E savez tant! Or saciez bien

Qe le vostre sens n'en vaut rien.

315

Je ne voil ja cel sens avoir,

Qi au besong perd lo savoir.

Dame, se vos volez entandre,

Je croi, qe vos porez aprandre

Ço qe vos demandez, ici.

320

Veez vos ceste dame ci

Qe tent son fiz entre ses braiz?

Ele fu dame de grant solaz

E molt a en cest seigle ëu

Tot ço qi bon li a sëu.

325

Cest enfant oit d'un su mari

Qi unqes mais ne li mori

Ne qe ja mais ne li morra.

Sacez, qi a li se tornera,

Ja ne sera si esmaiez

330

Q'il ne soit alò conseilez.

Si vos li volez faire honor,

Là davant ses piez çascun jor

Trois veines sor cel paviment

E puis li dites humlement:

335

“Dama, je sui venue ci

A voz peiz et vos clam merci,

Qi estes dame de pieté.

Ne gardez a ma malvaistié

Ne a pecei qi en moy soit.

340

Ço qe je qeir, qe qe ço soit,

Qe je voil et qe j'ai en cuër,

M'otroiez, car ge le vos reqier.

Virgine, dame Sante Marie,

Dame, a bon mari me marie!”

345

E puis direz un suen salu

Qi toz dis li a bon sëu,

Si come je le vos escrirai

E bien le vos ensegnerai.»

Caterine li respondit:

350

«Sire, ço qe vos avez dit,

Ço ferai trop volunters.

Je ai or et argent et deners,

Saphirs et smeraudes biaus,

Rubins et diamanz et aqais

355

E margarites et centures

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Da samit et de soie a or.

Et autres joies ai ancor

Asez et autres joies tant:

360

Tote Alexandre ne vaut tant.

Tot li sera abandoné

Et en tot son comant doné

Et ancor plus, s'ele fai tant,

Qe je aie ço qe je demant.»

365

«Belle fille, dist li buen home,

Je vos dirai briement la some:

Ceste dame, sacez de voir,

Ele n'a cure del vostre avoir.

Ele est raïne coronee,

370

Sor totes dames honoree.

Et est dame de tot lo mond

E dé richeces qi i sont.

Elle n'a cure d'argent ne d'or,

E[inz] ele [est] done de grant tresor

375

E done del so largement.»

Lor se jeta el paviment

Caterina, ses venies fist,

Si come li prestes li dist.

Le salu li a ensegnei

380

E puis prist del preste conjei.

O ses pulçeles s'en repaire

E comence grant joie a faire

E grant legreçe a mener.

Çascun jor se fasoit mener

385

A la capelle o il faseit

Les tres veines et puis deseit

La oreison qe le preste dist.

Un an conplïement le fist

As pez de l'auter cascun jour,

390

Des qe tant qe l'enpereor

Manda por aprester la cort

E comanda qe l'om s'adorn

De robes e de vestëures

E de noveles armëures.

395

De destrer e de palafroinz,

De viandes e de vin f[r]oiz,

De cars fresches e de veneisons,

Grues et jantes et paons,

Capons et osiaus de rivere,

400

Qe la cort soit tute plenere,

«E de faxan e de pernis,

Tant qe vos soiez guarniz.

Galines et oves i soit tant,

Q'en leu n'en veïstes tant,

405

Fien et avo[i]ne et biaus osteus,

Buen feu et biaus liz et les m[a]nteus,

Come li cevaler voldroit

E ceus qi a la cort vendroit.

Les palais faites atorner

410

Por l'enperaor sojorner

E les çambres encortinees

De rices cortines ovrees.

Par les palais soient dreçees

Les deis et les bans adreçeiz

415

E covert de rices mantiaus

Blans et lavez et bian soutius.

Puis seit bien coverte la voie

De tapiz e de drabs de soie

E d'escarlates bien vermeiles,

420

Qe toz exgardent a merveiles

Par unc Caterina vendra,

Quant l'e[m]peraor la prendra.

Qatre colones soient feites,

Sotilment paintes et portreites,

425

Bien polies et adreçees

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Et ex quatre colones mises

Rices peres en or asisses,

Rubins, carboncles bien luisant

430

E clers plus qe nus feu ardant:

Qi les voudra veoir de loing,

N'i soit d'autre lume besoing.

Un faudestorie sera de sus,

Là u Jupiter e Venus

435

E les autres deus esteront,

Tant cum les noces dureront.

Çascuns des deus sera vestu

D'un drap de soie a or batu.

Puis serunt, si qe l'en les voie,

440

Covert de sus d'un drap de soie.

As piez des colones sera

Uns auters, hon les ofrera

Toz les sacrifisses ad deus.

E sera covert li auteus

445

D'un grant samit a or toz frois

E de bele liste a orfrois.

Aprés l'auters soront li preste

Qi poir raison aduv[e]nt estre

A sacrifises receveir;

450

E si faroit as deus saveir,

Qi ert, qi plus les honora.

L'enpereor les aora

Primerament et la reïne;

Aprés madame Caterine;

455

Aprés les aoront romains,

Qi duvent estre primerains;

Aprés les romains adorarent

Les rois, qi a la cort serent

Venuz por faire as deus honor.

460

Puis se leverent li gregnor

Si cumme il seient pa[r] les leus,

Toz vendront adorer les deus;

Puis li pople comunalment.

Tut devront espicialment

465

Faire as deus don espicial:

Qi pors salvaje, qi ceval,

Qi de cameil, qi d'elifant.

La povre gent e li enfant

Hi portirunt oxias toz vis,

470

Segont ço qe lor ert [av]is,

Qe il poront plus honorer

Les deus q'il devront aorer.»

E fist mander a la reïna

Qe vestis dama Caterina

475

De rices drapes enperiaus.

Una de corone riaus

Feïst poler et atorner

Car quant il la voldra mener

Si voldra q'ila soit atornee

480

Come roïne coronee.

E[n] pui de tens fu ce fait,

Q'eo vos ai ici retrait.

Unqes de rien ne fu mespris,

Si cumme ge ai el libre apris.

485

Ainz qe se tenist la cort,

N'i a neguns qi ne s'atort

De ce qe avoire li estovent,

Çascuns segunt ce qe il poent.

Li rice li font ricement

490

E li autre font autrement:

Çascuns s'apresta a son po[o]ir

E segunt ce q'est li pooir.

Qe çascuns ha, si fait cascum,

Et encor plus hi fait auquns;

495

Car il enporta autrui avoir

D'autri por los et preis avoir.

Per mar et par tere venoient

Les princes, qi semons estoient,

Rois et marchis, contes et dux,

500

Ne n'i onse remandre nus.

Baron, castelein, vavesor,

Tuit vienent a l'enperaor,

Cevalers, borçeis, poëstez

De bors, de villes, de citez,

505

Iloc il vont o l'en manda,

Si cum l'enperaor comanda.

Les marascaus vont par le tere:

A ceus qi vont les hosteus qerre,

Les font livrer alegrement

510

Segont ce qe cascun a çent.

Li pains, la çars, les veinesons,

Les galines e les capons,

Le fein, l'aveine est en la place;

N'i e qi livrexon en face:

515

Çascuns des escuërs en prent,

Tant come il veut a so talent.

Par les hostes preneit le vin;

La sal, lo poivre e le comin

Lor fait un par les osteius trahire

520

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Çascun i a ce qe il veut.

Bien dit hun c'onqes mais ne seut

L'enperaor tel cort tenir.

Ne ne virent mais avenir

525

C'a cort ne fust tancei crïé,

Mais tot est si en pais livré,

Qe nus ne crïe ne ni tence.

Ec vos l'enperaor Maxenco

E lé romains qi [o] lui veinent.

530

Plus d'une grant jorné teinent

Les bestes qe [i]l font mener,

Qi il volient as deus doner.

Par les terres, par les marines

Oïriez tubes et boisines,

535

Tanbur soner et cornaor

Corner aut et flaüteor

Faire son et le cri si grant,

Qi l'en ni oïst pas Deo tonant.

Sele nuit sunt bien herbegei.

540

Quant l'enperaor oit mangei,

Si mande dire a la reïne

Q'ele fist dame Caterine

Le maitin par tens adorner

Por ce q'il ne puet sojorner

545

Ne estre en la terre lonc tens,

Si la face aprestrer par tens;

Car il est de prendre aprest.

Et elle meesme s'aprest

Por les deus honorer demain.

550

Bien est, qe çascun de sa main

Lor face dons et sacrifixe:

Cil, qi a deus no fait servixe,

Quant il avra des deus besoing,

Ja li deus n'avront de lui soing.

555

La reïne lor respondit:

De ce qe l'enperaor dit

A grant honor et a grant grace

Le teint mult et si le regrace.

«Ma fille sera bien vestue

560

Tote de soie a or batue

[E] de robes inperiaus.

Et est la coroine reiaus,

Dont ele sera coronee,

Qi fu en un tresor trovee

565

A Troya, quant Troya fu prise.

Enpuis fu Nero tramise

A Rome et, quant Nero muri,

Fu au pere del mien mari

Ceste reigne ho tote honor donez

570

E de ceste fu coronez.

