Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 381 (1363)
Unico manoscritto completo dell’Aquilon de Bavière di Raffaele da Verona, il codice Vaticano Urbinate latino 381 si compone di due manoscritti diversi, uno pergamenaceo ed uno cartaceo, che tuttavia si completano.
Descrizione materiale
Segnatura: Urb. lat. 381 (1363).
Data: XV-XVI sec.
Supporto: Pergamenaceo e cartaceo.
Numero di carte: 173 fogli (più altri due fogli di guardia), di cui 157 in pergamena e 16 cartacei (45/46, 51/52, 55, 58, 61-63, 66, 69, 72/73, 82, 87/88).
Formato: 380 x 280 mm (formato dei fogli in pergamena); 366 x 247 mm (formato dei fogli cartacei).
Rigatura: –
Legatura: In cuoio verde con decorazioni in oro. Il dorso del volume è gravemente danneggiato.
Mise en page: Il testo si presenta su 2 colonne. Nei fogli di pergamena, il numero delle righe per colonna varia da 50 a 64, e questo implica delle variazioni nella grandezza della scrittura.
Scrittura: La scrittura dei fogli in pergamena sembra essere dell’inizio del XV sec. (cfr. Thomas 1882, p. 538; Stornaiolo 1902, p. 362). Se così fosse, si tratterebbe di una copia eseguita poco tempo dopo che Raffaele da Verona ha completato l’Aquilon de Bavière e si spiegherebbe in tal modo l’eccellente qualità del testo in essa tramandato. Per quanto riguarda invece la scrittura dei fogli cartacei, i giudizi degli studiosi sono un po’ contraddittori: Thomas 1882 propende per la fine del XV secolo; Stornaiolo 1902 per la fine del XV secolo o l’inizio del XVI (giudizio ripreso anche da Bertolini-Babbi 1979), mentre Wunderli 1982 ne sposta la datazione verso la fine del XVI sec.
In diverse parti del manoscritto, dove l’inchiostro risultava fortemente sbiadito, una mano (probabilmente del XVI sec.) ha riscritto le lettere sbiadite, modificandone talvolta le grafie nel senso di una italianizzazione più accentuata (cfr. per es.: 7v, 13v, 17v, 18r, 19v, 20r, 21 v, 22r, 23v, 24r, 29v, 79v, 101v, 102r, 116r, 143v, 146r, 154r, ecc.). L’inchiostro utilizzato in questi casi è più scuro di quello del testo e non è da escludere che la mano sia la stessa di quella alla quale si devono i fogli cartacei.
Filigrane: Più di un terzo dei fogli di carta è sprovvisto di filigrane e quelle presenti sono generalmente visibili con difficoltà. Sembra però certo che esse rappresentino un’aquila a due teste eseguita con grande perizia, ovvero di un tipo di filigrana che era in uso quasi esclusivamente alla fine del XVI sec.. La somiglianza delle filigrane dei fogli di carta del ms. Urb. lat. 381 con il tipo di filigrana registrato al n. 261 dell’opera di Briquet (Filigranes, voll. I, III, sotto la voce aigle) ha permesso a Wunderli (1982, p. XLI) di collocare la datazione del ms. all’ultimo terzo del XVI sec. Tale datazione costituisce, dunque, un terminus post quem per il lavoro del secondo copista e per la datazione della scrittura, che deve essere posticipata di quasi un secolo rispetto alle datazioni anteriori.
Foliazione: Il ms. presenta due sistemi di foliazione: il primo è realizzato con un inchiostro marrone chiaro, che con ogni probabilità è identico a quello usato per il testo stesso nei fogli di pergamena; il secondo è stato aggiunto con un inchiostro marrone scuro, talvolta quasi nerastro. Le due foliazioni sembrano divergere per lo scarto di un foglio fin dall’inizio, ma è a partire dal f. 4 che tale scarto diventa visibile più chiaramente. Su molti fogli, la nuova numerazione (posta nell’estremità dell’angolo destro) sembra essere stata tagliata nell’atto di rilegatura del ms. nel XVI-XVII sec. Lo scarto di un foglio nella foliazione si mantiene fino al f. 53, perché a partire dal f. 54 esso sale a due e dal f. 64 arriva addirittura a tre.
Decorazione: Le lettere iniziali sono molto semplici: realizzate con inchiostro rosso; non presentano alcuna decorazione. Nei fogli pergamenacei lo spazio lasciato libero per le iniziali non è più stato riempito, e solo in qualche caso il copista ha tracciato discretamente la lettera destinatavi.
Altre informazioni: Unico manoscritto completo dell’Aquilon de Bavière, il Vat. Urb. lat. 381 si compone pertanto di due manoscritti diversi, uno pergamenaceo ed uno cartaceo, che tuttavia si completano.
Lo stato dei fogli in pergamena è nel complesso buono, sebbene vi sia un certo numero di casi in cui la loro conservazione lascia a desiderare e dove la scrittura si fa quasi illeggibile (soprattutto nei ff. 13v, 31v, 50r, 84r, 154r, 157v, 158r, 161v, 162r, 163v, 167v, 170r).
Quanto ai fogli di carta essi sono stati copiati col preciso scopo di sostituire i fogli in pergamena, che dovevano trovarsi in uno stato di conservazione ancora peggiore dei sopracitati: lo prova il fatto che la sostituzione, ad eccezione di un solo punto in cui si trova una congiunzione e superflua (50v/51r), risulta per il resto perfettamente organica.
Diversa è invece la situazione nel passaggio dai fogli di carta a quelli di pergamena, così nel f. 58v/50r, ad esempio, il secondo copista ha aggiunto 4 righe in alto in 59ra (foglio in pergamena) non avendo più spazio in 58v (foglio di carta).
