RIALFrI - Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana# ISSN 2282-6920

Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana

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Dante Alighieri, “Aï faus ris, pour quoi traï aves”.

Titoli
Aï faus ris, pour quoi traï aves.
Datazione
Tra il 1306 e il 1308.
Incipit
Aï faus ris, pour quoi traï aves | oculos meos? et quid tibi feci, | che fatta m’hai sì dispietata fraude?
Explicit
Chanson, or puez aler par tout le monde, | namque locutus sum in lingua trina | ut gravis mea spina | si saccia per lo mondo. Ogn’uomo il senta: | forse n’avrà pietà chi mi tormenta.
Forma del testo
Canzone.
Lingua
francese, latino e italiano (fiorentino).
Argomento
Canzone dal contenuto del tutto convenzionale: il poeta si lamenta del trattamento crudele riservatogli da una midons ingannatrice e altezzosa, il cui senhal è faus ris ‘falso sorriso’.
Tipologia di testo
Lirica d’amore trilingue.

Contenuto e metrica

Composta probabilmente tra il 1306 e il 1308, durante il periodo della dimora dantesca in Lunigiana, su committenza dei marchesi Malaspina, al cui nome sembra alludere il verso ut gravis mea spina, la canzone trilingue Aï faux ris è tanto convenzionale nel contenuto della donna impietosa quanto eccezionale nell’ingegnoso dinamismo combinatorio che ne caratterizza la struttura trifaria, in cui il volgare italiano (o meglio il fiorentino) alterna, pariteticamente, con il latino e con il francese secondo un algoritmo matematicamente regolato di impronta arnaldiana.

Lo schema metrico di Aï faux ris è 3 x (ABCBACcDEeDFF) + ABbCC, la canzone consta cioè di tre stanze metricamente identiche di 13 versi ciascuna (di cui 11 endecasillabi e 2 settenari) e di un congedo finale di 5 versi (di cui 4 endecasillabi e un settenario). Ciascuna stanza è costituita da una fronte ripartita in 2 piedi di 3 versi ciascuno (ABC e BAC), identici a meno del rovesciamento dei primi 2 versi, e da una sirima unitaria di 7 versi (cDEeDFF), con concatenatio a eco del settenario iniziale alla rima C del secondo piede (Cc) e netto segnale di chiusura marcato dalla combinatio finale (FF). Il congedo (ABbCC) si configura come «una chirurgica selezione operata entro la struttura della strofa, tesa forse ad evidenziare i punti cruciali della concatentio e della combinatio ([ABCB]ACc[DEeD]FF)» (Chiamenti 2008, pp. 8-9).

Si tratta di uno schema metrico solo dantesco, che si ritrova pressoché identico, sul piano della cobla, nelle canzoni Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete (ABCBACCDEEDFF), La dispietata mente che pur mira (ABCABCCDEeDFF) e Io son venuto al punto de la rota (ABCABCCDEeDXX), e, sul piano al congedo, nella più famosa delle “petrose”, Così nel mio parlar vogli’esser aspro.

Nella complessa testura linguistica delle stanze – l’aspetto in cui più di ogni altro risiede l’estrema originalità del componimento, come mostrato da Brugnolo nel 1978 – l’avvicendamento delle lingue (sulla base del rapporto 1 verso = 1 lingua) è congegnato in modo tale che ognuna delle tre lingue non possa mai occupare la stessa posizione che essa ha nelle altre stanze (e che, nello stesso tempo, ogni lingua occupi successivamente tutte le posizioni). Pertanto, i versi occupati nella prima strofa dal francese (1, 5, 9, 10) vengono occupati nella seconda strofa dal latino, quelli occupati dal latino (2, 4, 8, 11) vengono occupati dall’italiano, quelli occupati dall’italiano (3, 6, 7, 12, 13) vengono occupati dal francese, e questa trasmutazione continua nel passaggio dalla seconda alla terza strofa, per cui nel congedo l’ordine iniziale francese-latino-italiano è ristabilito.

Nel suo perfetto meccanismo combinatorio e nella sua struttura circolare, la chanson in lingua trina dantesca ripete dunque l’esperienza compiuta da Arnaut Daniel nella “canzone sestina”, Lo ferm voler qu’el cor m’intra, con la retrogradatio cruciata delle parole-rima.