Si avra si riche centure,

Nen crei, q'il sait de tel faiture

Neguna ceinture en l'enpire.

[A] lo rois Cost l'aporta a sun pere

575

D'Athenes, o il l'atorna.

Mantes fïes esprova

Les riches peres qi sunt enz

De mult riches esperimenz.

D'autres conses iert atornee.

580

Unqes raïne coronee

Ne croi q'ëust si riche ator

Com el avra demein entor.

Si mesire l'enperaor

Veut demain as deus feire honor,

585

Si veut, qe ma fille lor face

Honor demain en cele place,

Sacés: onqes ne me despleist.

Tot ce qe l'enperaor pleist

Voilen faire conplïement

590

E les deus specialment

Volun servir et aorer,

Qe l'en nes puet trop honorer.»

L'enperaor a entendu

Ce qe la dame a respondu.

595

Ne fu si alegres onqes mais

E dit q'il vout bien, omais,

Qe les deus sert, grant gererdon

Puet atendre d'eus et grant don.

«Les deus m'unt feite ceste honor,

600

Qe ne pois avoir greignor.

E ge ausi les honoray

Demein au plus qe je poray».

Lors fait crïer par la cité,

Qe la maitin soit apresté

605

Çascun de venir a la cort,

E s'apreste çascun et s'atort

De faire sacrefise as deus.

E fait mander par les osteus

As rois, qe çascun d'els s'aprest.

610

E li cevaler soient prest

Aprés manger de cevaucer,

Ne se facent plus demander.

E li rois, cum il sunt greignor,

Acunduient a grant honor

615

Madame Caterine a cort.

Çascuns de son poder s'adort;

Car davant les deus en la place,

Bien veut qe çascuns d'els le sace,

Prendra madame Caterine

620

Por moiler, et sera raïne

De Rome demein coronee

E de romains dame clamee.

Lors a domandé la raïne

Sa fille, dame Caterine,

625

E dit: «Fille, ce, qe t'avent,

Saces bien, qe des deus t'avent.

Bien t'ont en ceste segle honoree,

Et es la plus benëuree,

Qi fust unqes ne qe mais seit.

630

Qi seit, qe l'enperaor seit,

Merveiler se puent a merveille

E des deus aver grant merveille,

Qi funt de tei ce, qe il funt.

Bien poez savoir, qe les deus unt

635

En tei amor e reverance,

Des qe l'enperaor Maxence,

Qi est enperaor de Rome,

Est venuç cum tante aut home

E tant grant prince de terre

640

Por toi demander et requere,

E te voil por moiller avoire.

File, tu as mult grant savoir;

Or sera tuens sens esprovez,

E se il sera buens trovez,

645

Li savoirs, qe tu as apris,

Unqes dame de si grant pris

Ne fu mais reïne de Rome,

Car de ti dira cascun home:

“Veez de madame Caterine,

650

Com ela est bien destra raïne,

Bien se covent a le auteçe;

De sens, de honor, de largeçe,

Des cortexie et de bontez

A tot lo munde alumez”.

655

Fille» fit elle «as mauveis veint

Mantes honors, qe ne li cunv[e]int;

Ne cre ge, qe unqes t'aveigne

Grant honor, qe ne te cunviegne.

Or te vest et atorne bien;

660

Li ton garniment et li mein

Fai ci metre sor deus tapiz

O sor deus coltres de samiz.

Veiste tei ricement de ceus,

Qi te plaseit et qe tu veus.

665

Corone muër ne centure

Ce sa je bien, qe tu n'as cure;

Ja ne troveroies el mond

Si bone mais cum ceste sunt.

Burdes, girlandes et presores

670

Teus les prent, con tu les voilles.

Fai si, qe demein seit honor

De toy a ceste nostre seignor,

Qi tant grant home a ci conduit,

[E] sont por toy venuz tuit.»

675

Kateline dist: «Belle mere,

Ge sai bien, qe vos et mon peire

N'ëustes mais eyr fors qe moy;

E si le conos bien e voy,

Se plus aute me poez

680

Faire, ke vos lo fariez.

E me volez doner mari;

Mai[s] quant li vostre vos mori,

Encor estoit il plus joven home

Ke n'est l'e[n]peraor de Rome,

685

Ki me devoit toudre por moiler

- E puis me laiscera solier -

E mun pulcelaçe tolir.

E me deves si tost morir,

E avrai ausi grant dolor,

690

Cum vos ëustes, et major,

Qant li rois Cost mori, mon pere.

Ge vos vi donqes, bele mere,

Tel dolor e tel ire avoir!

N'i est home, q'il pëust savoir

695

Ne qe reconter le sëust,

Se il ausi grand dol n'ëust.

E des qe mon pere fo mort,

Cascuns vos fait volunter tort:

L'uns vos tout, l'autre vos demande;

700

Si vos ne li donez si mande,

Si fait prendre ce qe il vout.

E l'autre qi servire vos seult

Vos desert; l'autre vos fait gerre;

L'autre vos demande la terre.

705

Vos sostenez tante dolor,

Ja ne la sostendroiz major

A la mort; se vos morisiez

Ja si gran dolor n'ëusiez.

Ne n'atendez mais alegreze

710

Avoir, mais dolor et grameçe.

E quant li meins mari mora

Autresi o peis m'an ve[n]dra.

Vos dites qe je face onor

As deus et a l'enperaor

715

E qe m'adorne et me veste,

Qe ceste cort et ceste feste

Est tute por moy feite ci:

Je vos en regrace et merci

D'ice, qe vos volez mon bien

720

E me honor sor tote autre rien.

Ge feray ce, qe vos voldroiz

E qe vos me conseileiroiz.

Mais ge croy bien qe vos savez

E vëu et oï l'avez

725

Qe ye sui usee d'aler

Là fors a un preste parler,

Fors des murs de la cité,

Por aprendre divinité.

Dedenz sa capella est asise

730

Sor un alter de marbre bisse

Un ymaye estranjement faite,

Soutilment taillé et po[r]traite

D'une color luisaint et fine,

E a forme d'une raïne,

735

Qi en ses braiz teint un enfant

Coloré, vermeil et riant.

E est bien a çascun avis,

Qi les veit, q'il soient toz vis.

Quant je sui a cel preste allee

740

Çascun jor, si ai saluee

La dame qe je vos ai dit

E li ai tote voies dit

D'un mari, q'ele m'enqeïst

Un qi onqes ne me morist.

745

Or li voil dire de ceste home

Qi e enperaor de Rome,

Qi me veut teudre por moiler.

E s'ele m'en voudra conseiler

Sil prendray plus segurement.

750

E vos y vendroiz ensement,

Belle mere, si la veroiz.

Cevalers et dames menroiz,

Tant cum para qe se conveigne

Qe a la vostre honor p[er]tegne.»

755

La raïne li respondi:

«Bien te promet et bien te di

Q'en faire ore endroit ceste voie

N'a negun preu, qe je i voie.

Par lo mien grai tu n'i alases

760

Einz te vestisses et aparases,

Si qe fuses apresté

Quant tu seras ja demandé.

Mais, des qe tu veus aler,

Je feray dames demander

765

E cevalers i vendront,

Qi conpagnie nos feront.»

La raïne a dunc mandé

Ses pulceles et a mandé

Por dames e por cevalers,

770

Qi mult i vendront volunters.

Les palafroiz aprestez furent;

Mantenant, si cumme il dirent,

Totes entrent en la capelle:

N'i remest dame ne pulcele,

775

Là o les dames sunt muntés,

Por qi la raïne ot mandés;

E li cavaler sunt monté,

Por qi la raïne ot mandé.

A la çapelle sunt venu

780

E sunt par la cort descendu.

Cele honor, qi se convint, firent

As dames, quant eus descendirent.

Totes intrent en la çapelle;

N'i remest dame ne pulcelle

785

Qi ne voist aprés la raïne,

Là u madame Catarine

Horaisons et veines fasoit.

Et oiant les dames disoit:

«Hoi, madame Sainte Marie,

790

Dame, or me securi et aïe!

Or est besoing qe tu intendes

E qe tu merites me rendes!

Se je unqes encor fis rein,

Ne oraisons ni autre bien,

795

Ne jëune, qi te plëust,

Ne autre, qi buen te saüst:

Or t'en soveigne e t'en recorde;

Reïna de misericorde,

Conseila moy par ta pieté,

800

Ne gardar a ma malvaisté

Ne a pecei, qi en moy seit!

Ge n'ay nul, qi ne conseit,

Vasal ne parent ne amy,

Qe je doie en qere por amy

805

Prendre l'enperaor de Rome

Plus voluntiers qe nul autre home.

Cascuns le loy' e le conseile

E s'en fait çascuns grant merveille,

Q'il me veut toudre por moiller.

810

E por ce m'en veing conseiler

A vos, madame, et por saveir,

Qi vos pleist, qe je deie avoir,

O autre de ceste o cestui;

Qe saciez: o cestui o autrui

815

Me convient avoir en cest jor;

So vos me donez meillor

E plus bel qe cestui non est,

Ge ne prendoie mie cest.

Au vestre conseil m'en tendray:

820

Cel, qe vos m'en donroiz, prendray.»