Per ciò che concerne il f. 174 (foglio di guardia), esso presenta sul recto l’annotazione italiana in caratteri greci che segue: Εγω Γεϱωνημου σϰϱηπσυ εϰ ωμνηα. Lo scriba del ms. sarebbe dunque un certo Geronimo. Ma, trovandosi questa iscrizione sul foglio di guardia, aggiunto senz’altro all’atto di rilegatura del libro, cioè due secoli dopo l’esecuzione dei fogli in pergamena, Wunderli (1982, p. XLIII) è più propenso a pensare che si tratti di una mistificazione.
Lo stesso foglio presenta sul verso, nella colonna a, in alto, l’annotazione enigmatica: cccccccoliii lectere. Seguono poi due righe in italiano, che sono state tagliate; e un acrostico, ricavato dal testo stesso, che fornisce il nome di Rolando: Rayson, Onore, Liberalita, Ardimant, Nobilita, Dio sia con lui.
Colliot si chiedeva se l’acrostico potesse essere stato ricavato dal testo da un copista o da un lettore dell’Aquilon de Bavière; ipotesi quest’ultima per la quale Wunderli (1982, p. XLIV) propende decisamente.
Nella colonna b del f. 174v, si trova infine un componimento di dieci versi (Un giorno ne l’erbeta al ciel sereno…), il cui inizio è ripetuto in basso, da un’altra mano.
Coronedi 1935 (p. 237) ha sostenuto che il ms. Vat. Urb. lat. 381 fosse «quasi certamente autografo», senza fornire però la minima prova per questa sua affermazione. Bertolini e Babbi 1979 (p. VII), condividendo le riserve di Wunderli 1975 (pp. 174-76), hanno invece dichiarato che «l’autografia dei fogli pergamenacei non è sicura». Wunderli, ritornando sulla questione, nel suo studio introduttivo all’edizione dell’Aquilon, dimostra in modo definitivo che il ms. Vat. Urb. lat. 381 costituisce una copia e non l’autografo di Raffaele da Verona.
Possessori: Il Vat. Urb. lat. 381 sembra essere appartenuto ad un certo Francesco, figlio di Filippo Maffei. Nel verso del f. 173 si trova infatti l’ex libris italiano in scrittura greca che segue: Κέοτω λίβϱω ση έ δε Φϱανϰεσχω νοβελω φηγωλω δε μησεϱ Φηληπο δε ύ Μαφεη νωσθϱω. Λαούς Θοίβη Χϱησθε, e che Thomas trascrive in caratteri latini in questo modo: “Q[u]esto libro si è de Francesco, nobelo fig[l]olo de miser Filipo de i Mafei nostro. Laus tibi Christe”.
L. Bartolucci Chiecchi 1977 ha proposto di identificare tale Francesco con un Francesco di Filippo Maffei attestato a Verona in un certo numero di testamenti, libri di imposte e documenti di vendita tra il 1433 e il 1497, ma nessuna prova tangibile è finora in nostro possesso per poterlo davvero ritenere il proprietario del manoscritto.
Notizie storiche: Dopo grosso modo due secoli in cui del manoscritto si perdono le tracce, sappiamo che intorno al 1600 esso fu acquistato dal duca di Urbino, Francesco Maria II, che, appassionato di scritti militari, avrà potuto trovare di suo interesse il grande racconto che, sebbene in forma romanzata, l’Aquilon de Bavière fornisce sulle campagne militari cristiane in Africa e su quelle pagane in Europa. Nella Biblioteca di Urbino il manoscritto dev’essere stato con molta probabilità completato, restaurato e rilegato, acquisendo la sua forma odierna. Dopo la morte di Francesco Maria II nel 1631, il Ducato di Urbino venne riunito agli Stati della Chiesa (nel 1633) e la Biblioteca di Urbino fu trasferita, probabilmente nel 1658, in Vaticano per iniziativa del papa Alessandro VII.
Contenuto
Aquilon de Bavière
Bibliografia
Bartolucci Chiecchi, Lidia
1977 Qualche appunto su “Aquilon de Bavière”, «Vita Veronese», 30, 1977, 132-135.
Bertolini, Virginio – Babbi, Anna Maria
1979 Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière. Libro quinto, a cura di Virginio Bertolini, Anna Maria Babbi, Povegliano, Gutenberg, 1979.
Briquet, Charles-Moïse
1968 Les filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier, 4 vol., Amsterdam, 1968 (ristampa dell’ed. del 1907).
Coronedi, P. H.
1935 L’“Aquilon de Bavière”, «Archivum Romanicum», 19, 2 (aprile-giugno), 1935, 237-304; a parte: Firenze, Olschki, 1935.
Omont, Henri
1918 Catalogue général des manuscrits français: Bibliothèque nationale, Nouvelles acquisitions IV (nos 10001-11353 e 20001-22811), Paris, 1918.
Stornaiolo, Cosimo
1902 Codices Urbinates Latini, recensuit Cosimo Stornaiolo, I, Codices I-500, Romae, 1902.
Thomas, Antoine,
1882 “Aquilon de Bavière”, roman franco-italien inconnu, «Romania», 11, 1882, 538-569.
Woledge, Brian
1954 Bibliographie des romans et nouvelles en prose française antérieurs à 1500, Genève-Lille, 1954.
Wunderli, Peter
1982 Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière, roman franco-italien en prose (1379–1407). Introduction, édition et commentaire par Peter Wunderli, Tübingen, Niemeyer (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie, 188-189), 1982, 2 Vol., I, pp. XVIII-XXI e XXXVI-XLVI.
Crediti
Scheda a cura di Serena Modena.
Ultimo aggiornamento: 21 gennaio 2013.