Testimoni e attribuzione

Unico esempio di lirica poliglotta medievale in cui l’ordine di successione delle lingue usate sia continuamente variato, non secondo una norma di volta in volta casuale e aleatoria, ma sulla base di un rigoroso principio di permutazione, la canzone Aï faux ris è ampiamente rappresentata nella tradizione manoscritta da più di 60 testimoni (sempre con attribuzione a Dante o adespota, come nel caso del Laurenziano XLI 15, o del Barberiniano lat. 3953 della Biblioteca Vaticana, compilato da Nicolò de’ Rossi, che costituisce l’attestazione più antica della canzone trilingue, dove la rubrica è abrasa, lasciando il testo adespoto). Aï faux ris compare anche come testo dantesco nelle più antiche edizioni a stampa delle Rime, quali la princeps del 1491 e la Giuntina di rime antiche del 1527 (e seconda edizione accresciuta del 1731). In seguito tuttavia, con argomenti pretestuosi, ma principalmente per la sua peculiarità linguistica fortemente composita, la canzone fu esclusa dal “canone” dantesco dagli editori ottocenteschi (Fraticelli 1856, Giuliani 1868 e altri), fino ad arrivare alla diffidenza di Michele Barbi, che solo in ossequio alla compattezza della tradizione manoscritta si rassegnava ad accogliere il testo nell’Appendix delle rime “dubbie” (al n. 5) dell’edizione nazionale del 1921. Successivamente rivalutata nella sua ascrivibilità a Dante e restaurata a livello testuale grazie agli interventi, fra gli altri, di Gianfranco Contini, Furio Brugnolo, Domenico De Robertis, Massimiliano Chiamenti, Bruno Bentivogli – Aï faux ris è finalmente posta a pieno titolo (al n. 18) entro le Rime del poeta nell’edizione di Domenico De Robertis del 2002.

Lingua

Il francese qui usato è «naturalmente, il francese di un italiano, che usa forme, attestate dalla rima o dal metro, non ammissibili nel parlare della Francia propria (così sper con aferesi franco-veneta, malure che par quasi un anglonormannismo, dovris per devriez, lesset forse per lassa, porteret per portereit» (De Robertis-Contini 1995, p. 509).

Bibliografia

Barbi, Michele

1932    Dante Alighieri, Vita nuova, edizione critica a cura di Michele Barbi, Firenze, Bemporad, 1932 («Edizione Nazionale delle Opere di Dante», vol. I).

 

Bentivogli, Bruno

2010    Appunti sulle rime dubbie (e spurie) di Dante, in Le rime di Dante, Gargnano del Garda (25-27 settembre 2008), a cura di Claudia Berra e Paolo Borsa, Cisalpino, Milano, 2010, pp. 41-57.

 

Brugnolo, Furio

1978    Note sulla canzone trilingue ‘Aï faux ris’ attribuita a Dante, in Retorica e critica letteraria, a cura di L. Ritter Santini e Ezio Raimondi, Bologna, Il Mulino, 1978 («Quaderni della rivista “Lingua e stile», 2), pp. 35-68; ripubblicato con il titolo Sulla canzone trilingue ‘Aï faux ris’ attribuita a Dante, riveduto e ampliato, in F. Brugnolo, Plurilinguismo e lirica medievale da Raimbaut de Vaqueiras a Dante, Roma, Bulzoni, 1983 («Seminario romanzo, 2»), pp. 105-165.

 

Chiamenti, Massimiliano

1998    Attorno alla canzone trilingue ‘Aï faux ris’ finalmente restituita a Dante, in «Dante Studies», 116, 1998, pp. 189-207.

2008    ‘Aï faux ris’. L’unicità, ossia The Otherness, di una poesia di Dante, in Banca Dati “Nuovo Rinascimento” www.nuovorinascimento.org, immesso in rete il 16 settembre 2008.

 

De Robertis, Domenico

1996    Dati sull’attribuzione a Dante del discorso trilingue ‘Aï faux ris’, in Studi di filologia medievale offerti a D’Arco Silvio Avalle, Milano-Napoli, Ricciardi, 1996, pp. 125-145.

2002    Dante Alighieri, Rime, a cura di Domenico de Robertis («Edizione Nazionale delle Opere di Dante Alighieri a cura della Società Dantesca Italiana»), Firenze, Le Lettere, 2002, vol. III, pp. 243-256.

 

De Robertis, Domenico – Gianfranco Contini

1995    Dante Alighieri, Vita nuova, Rime, a cura di Domenico de Robertis e Gianfranco Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1995.

 

Lazzerini, Lucia

2003     Osservazioni testuali in margine al discordo trilingue “Aï faus ris”, in “Studi danteschi”, 68 (2003), 140-65.

 

Pasquini, Emilio

1997    Appunti sulle «Rime dubbie» di Dante, in «Letture classensi», XXVI, 1997, pp. 37-54.

Crediti

Scheda a cura di Serena Modena. Integrazioni di Francesca Gambino.
Ultimo aggiornamento: 27 ottobre 2015.

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