Qant Caterina ot ensi dit,

Mantenant de cel descendit

Une raïne coronee.

Si vestue e si adornee

825

Ne fu mais negune raïne.

Joste mandame Caterine

S'asist et li dist en riant:

«Belle fille, tu vais qerant

Mari, qe tu ne perdes mais

830

E qi ne te mora jamais:

Ge crei, qe je te secorras

A cest besoing e te donrais

Tal mari, se tu le voldrais

Amer, qe jamais nel perdras;

835

Si sera plus bel et meilor,

Qe ne fu mais enperaor

Ne rei, qe unqes fust a Rome.

Ne n'est el segle si savi home,

Qi sëust reconter ne dire

840

Sa beuté, ne pëust escrire

Sa bunté ne le sun savoir.

E se tu poez cestu avoir,

Bien poras dire, qe tu avras

Toz jor mais ce, qe voudras

845

De ris, de joie, d'alegreçe;

Ja mais n'avras une gramece.»

Catelina li respondi:

«Je vos en rent grant merci

De ce, qe vos m'avez premis.

850

Bien ai entendu et apris

A ce, qe vos m'avez conté,

Qe mult est de major bonté

Cestui et de mejor saveir

De autre, qe je puisse avoir.

855

Bien est l'enperaor de Rome

Tenu plus grant qe nulle autre ome

E do rois e cuntes crenuz,

E cascuns li rende trebut;

Mais si tegne ceste major:

860

Car cil puet morir ciascun jor,

Mais cestui, qe ne puet morir,

Bien le doit hom major tenir,

E puis voluntier l'enprendrai.

E se vos volez, ge vendrai

865

Com vos, si le me mostreroiz,

E se gel voil, si mel donroiz.

Mais si me seroit bien besoing,

Qi je n'alases gaires loing

E qe ge ja ne demorase,

870

Mais maintenant me tornase,

Si qe ma dame ne veïsse

Ne ne saüst, qe je faïsse.

Se jel pëuse unqes veer,

Si qe ja nel dëust saver

875

Ma mere, mult me vendront bien,

Q'ele n'en sëust unqes rien;

Ein qi vos estes ci venue,

Qe unqes nen fustes vëue,

Fors de moy autre ne vos veoit.

880

Se ma mere vos ci savoit,

Ja nen seroit tant tenue,

Q'ele no fust ici venue.

E bien voldroit savoir, por coi

Vos estes ci venua a moi,

885

E qi vos estes, e coment

Vos estes si privement

Ci venue sanz conpagnie;

Car le nos dames ne vont mie

Si sole, come vos venistes.

890

Bien crei je, qe vos le faïstes

Por moy conforter et veieir;

Mais si voldroie mult saveir

Vostre non et o je poroie

Trover vos, quant ge vos qeroie.»

895

La dama li dit: «Belle amie,

Saces bian, qe je ai nom Marie,

Roïne de misericorde.

Qi onques de moy se recorde

Au besoing, quant il l'a mester,

900

Maintenant le ving aïder,

Se il me demande adjutoire

E me veut avoir en memoire.

Bien est ci oïe et entendu:

Unqes avra tant ofendu

905

Qe je n'aie de lui merci.

E tu, quant tu venoies ci,

Tu me proieves tote voies

A tel fei, cum tu avoies,

Qe je te dëuse aidier

910

D'un tel mari et conseiler,

Qe unqes mais ne te morist

E t'amast et bien te volist.

Unqes ne me proias de rien

Qe je ne entendisse bien.

915

E por ce sui ge ci venue,

Qe ai ta proiere entendue,

Qe tu m'as proié longement.

Mais si vendras promerement

O moy, se tu veus, por voir

920

Lo mari qe tu dez avoir

E veras ceus qi o lui sunt,

Q'il sunt et qel gent ce sunt.

Et illocqes, se tu voudras

Savoir qi je sui, sil savras.»

925

E ensi s'en parti, si s'en vait,

Si cumme le estorie retrait.

La persone de Caterine

Remest el paviment sovine

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

930

Ge ne fui unqes ne ni vi

Paraïs ne je voldroie

Dire fors ce qe j'en savroie;

E ce meïsme qe j'en sai

Non os ge dire nen en sai;

935

Car Sainz Pol i fu, qe en dit,

Des mervoiles qe il vit,

Qe nul home ne onse dire

Ne unqes n'en voit reins escrire.

E ge, q'en scrivroies donqes,

940

Qil nel sai ne qi ne fu onqes?

Tenir me poroie por fol!

De ce, qe je sai bien, qe Sainz Pol

Ne s'en voloit unqes entrometre:

Ne voil si aut la boche metre.

945

Mais ce qe j'en trovai escrit

E[l] libre qe je vos ai dit

E ce qe le istorie en retrase

Vos en retrarai, si vos plaisse.

Qant la dame s'en fo tornee,

950

Si fu Caterina menee

Mantenant devant Yesu Crist,

Si cum ille meïsme dist.

Bien dist elle q'el nel saveit

Penser en qel guise elle estait,

955

S'elle estoit en carne e en cors

O se l'arme estoit defors.

Mais tant solament en savoit,

Qe Saint Gabrïel la tenoit,

Qi la portoit et qi la mist

960

Devant les piez de Yesu Crist

E li dist, davant lo seignor

- Unqe ne recut tel onor

Mais ne contesa ne raïne,

Q'ele rezut en cel termine -

965

«Cest est li reis, qi vos prendra

E qi toz jor mais vos tendra

Por sa moiler et por sa sposa:

Raïne soroiç gloriosa.

Jamais mal ne dolor n'avroiz

970

Ne cesta gloria ne perdroiz.

O les angeres soroiz toz dis

E vos ert toz jor mais avis,

Quant mil anz serent trespasé,

Q'en demi jor ne soit passé.»

975

El li a dit: «Sire, qie sunt

Cest qe si biaus et si gent sunt?

Ja o l'enperaor de Rome

Ne veriez nul si faite home,

N'en tot le mont ni crei qi seit

980

Nul si bon qi pejor ni seit

Qe le pejor e le plus vil

De toz ceus qi sunt plus de mil.»

Saint Gabrïel li dit: «Ci sunt angeres

Toz ceus qi ci sunt et arcangeres.

985

Mesagers de ceste cort sunt,

Ceus qi le seignor manda mult,

Par tot là o il lor comande.

E les autres qe il ne mande

Les servent de jor e de nuit.

990

Nus est qi de servir s'enuit.

Le fait deu monde veoient tot:

Tot li bie[n] qi l'en fait par tot

Regordant davant le Seignor,

Por rendre li gloria et onor.

995

E del mal qi el mond se faisse

Si sunt grames et lor desplaisse;

El e[n] sofresent grant grameçe,

E del bien otint grant alegreçe.

Deça sunt Abel et Adam,

1000

Nöé, Lot et Saint Abraam

E les patriarches [o] ceus

E ceus qi sunt descenduz d'eus,

Qi tendrent li comandament

E la ley del v[i]el testament.

1005

Cest autres qe vos veeç ça

Sunt ceus qi par Deus comença

La fei de la cristïenté

E qi por la fei unt esté

Par le munde martirïez

1010

E batuz e crucifïez,

Tormentez et a glaive oucis

O arz o scorciez toz vis.

Or veez con il sunt onorés:

Toz les a fait reis coronez

1015

Les seignor por chi il sofrirent

Les penes qe el sostenirent.

A tal seignor feit bon servir,

Qe si poent autement merir.

Cest autre qi ça sus estunt

1020

Sunt ceus qi lé deliz del mond

Hunt laisez, et les alegreces

Qi aveient et les grant riqeces

E qi bien poent avoir

Grant honor por les grant savoir;

1025

E, por le bien qe il savoient,

Poient avoir et avoient

Ce qe lor veneit a talant:

Vair, gris, or et arçant

E autres joies qi maintenent

1030

Ceu qi l'amor del mond teinent.

E cez laiserent toz ester,

Qi poent el munde ester

A grant honor, se il volsissent.

Mais, por ce qe il ne faïssent

1035

Les maus qe les autres funt,

Si llaserent ester le mond

De la lor propre volunté

E sostendrent grant poverté

E grant desasie del mangier,

1040

De gëuner et de veiller

E de porter les vestëures

Aprés la car aspres et dures;

E sostenegent grant martire,

Por les persones plus aflire

1045

De tentacions et de luxure

E d'autres en mainte mesure,

Qe convient a ceus sostenir

Qi a Deu se volunt tenir.

Or unt a cent duples merites

1050

Des beins q'il firent en lor vites.»

«Sire, por Deu, dist Caterine,

Ge vei ça sus une reïne

E li vei si grant honor faire,

Nul home nel puent retraire;

1055

C'unqes ne fu si onoree

Nulle raïne coronee

Come ceste est, ne si servie.

Ne mai si belle conpagnie

De dames, com elle sunt, ne vi.

1060

Molt ont a bon seignor servi,

Qe si les tint a grand honor.

Certes, plus belle la menor

E la plus povre est plus riche,

Qe n'est la raïne d'Aufriqe.

1065

Dites mei qi la reïne est

E qi elles sunt, si vos pleist.»

L'angere a dit: «Belle amie,

Ceste madame Sainte Marie,

Reïne del cel et de terre.

1070

Qi au besoing la veut reqere,

Se il par bon cuer la reqert,

Maintenant a ce qe il reqert.

Cest autres vos diray qi sunt:

Ce sunt celes qi por Deu ont

1075

Sostunu grant aversité.

Por garder lor virginité

E sunt lïees et batues

Et es longes prisons metues

Et a la fin martirïees

1080

E tutes vives escorcees.

Et les autres sunt qi laiserent

Le mundes et totes desprisiarent

Les granz richeces q'eus averent;

Ne marïer ne se voleient,

1085

Ainz vivent en sainte vite,

Qi en iglise, qi en armite.

L'autre se vivent autrement

Segond lo so proponiment.

E cascune d'eles sofreit

1090

Por Deu desaise et faim et freit

E s'aflïent a son poeir

Por Deus, q'eles ont hore, aveir.

Or sunt reïnes coronees,

Sor totes dames honorees,

1095

Ne mais ne perdront cest honor.

Esposees sunt au seignor,

Qies tendra mes totes isi,

Cum vos veez ceste ici.

Or poez conostre et saveir

1100

Del rei qe vos devez aveir

Por mari, s'il est si aut home

Come l'enperaor de Rome

E se l'enperaor poreit

Tal gent avoir con ceste avreit».

1105

Atant est le reine revenue

El cors don elle estoit insue,

Sanz sei moveir ne remuër

E sanz color unqe muër

E sanz ce qe là s'en pëust

1110

Apercevoir, qi nel seüst.

Si pleinement s'esveille ausi

Cum s'elle aüst un poy dormi.

A sa mere et as dames dist,

Qe creent q'ele dormist:

1115

«Dame, ge estoie travaillé.

Se vos m'aüsiez esveillé

Ge vos en saüse bon gré.»

Lors a l'enperaor mandé

Rois et contes por la raïne

1120

E por madame Caterine.

Lors a mandé q'eus veigneit tost

Au palais qi fu deu re Cost,

Qe il meüsme veut aler

Au palés a els parler

1125

E ordener, ainz q'il s'en torn,

Com eles vendront a la cort.

La raïna dit «Voluntiers»

E demanda li civalers

Qi les avoient là menees.

1130

Su les palafrois sunt muntees

E le dames e la raïna.

Dous reis adestrant Caterina

E dous princes la condoient

Tot a pei qi le frein tenoient.

1135

L'enperaor aveit mandé

Par les osteus et comandé

As barons et as cevalers

Qi aprestasent les destres

E començasent le baort

1140

Por faire resbaudire la cort,

Qe Catelina les veïsent

Baorder ainç q'ele revenisent.

Maintenant furent aprestez

E sunt sor les destrers montez,

1145

Covert de coverte de soie,

Qe tote en respla[n]dist la voie.

Les escuz ses lances hunt.

Droit a la çapelle s'en vont

Par là, o les dones venoient.

1150

Plus de dous granz milers tenoient

Des tere qi ensenble aloient.

Des civaliers, qi baordoient,

De dus, de contes, de cateines

Erunt totes lé rues pleines,

1155

E les rues e les sentiers

De dames e de civaliers.

Borgeis, mercaant s'aprestoient.

Les dames de la tere estoient

A fenestres et au bauchons.

1160

De jug[l]ëors et de garçons

Estoit tute la tere pleine.

Cascuns a sun poeir se peine

De joie menar e de faire,

Qi doie a l'enperaor plaire.

1165

Li libre, qil retraisse, dit

Q'encore trove l'om en escrit

El registre del rei de Rome fuïsse

C'onqes mais tel baort veïsse

N'aveit hunc a cel tens esté;

1170

Ne ne furent si apresté

Cevaliers ne si adornez

De biaus destres bien sojornez,

Covert de rices covertures.

Lé plus gailardes armëures

1175

Aveit e lé plus luisant,

Plus cleres et plus pareianz

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Qi fusent onqes mais vëues.

Puis aveient les biaus lorains,

1180

Les rices seles et les frainz

A destrers et a palafroiz.

Jamais si rices nen veroiz,

Tot le munde en parlera mais.

Lor sunt descendu al palais

1185

Cil qil menoient Caterine;

E les dames e la reïne,

Qi estoient o lei alés,

Totes sunt en la çambre entrés.

Por les tens, qi estoient si cort,

1190

Voleit l'enperaor la cort

Tenir au plus tost q'il po[e]it.

Mais en primers li conveneit

Parler a dame Caterine

E ordener a la reïne,

1195

Coment eles devoient venir

A la cort por les deus servir;

Qe por Caterine honorer

Veut faire les deus aorer

De toz ceus, qi sunt a la cort.

1200

N'i sera nus, qi nes aort.

Puis voudra prendre Caterine

Por moiler, e sera reïne

De Rome des ore en avant.

E si là mande de sa j[e]nt:

1205

Deus rome[i]ns dé romeins de Rome,

Qi estoient li plus aut home

E li plus honoré tenu

Qi fusent a la cort venu

Lor a mandé l'enperaor,

1210

E dit q'il a maitin ai jor

Soient aprestes, senz demorer,

De venir les deus aorer.

«E sançeç qe mult li pesa

De ce qe Caterine alla

1215

Fors de la cité, qi saveit

Qe l'enperaor l'atendeit.

Et ëust sa cort tenue

S'ela fust plus par ten venue.

Or vos mande l'enperaor

1220

Qe vos demein soiez au jor

Si prestes par tens de venir,

Q'el puisse sa cort tenir.»

La reïne lo dist: «Seignor,

Vos direz a l'enperaor

1225

De nostre part et li preiez

Qe il vers nos ne soit irez

Qe nos avons tant demoré.

Bien seron demein honoré

Les deus de nos part et lor faron

1230

Tote l'onors qe nui poron.

Ma fille apreste sera

Si demein e s'aprestara,

C'onqes ne fu si adornee

Nulle reïne coronee.

1235

E l'enperaor face si

De ma fille, sue merci,

Qe les deus le teignent por bien!»

Caterine ne disoit rien,

Qe autre volunté aveit

1240

Qe la reïne ne saveit.

Qil se sunt atant retorné,

Le jor a la cort sejorné,

Au rei hont les respons rendu,

Qe la reïne a respondu.

1245

L'a[n]demain l'a par tot mandé

L'enperaor et a comandé

Qe cascuns s'apreste et atort

De venir par tens a la cort;

Car il meïsme aorera

1250

Les deus, ja plus n'i demorera.

Il vendront bien maintenant,

N'i remest ne petit ne grant

Qi ne veigne el palais tot droit

Là o l'enperaor estoit.

1255

E Caterine estoit issue

De la çambre et estoit venue

El palais, si come sa mere

Aveit premis a l'enperere.

L'enperaor, qant il la vit,

1260

L'onora tant e la servit,

Com il poit e la feïst seïr,

Si qe la puissent viir

Les dames e les civaliers

Qi lla veoient voluntiers,

1265

Dont esteit tot plein le palés.

Ne crei qe tel gent fussent mes

Ensenble, come il avoit là,

Des qe le munde comença.

Qi reconter vos en voldroit

1270

De la richece qi estoit,

Des corones d'or, des centures,

Des precioses vestïures

E des peire [d']or asises

Qi erent par les robes misses,

1275

Des presores et dé tasiaus

Qi estoient par les mant[i]aus,

E des rices dras qi estoient

Tenduz sor les res qi seoient,

Des caieres, des faudestous

1280

A or et a peire, toz vous

De vair, de gris, qi estereit?

Hun autre home vos intendreit,

Se il se voleit deleter

A conter un jor tuit enter.

1285

Mais je ne me voil entremetre

De dire en autre ne de metre

En me libre fors ce breiment,

E qe je vi escrist solament.

Costume esteit lors de l'enpere

1290

Tote voies qe l'enperere,

Qant il teneit cort general,

Einz qe de nul fait temporal

I fust traité, si cumveneit

Qi unqes a la cort veneit

1295

Sacrifïer as deus de Rome.

E s'el fust trové negun home

Qi ne volist sacrifïer

Sil faseit marturïer:

Ja ne remansist par auteçe

1300

De lignaçe, ne par grand[e]ze

De richeçe ne de saveir,

Qe el pëust unqes aveir.

Qant cist furent tuit asenblé,

Si s'est un dé romeins levé,

1305

Vestu d'un rice cisamus

E d'un samit jauna desus.

E fuit cent d'un riqe bauder

A or et a peres ovré.

E dos granz ovrez tient en ses meins

1310

Et oit en sum ceis li romeins

Una grant armiça vermeille,

Qi bien esteit a merveille,

D'une blance ermine foree.

E la barbe oit longe et mesclee

1315

E les grano[n]s tortiz et granz,

D'une parte et d'autre pendanz.

De persone estoit molt petiz,

Mais argumentos et ardiz

Et savies et bien ensegnez

1320

Estoit e s'es levez en pez

E dit a: «Plus dreit enperere,

Qi onqes mais fust el enpere

Ne qi i puisse jamais estre

De ceus qi sunt encore a nestre

1325

E de toz ceus qi sunt naisuz

De Rome e de romei[n]s eisuz:

Prei qe m'ente[n]de par son honor,

Si come natural seignor.

Sire, tu as ci fait venir

1330

Ceste jent par ta cort tenir.

XVII reis sunt ci venuz

Qi sunt de tey servir tenuz

Et autant autre aut home.

Unqes enperaor de Rome

1335

Nen oit mais tant de teus ensenble

Come tu a' ci, ce me semble,

Qi te teignet toz por seignor.

Sire, oi, qe chonse ceste honor

E ceste glorie qe tu as

1340

De toz les deus de qi tu l'as.

Conoisse qe reverençe unt

Les deus en tei et q'il te funt!

Bien ai meinte feiz a Rome

Enperaor ausi aut home

1345

Come tu es o plus ëu,

Mais onqes mais ne fu vëu

Nul qi ait tant honor ëue

Come tu as ja recëue.

Or saces qe les deus le font,

1350

Qi Rome et qi romeins ont

Tutes ores plus enorez

Qi autre jent qi soient nez.

E nos autre si lor façon

Reverançe, qe qe noi son,

1355

De ceste glorie et ceste honor!

E tu primer, come seignor,

Si les aore et lor encline!

E puis madame Caterine,

Qi sera reïne de Rome,

1360

Aort les deus, et li aut home,

Çascuns segont ce qe il est,

Si s'en atort e s'en aprest

E veigne as deus, si les aort,

E se partira ceste cort!»

1365

L'enperaor a respondu:

«Vos avez bien tuit entendu

Ce q'el a dit, et je irai

Tot primer, si les orerai.»

Lors se leva devotament

1370

Et encline parfundament

As deus et lor fait sacrefixe

E puis i a l'oferte mise.

E dit a dame Caterine:

«Vos e madame la reïne,

1375

Vostre mare, venez avant

Sacrifïer as deus vivant!»

Dame Caterine respond:

«Sire, a vos et a ceus [qi] sunt

Prei qe m'oiez, vestre merci.

1380

A vos en ceste cort ici,

Seignor, ge ne me merveil mie,

Se li fous hom feit la folie;

E si li senple home qi sunt

Nori simpliment, se il funt

1385

Par simpleçe, qe mal lor veigne,

Unqes a merveille nel teigne;

Mais de l'enperaor de Rome,

Qi doit plus savoir qe nul home

E qi deit par le son saveir

1390

Honor d'enperaor aveir

Me merveille qi se fait tenir

Por fol et a ci fait venir

Ceste gent de luitane tere

Por matece, par folie qere,

1395

E par noit le fait travailler

E de jor oit soi aller;

Qe se il n'a le sens de lui

Si puit il l'aprendre d'autrui,

Se il bien veut: tant savie home

1400

Se trove en la cité de Rome.

Là [se] troveit li cristïen

E li judei et li pagen,

Qi en lor lei poent trover

E par l'escriture prover

1405

Qe toz ceus deus ne valoit nient;

E qi onqes de rein les creint

Si est fous, q'il ne puent bien

Faire a nuls ne noisre de rein.

E l'enperaor les aore

1410

Si come deus et les honore

E veut qe je aüre ausi.

Mes çe comant as deus et di:

Se il me puent onqes faire

Ne villanie ne contraire,

1415

Ne rens ne mals me face,

Ci davant vos en ceste place

Le me face segurement.

E ge preu Deu omnipotent,

A qi je sui veraisse sposse,

1420

E la raïne gloriose,

Qi est mere de Jesu Crist,

Qi par l'apostre Saint Pol dist,

Qe idole nulle conse esteit,

Qe feu descende orendreit

1425

Qi toz bruise les deus et arde

Et eus et celui qi les garde,

Si qe rein nul ne s'en troise

Plus, qe jamés mostrer se puisse.»

Quent Caterine oit ensi dit

1430

Maintenant del cel descendit

Une fouldre qi toit bruissa,

Si qe rein nulle no laissa

Ne des colones ne des deus.

E li prestre, qi as auteus

1435

Receveit lo sacrefixe

E qi por faire lo servixe

S'estent ja tuit apresté,

Furent iloc ars et bruisé.

Qant cil qi a la cort estoient

1440

[V]enu et qi bien ce creoient,

Q'il fusent deus veraisement,

Les virent ars en un moment

E bruisé come paille tuit,

Ensi poudré et tot destruit,

1445

E virent la cendre en la place,

Ne an si savie qi se sace

Conseiler et qi bien ni die:

«Trop est Caterine ardie,

Qe nos a feit tal desenor.»

1450

Katerine respond: «Seignor,

Bien crei, q'en cest palés ci sunt

De le plus savie home del mund;

Mais li sens qi verais se trova

Au besoing se mostra et se prova;

1455

E tel i a qi creit aveir

Grand sens et mult cuide savoir,

Qe au besoing n'en a mie.

Vos di qe ai fat grand folie,

Qi ai fait destruire voz deus;

1460

Mais en ceste terre a de teus

Qi lé vos savront meilor faire

Qe les deus qe je ai fait desfaire.

E por ce poez vos savoir

Qel bonté il poent avoir

1465

Le voz deus et qel deus ce sunt,

Qe les homes fait et desfont.

Merveille est qe vos ne creez

Seveiaus nun ce qe vos veez:

Qi a boce et ne puent parler,

1470

E a peiz et ne puet ester,

Et meins [et] ne puet reins tenir:

Qel deus devez vos tenir?

Ge ne me merveille de vestre sens

O il est, qant ge i pens.

1475

Ce qi no olt, ne veit, n'entent,

Ne ne conoist rein, ne sent,

Ne ne puet faire mal ne bien:

Por qei le demandez vos rein?

Tel deus ne voil je ja preier

1480

Qe ne me puent de reins aider.

Mais tenez vos au criator

Qi de tote le munde est seignor

E qi est Deus veraisement

E[n] tres persones solament;

1485

Tres persones en unité

Et uns Deus en la Trinité.

Et est en tres persones dit:

Pere et Filz et Saint Spirit.

Mais la gloria est tota comuna

1490

E la divinité tote una.

N'i a plus de division

De reins se de persone non,

Qi sunt treis, mas tut treis sunt

Un Deus et une sposance unt.

1495

E ne sunt les persones teus,

Qe l'en deie preier treis deus:

Un sol deus deit hom reclamer,

Ne deit hom pas tres deus nomer.

Autre division n'i a

1500

Fors tant qe le seignor manda

Les filz por prendre carn humane

Por les armes traire de paine,

Qi estoient por le pecée

De q'Adam aveit mangée

1505

Et Eva sanz comandament,

Perdues pardurablement.

Se Jesu Crist ne fust venu

Tot esteit le munde perdu.

En une dame gloriose,

1510

Virgen la plus benëurose

Qi fust unqes ne qe jamés seit,

E[n] Naçaret, o elle esteit,

Descendi le Saint Espirit,

Come l'angere li aveit dit;

1515

E l'aünbra la dëité

E concut le fileul de Dé.

Virgen esteit et virgen cunçut

Et tute veges vergen fut,

E verjen Yesu Crist porta

1520

El cors et vergen enfanta.

Virgen fut aprés et avant,

Et ancore trovez vos le saint

Es estories de Romes escrit

Qe la noit qe Yesu nasceit

1525

Caïrent a tere entere les deus

Et de paiens et de judeus

Et toz les colus se pecheirent,

Si qe les romeins enveirent

As savies de [A]tenes savoir

1530

Qe les deus poent aveir.

La noite caïra vostre palais,

O les romai[n]s el tens de pais

Se soloient tuit asembler

Qant il se voloient asembler,

1535

Dunc un vostre demoine dist:

“La noit qe nascra Yesu Crist

E cum une vergen enfantera,

Saciez bien qe se defera

Le paleis qe vos avez fait,

1540

Ne ja einz ne sera desfait.”

E les romeins distrent: “Huimeis

Nos dura mot nostre paleis;

Unqes mais ne se defera,

Ne femme vergen enfantera.”

1545

Ensi vint Yesu Crist en tere,

Por pecheors solament qere;

Qe tut estoient del pecei,

Q'Adam avoint fait, enpecei,

Qi da Adam erent descendu.

1550

E ce q'Adam aveit perdu

L'on [s]aveit qe se reconvrast

Per une home qe se trovast

Tot munde et delivre de tot mal

E del pecei original

1555

E chi por [pe]cheors morist.

Por ce sofri mort Yesu Crist

E por ce fu il en la croiz mis:

Por traire d'enfer ses amis,

Qi redencion atendent,

1560

Qe a cel tens descendent

Les buens et les maus ensement

En enfer tuit comunalment;

Mais por la mort, qe il sofri,

Si treist d'enfer tot sis ami.

1565

Et au terz jor resusita

Traiz d'enfer et toz en geta

Le suns amis, ne onqes puis,

Si comes ge leis et ge trois

Es libres de divinité,

1570

N'oit li diable poësté

De posançe sor cristïens.

Mais l'ome, qant il n'ert paiens,

Des qe tant q'il seit bateçee,

Est anco ancor autresi lïee

1575

De cel pecei original,

de la prixon enfernal.

A cel poez vos bien savoir

Qe ce qe je vos di est veir,

Qe vos avez asez vëu

1580

Teius cristïans qi unt ëu

Tel grace por la grant merite

De lor ovres et de lor vite:

Se un demoine est [en] un cors,

Qe il [l']en caçent bien defors.

1585

E ceste poësté aveient

Li sainz qe Yesu Crist serveient

Qan il aloient preïcher:

De demoines poeir cacher

E de curer enfermitez.

1590

Qant Yesu fu el ceil montez

Si manda li Saint Espirit

Qi de la dëità enssit

Por conforter les suens amis,

Si come i[l] lor aveit premis.

1595

E cant i[l] l'orent arecëu

Qi eüst öu e vëu

Les merveilles qe il faseient

E la vertu qe il aveient

Grant merveille poreit veïr

1600

De lor sens et de lor saveir.

Qant Yesu Crist fu retornez

Là sus, don il estoit nez,

Ens a la glorie ac[u]eli

A ceus qi l'avoient servi:

1605

Apostre, martiri, confesor

E ment en i avra ancor

Qi saint et sain[t]es deivent estre

De ceus qi sunt ancore a neistre.

Jameis ceus qi a lui servunt

1610

Mal ne dolor ne sentirunt.

Tuit sunt come rei coroné,

Si vestu et si adorné

Qe qi tot l'or del munde avreit

Ja nen poreit hom nen savreit

1615

Si atorner come il sunt,

Qe il a tot qant il volunt;

Ne jamés ce ne lor faudra,

Mais pardurablement durera.

O mandame Sainte Marie,

1620

Vi ge si belle conpagnie

E de dames e de damisseles

Fresces, colorie et belles,

Si guarnie e si adornee

Come raïne coronee,

1625

Castes virges, neites et pures,

E de ce sunt eus bien segures,

Qe jamés mal ne sentirunt,

Ne ceste glorie ne perdrunt.

O les seignor sunt les arcangeres

1630

E la conpagnia des anjeres

Qi vont là o il lor comande.

E les autres qe il ne mande

Le servent de jor et de nuit;

Nus n'est qi de servir s'ennuit.

1635

A cel Deu deit hom clamer merci,

Qi est presentemente ici

Et qi est en ceil et en tere.

E qi o buen cuer la veut qere

E[n] toz les leus la trove tot,

1640

Là o il le reqert par tot.

Le son servise pas ne pert

Qi a si glorios Deu sert;

Mult en atend aute merite.

Mais en ceste presente vite

1645

Li convient peine sofrir

Por Deu qi a Deu veut venir.

Besoing est qe se traveut

Por qoses qe gaires ne vaut

Aincés qe l'en la puisse avoir:

1650

Autresi poez vos savoir

Qe mult se convient travailler

De jëuner et de veiller,

De peine, de travaille sofrir,

Qi a la gloria veut venir

1655

Del paraïs, qe, qi l'avra,

Seit bien qe ja ne la perdra.

Seignor, vos avez entendu

Qe raison je vos ai rendu

Devant les deus, qi ne valoit rien.

1660

E vos meïsmes savez bien

E conoisez qes deus ce sunt,

Qe les homes font et desfunt.

Cum puent estre ne deu ne saint

E[n] ceste leigne portrait et peint

1665

Por ce q'il a p[ie]ç et oreilles?

Si creez q'il face merveilles.

E puis creez q'il vos sosteigne

Ce leigne, et qe il vos manteigne.

Se ce fust ore une peinture

1670

Qi fust traite a la fature

Si come j'en ai vëue mainte,

D'un de ces sainz o d'une sainte,

O une belle croiz bien faite,

Bien entailé et bien portraite,

1675

Por la passion recorder,

Qe Deus sofri por nos sauver,

Sil poreit Deus tenir por bien;

Mais de ce ne creez vos rien.

Ne encore ne vos di ge mie

1680

Qe je voille unqe qe l'en die

Qe l'en d[e]ie en nulla mesura

En ymeje ne in pentura

Aveir ne fei ne sperança;

Mais la fait hom par recordança

1685

Del saint en chi honor est faite

L'imaje e la forma portraite.

La croiz deit hom palesement

Aorer et devotament,

Qe por nostre redencion

1690

Sofri Yesu Crist passion

En la croiz, et en la croiz fu

Le noistre aversarie vencu.

Qe il sofreit a bone fey

L'enseigne de la croiz sor sei

1695

E direit çascuns jor eissi:

“Sire Deu, Yesu Crist, merci,

Qi degnas prendre forme humane

Por nos armes traire de paine

E por nos passion sofrir

1700

En la croiz et por nos sofrir

A morir, si come gel croi,

Eissi aiez merci de moy”

E dire[i]t 'pater noster' aprés:

Jamais ne moreit descunfés.

1705

Volez esauzer ceste cort:

Ein qe l'enperaor s'en tort

Clamez a Jesu Crist merci

E reçevez batesme ici

E la fey de cristïenté

1710

En un Deu en la Trinité,

Pere et Filz et Saint Spirit!

Amen.» Qant il ot ce dit

Si se leverent toz premiers

De dames et de civaliers

1715

Tant qe je ne sai conter,

Ne ne poroie reconter

Le nunbre autresi d'autre jent

Qi se leverent ensement.

E crïent tuit a une voiz:

1720

«Nos volum aorer la croiz

E venir por deu Yesu Crist,

Si come Caterina dist,

En un Deu, en la Trinité.

E demandeint cristïenté

1725

E la fey, si com el a dite.

Jamés ne por mort [n]e por vite

Ne nos pora home partir

Da Deu omnipotent servir;

Mais por l'amor de ceil seignor,

1730

Qi sofri mort par nostre amor,

Volum volumtier sostenir

Tot qant qe nos puet avenir.»

L'enperaor a entendu

Si come cez et respondu

1735

E comande q'il s[e]ient pris,

Et un feu de spines espris,

E seient tuit ars maintenant.

E Caterina tot avant

Seit lïee, batue et prise

1740

Et en destreite prison mise.

Lors fut la cort desbaratee

E la jent, qi s'ert aprestee

De mener joie et alegreçe,

Mena grand duel et grant grameçe.

1745

Ancor est a Rome retraite

Qe tel duel ne fu unqes faite

Cum fu lors en cella cité.

Cel jor en i furent conté

Per numbre plus de quatre mil

1750

Erent por es l'età cil

Qi estoient major tenu

Qi erent a la cort venu,

Qi tuit furent pris et lïei,

L'uns ars et l'auters crucifïei,

1755

L'uns escorçei et l'autre ocis,

Qi batu, qi lïei, qi pris.

Dames, pulceles i aveit

Tant qe nus numbres ne saveit.

Tutes furent martirïees,

1760

Arses, occises, escorcees,

Batues, lïees, prises

E tute vives el feu mises.

L'une ert morte, l'autre desfaite.

Là veïsez la leingue traite

1765

A l'une e a l'autre le mamelle,

Tante vergene e tant[e] pulcelle

Martirïer et ta[nte] [ocir]e

Qe nul hom nel s[av]roit dire.

Sainte Caterine estoit prise,

1770

En la fonz d'[une] tore mise,

O nul home veoit negote.

De q[...] esseles estoit tote

En [un] puiz qi estoit dedenz,

Pl[ei]n de vermine e de serpenz.

1775

Ge nel trovai pas en escrit,

Mais bien me fu a Rome dit

D'un romein, qe bien le saveit

E qi en Alexandre aveit

Asez lonjement sojorné,

1780

El s'en estoit lor retorné:

Si tost com il fu en la tor,

Qe les barbeqenes d'entor

Fundirent et le fondament

De la tor fundi ensement.

1785

Et en ce qe la tor ceaï

Le ceuf de la tor se fendi,

Si qe Caterine a dreiture

S'en issi fors par aventure.

Mais le gardes qi la gardoient,

1790

Qi defors de la tor estoient,

La troverent for et la prist[r]ent

En autre prison la mistrent,

O il fasoit meilor ester.

Bien veet hom en cel monter

1795

Les angeres manifestement

E descendre les ensement,

Qi celes armes recevent

De ceus qil martire sofrirent

E qi por Deu mort recev[oi]ent.

1800

[D]e la joie qe il menoient

E[n] la carçer aveit si dulz çant,

Luminare et clarté si grant

Qe, si tute li cirge del mund

Fuisent tuit espris en un mont,

1805

Ne se pëust la migté faire

De clarté ne de luminaire

Qi dedenz la prison aveit,

O Sainte Caterine esteit.

Les et ceus qe oï l'oient

1810

Beneïsent e loeirent

Jesu Crist, et se convertirent

Plus de mil qi por Deu sofrirent

Martire, qi l'enperaor

Fist toz martirïer en un jor.

1815

Ge ne voil fors solement

Qe conter le ystorie briement

E la somme dire au plus cort

Qe je puis. Ceus qi a la cort

Erent venu bien adorné

1820

Aveient ja tant sijorné

Qi avoient tot espendu

E tot enpencei e vendu

Cil q'il avoient aporté

Et erant tuit desconforté.

1825

De lome n'i ert mais qe despendre,

E solement por congé prendre

Vindrent devant l'enperaor

Li plus aut home et li major

E distrent c'aler s'en voloient,

1830

E q'autre seignor ne soloient

Tenir plus longement lor corz

Qe de treis o de qatre jorz,

E qi unqes la teneit plus

Ne la teneit plus d'uit jor nus.

1835

E il i aveient esté

Plus de dous meis bien a pasé.

Or n'avaient plus qe despendre,

Si voloient el conjei prendre.

L'enperaor lor respondit

1840

E loir a corteisement dit:

«Seignor, vos avez bien vëu

Quel desenor j'ai recëu:

Unqes mais tel ne la recui

Ne si desonoré ne fui.

1845

E Caterina l'a tot fait

E sum por lei mort et desfait

Li plus aut home de l'enpere,

Tant qe tot le mont en est pire.

Por moiller la cuidei aveir;

1850

Or ni vaut forçe ne savoir,

Ni vaut promise ne menaçe,

Ne bien ne mal qe l'om li face,

E unqes paroles en [v]oille entend[r]e.

Por ce l'ai fait lïeir et prendre,

1855

Batre et tormenter et aflire

De mainte guise de martire.

Mais si entent de Caterine

Qe ele a une soe cosine,

Proz et savie, cortoise et belle,

1860

Et est encor vergen pulcelle,

A qi la teire deit venir,

Des q'ele ne lle veut tenir.

Or la voil toudre por moiller,

Se vos m'i volez conseiler.

1865

E puis vos en pa[r]tiroiz de ci

E vos en preu, vostre merci,

Toz ensenble et ças[c]uns por soy,

Qe vos esteiz ici tant o moi

Solament encor qe ciste plait,

1870

Qe ai dit de faire, seit feit.»

A toz ploit molt ce qe il dit;

Et il, ce q'il oit dit, si fist:

Maintenant en cele semeine,

Segond la costume romaine,

1875

A la damoisele esposee

Et el paleis major menee,

E li fist por li conforter

Corone enperial porter,

E fu servie et onoree

1880

Come reïne coroné;

E furent tuit resbaudi

Cel jor meïsme qe je di.

Si tost com il orent manjei,

Pristrent li civalier conjey

1885

D'ensir fors por eus deporter

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La carcer, o Caterine esteit,

Ert en tel leu q'ele poeit

De la cambre de la reïne

1890

Descendre jus a Caterine,

Qe nul del paleis nel veeit,

Se la reïne nol voleit.

E qant la reïna le soit,

Qe tote voies inpensoit,

1895

Si manda maintenant un mes

A l'emperaor al pelés

Q'ele molt voluntiers vereit

Caterine, se li plaseit,

E l'en a conjé domandé.

1900

Lors a l'emperaor mandé

Un suen conestable Porfire

E mande la reïne a dire

Qe le volsist tot privement:

Dous dames o treis solement

1905

Puet, s'ele veut, o soi mener,

Si la prie de tost torner.

La reïne descende jus.

Tres dames solament sanz plus

E Porfire là feit venir,

1910

Qe li a feit la carcer ovrir.

Qant Caterine l'a vëue

Alegrement l'a recëue.

Iloc aveit tel luminaire:

L'enperaor ne puit faire

1915

Ne tote li home de l'enpere

Tel luminaire, com il ere.

E li aveit si grant odor

Q'unqes nel faroient major

Totes les espices del mont,

1920

Se fuses tutes en un mont.

La reïna li demanda

Qi ces espices li manda,

Qi rendoient si grand odor,

C'umqes mais ne senti major.

1925

Lors li respondi Caterine

E li a dit: «Belle cosine,

Celui qe por moiller m'a prise,

Por qi je sui en prison mise,

E qe je sui veraise sponse,

1930

E la reïne gloriose,

Sa mere, le me font ci faire

Ceste odor e ceste luminaire

E me funt servir richement

Qe autre servise n'est nient.

1935

Et a nient retorne et veint

For ce qe de Yesu Crist ne vient.

Autre joie et autre alegrece

Torne a dolor et a gramece.

Mes cel est la joie segure,

1940

Qe de Deu vient et toz jor dure.

Por ce te di ge belle cosine,

Si tu es orend[roit] [re]ïne,

Forse che demain ne seras,

Car par aventure moras

1945

O l'emperaor se mora.

Or pensa, done, qe te vaudra

L'onor qe tu avras ëu

Se tu l'avras si tost perdu!

Cel onor deiz tu recovrer,

1950

Qi toz jor meis te puet durer.

Tu as ja vëu qe j'aveie

Belles vestëures de seye,

Belles joies et grant tresor,

Mo' garde qe tot m'en valt or:

1955

Or ai une povre camise

E sui en ceste prison mise.

Tel est la joie de cest munde!

Molt s'apuiçe a mavaise sponde

Qi as richeces de cest mund

1960

S'apuia qe si tost s'en vont.

Se je aüse le meilor home

Qi seit el enpire de Rome

Dex ainz o XX, qe me vaudreit,

Qe laiser le m'en convendreit?

1965

E ge, qe seroie meilor?

Ge me moroie de dolor

Au departir et de grameçe,

Ne jamés n'avroie alegreçe.

Qi veut a Yesu Crist venir

1970

Si deit ce q'il ne puet tenir

Laisser et fer si li estoit

Malgré suen, qe tenir nel puet.

Por ce n'i voil metre m'amor,

Ainz voil servir muen seignor;

1975

Qe qi la suen grace avra,

Ja penser ne li estovra

De toz qe ja li soit beisoing.

E ge n'ai d'autre gracie soinz

Fors de la soe solement,

1980

Qe autre richeçe est nïent,

Mes est autresi come un sonje;

Qe l'om, qant il dorme, il se sonje

D'aver cel q'il avra pensé

L'autre jor, qi est trespasé;

1985

E qant il sera resveilei:

E de qant, q'il avra sonjei,

Ne puet meis nulle reins aveir.

Ausi est, ce poez tu saveir,

Le bien qe tu as ci ëu,

1990

Com se tu l'aveses vëu

En un sonje, non autrement.

Recorder s'en puet solement

Con il te recorde d'un sonje:

Ne sez s'est veir o s'est mensogne.»

1995

La reïne piçola dist:

«Preion le seignor Jesu Crist

Qi me meite en la dreite vie;

Qe saces bien qe sel saveie

La plus segure veie exlire,

2000

Por est[re] dame de l'enpere,

Ne m'en fereit neguns partir,

Se je la saveie tenir.»

Lor se jeta en oreison

El paviment de la prison

2005

E preie Deu devotement

Caterina palesement.

Devant la reïne s'escrie:

«Ai, madame Sainte Marie,

Virgen, gloriose pulcelle,

2010

Regarde ceste toe ancelle.

Dame, done li ton confort,

Qe ne par vite ne por mort

Del seignor ne s'en parte mas;

A tei la comant e la las!»

2015

Qant el oit sa oreison fenie,

Si s'est la reïne endormie

E le spirite fo porté

Là sus o aveit esté

Caterine e l'angere la mist

2020

Devant les peiz de Yesu Crist.

Tot qant i vit Caterine

Si fu mostré a la reïne.

E qi tot vos voldreit retraire,

Q'ele vit, molt avreit a faire.

2025

Tot li fu mostré et tot vit,

E li a un des angeres dit:

«Reïne, cest est li reis ci

Qi sera huimés to mari.

De sa mein seras coronee:

2030

Ceste corone t'a donee

E ceste glorie apareillee

Lors s'est la reïne esveillee

E le spirit s'est revenue

El cors don il esteit ensue.

2035

Qant il fu a sey revenue

Si se despoia tote nue,

Fors solement de la camixe,

E s'est jus el paviment mise

E comença as dames dire

2040

E au conestable Porfire

De la joie don elle veint.

E dit qe autre richece est nient;

Ne ne deit estre dicte richece,

Mais mort, dolor et gramece

2045

Tot ce qe l'en a en ceste mont.

Mais celles de là sus amont,

Cel est la richece segure,

Qi toz jor creisse et toz jor dure.

E puis si a dit a Porfire

2050

Q'il voist a l'enperaore dire,

Qi est en cel palais là sus,

Qe «por moiller ne m'avra plus.»

Les dames dïent autresi:

«Ne nos partirons mes de ci!

2055

A Yesu Crist volum servir

E por la soe amor morir.

Mariz et fileolz laiserons,

Ja de lui ne nos partirons.»

A Caterine a dit Porfire:

2060

«Dame, se ge l'onsanse dire

Qe cevalier i fust negun,

G'en seroie voluntiers un.»

Caterine li dit: «Porfire,

L'alegrece del nostre syre

2065

Si est pur de ceus retenir

Qi se voleit a lui tenir.»

Et il respond: «Gel serviray,

Jamés de lui ne m'en partiray.»

L'enperaor l'a entendu

2070

Qe Porphire si s'est rendu,

Qi esteit se procein parent;

E de la raïne ensement

E des dames qi esteient

A oï q'eus se cumv[er]teient.

2075

Unqe si dolent ne fu mes

E les fait mener en palés.

Maintenant les a fait occire,

Qi a glaive, qi a martire.

L'endemain a sa cort tenue

2080

L'enperaor, et e venue

La cevalarie et la gent

El paleis esforceiement.

Devant l'enperaor s'asist

Un baron qi senblant li fist

2085

A l'emperaor q'il voleit

Premer dire, se lue plaseit.

L'emperaor li otria

E ci maintenant se leva,

De persone estranjement grant.

2090

E fu vestu d'un ver de Gant

E d'un gris le meilor del mont.

Un capel qe les romeins funt

E com il usent maut encor

Vermeille o une binde d'or

2095

Et o une liste d'orfreis

Et d'un gris tot nof et tot freis

Aveit en sa teste tenu;

E fu tot blanc et tot canu.

E samble merveilles prodome;

2100

romein fu dé romeins de Rome.

Mais si aveit si grant tristece,

Qe de dolor et de gramece

Qi aveit de ceus qi s'esteient

Renduz et se convertoient,

2105

De Porfire et de la reïne

E de madame Catarine,

Si esteit tant la barbe tiree

Q'il aveit de meçe pelee

E les granons toz escorcheit.

2110

Mes de parler s'est esforceit

Por la grant dolor et por l'ire

Qi aveit, si comença a dire

Si saviement, q'unqes ne dist

Neguns si bien come il fist.

2115

De Rome, de romein parla,

Des qe Rome s'acomença;

Des reis et des enperaors,

Des batailes et des onors,

Qe les romeins ont recëu,

2120

E des honors q'il ont ëu

Par les teres q'il ont conqises,

E qi sunt a Rome asez sozmises

E remdent a Rome trëu.

«Mais unqes mei ne fut vëu,

2125

Qe romeins ëusent encore

Le desenors qe il ont ore,

Qe une feme nos a fait,

Qe toz jors mais sera retrait.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

2130

S'une terre gereiassent,

Des qe l'enperaor voldreit,

Tost en avront fait li dreit.

Mais de ceste, qi ce vos fait,

Qi bon civaliers ne vos lait

2135

Ne dame, q'il ne vitupere,

Grant desenor est de l'enpere.

Mais un conseil te voil doner,

Enperere, a ti voil parler,

Autre conseil ni sai jamés:

2140

Ci davant nos en ceste palés

La face tute voies venir,

Se tu veus mon conseil tenir,

Et ait ci la teste taillee,

O elle seit arse et graïlee.

2145

Ne laiser mais un jor vivre,

Q'ela sorprent la gent [e] enivre,

Qe neguns se set defendre,

Tant li seit sotilment sorprendre.»

L'enperaor i a mandé

2150

Ses mes et lor a comandé

Qe tutes veies li amenent.

E cil, qe voluntiers se peinent

De faire son comandament,

Vient a la carcer isnelement.

2155

Caterina ert en la prison

E s'ert getee in oration

E diseit molt devotament:

«Sire reis, Deus omnipotent,

Qi me fais a ta faitura

2160

E qi conois de qel natura

E de qel consa ye sui faite

E de qel poreture traite,

E sas q'est vasel cor[o]t

E guasté, con il est tost tot.

2165

Ge n'ai force, se de tei non.

Sire, por ton santissime non

Garda la meie feblité,

Qi toz jorz ai malveise esté!

Se tu no m'ëuses tenue

2170

Ja ne fuse a cest point venue,

Qe j'ëuse le mond laisé,

Qe j'ai por t'amor desprisié,

Donc ja les grans tentations

Encor des deletations

2175

Avr[e]ie entor et ëuse,

Se la toe grace ne fuse.

Asez ai es[t]é conbatue

E prise et lïé et batue,

Despolié et en prison mise:

2180

La joie qe tu m'as promise,

Qe tu me dez doner là sus,

Me done, ne demorer plus!

Sire plein de misericorde,

De ma preiere t'arecorde,

2185

Trop me recreis ceste vite!»

Si com elle oit sa oreison dite,

Si l'oit ceus mené to[t] dreit

Là o l'emperaor esteit.

E qant l'enperaor la vit

2190

Si li a molt durement dit:

«Malvaise, or sera conëu

Qel saveir vos avez ëu.

Mol[t] fustes a mal ore nee,

Qi a tel deus estes donee,

2195

Qi reins ne fu et qi reins n'est.

Or li dites qe il s'aprest

De vos aïdier, se il puet,

Qe certes morir vos estuet

Sante Caterine respont:

2200

«A celui qi l'amor del mont

E la vana gloria dessire,

Des tu cestes parole dire.

Ge me suy a celui rendue,

Qe des q'a oï m'a defendue

2205

D'estre caïé en malvasité

E m'a doné par sa pieté

Dreite fey et dreite creançe;

Car qi en lui a sperançe,

Ne puet estre desconseilez.»

2210

Lors fo l'enperaor irez

E a la sentencia donee:

Qe seit defors de un mur menee

E seit iloc martirïee,

O elle ait la teste taillee.

2215

Lors unt mené Caterine

Fors de murs là o la raïne

E cil qi erent bateçei

Estoient tuit marturïei.

En la cità ne remest nus

2220

Fors romeins solement, senz plus,

E l'enperaor ensement,

Qi n'eisisent comunalment

Fors de la cité por saveir

Qel fin elle deveit aveir;

2225

Les dames e le civaliers

Le voloient tuit escaiter.

De la grameçe q'il aveient,

E petit et grant, tuit pluroient.

Qant la gent fu tote ensemblee

2230

E Caterine desfublee

E nue fors de la chamixe,

Fu el pre sor un peron mise,

Si aut qe casçum la poeit

Veer, qi veer la voleit.

2235

Celui, qi la deveit tailer

La teste, a fait por Deu preier

Qe il se dëust demorer

Un poy, qe ille voleit orer.

Cil l'en a parole donee,

2240

Et elle s'est en tere enclinee

Umelment, com elle soloit faire.

Se je vos sëuse retraire

L'oreison com elle est escrite

Ge l'avria voluntiers dite,

2245

Si come retraisse l'istoire;

Mais çe n'ai autre en memorie

Fors tant q'ele se jeta en veine

E dist: «Sire, qe sofreïs peine

Et mort en la croiz et passion,

2250

E t'ofris por redencion

De pecaors a mort sofrir,

E degnas por nos [t']ofrir

D'estre o le larons pendu,

Qi n'aveies rens ofendu,

2255

E cant tu fus resusité

E furent cil d'e[n]fer çeté,

Qe par ta sainte passion

Atendoient remixion:

Si com tu por nos t'ofris

2260

E mort et passion sofris,

Bien sai qe ben sera retraite

L'onors qe tu m'as ici faite.

Meis si te cleim encor merci,

Oiant ceste gent qi sunt ci,

2265

Qe tu me deies otroier

Un don qe ci te voil preier.»

L'anjere de Deu li respondi:

«Belle suer, segurement di,

Bien li te otroie et bien avras

2270

De lui tot ce qe tu voldras.»

«Bel sire Deus omnipotent,

De ce te prei devotament,

Qe qi m'avra en remenbrançe,

E avrai bien ceste esperançe,

2275

Qi unqes por la toe amor

Me fera servise et onor

De ce qe mester li sera

E qi el me demandera:

Qe çe l'en puise conseiler

2280

Maintenant et li puisse adier

Maintenant li fo respondu:

«Bien est oï et entendu

Tote qe tu as demandé;

E t'a bien le seignor mandé

2285

Qe qi unqes t'en preiera

De ce qe mester li sera,

Qe tu li poras maintenant

Faire segurament demant.»

Lors a dit a celui q'el feire,

2290

Qe el a feit sa preiere:

«Fert baudement, Deus tel pardon,

Qi encui t'otrei et te don

De venir a confesion

E t'en face remission!»

2295

Ci[l] l'a ferue de la spee

E [l]i a la teste coupee

E [l']a martirïé eissi.

Unqes d'ele sange n'eissi:

Ladont o deit estre la sanc

2300

Eisi lat tot clier et tot blanc.

Lors sunt veiant tote la jent

Descendu tot palessement

L[i] anjeres de Deu, qi le cors

Hont lavà dedenz et defors.

2305

E qan lo cors fu bien lavé,

Si l'ont covert et l'ont levé

De tere et le po[r]tant cantant,

Si qe l'[en] les veit bien portant

Li cors par tot là, o il vont.

2310

E le portarent sor um mont,

Qe l'en dit le mont Sina,

O Deus a Moïses dona

Les comandament de la ley,

Si come il escrit o son dey.

2315

Iloqes laiserent le cors.

Tant oleu en est puis eisu fors

E s'en est encore orendreit,

Qe qi ensemble l'atendreit

Tot un an, ça nel portereit

2320

Dous somers, si forz ne sereit.

Ci se finist et se termine

La mort de Sainte Caterine.

E çe vos ai conté la vite,

Si come çe la vi escrite;

2325

E se çe ai plus o meins dit,

Qi çe ne trovai en escrit,

Si preiez Deu, qi me pardont

E nos otreie a toz et dunt

La nostre vite si fenir,

2330

Qe nos poisons tuit permanir

El regne, qe il a premis

De metre a le fin ses amis.

 

A. M. E. N.