RIALFrI - Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana# ISSN 2282-6920

Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana

Repertorio Informatizzato Antica Letteratura Franco-Italiana

Venezia, Biblioteca Nazionale Maciana, Francese Z 20 (233)

Descrizione materiale

Segnatura: Francese Z 20 (233).

Origine: esemplato a Bologna (nel 1329 appartenne al bolognese Bonifacio Carbonesi).

Data: primo quarto del XIV secolo.

Supporto: cartaceo. La carta è di qualità mediocre e non presenta alcuna filigrana.

Numero di carte: 55.

Formato: 335 × 250, f. 3 mm).

Fascicolazione: acefalo del primo foglio, consta di 55 fogli suddivisi in quaternioni, preceduti e seguiti da due guardie anteriori e posteriori: II, 55 (1-7: I8, per la perdita del primo foglio, avvenuta dopo il 1407 – nell’inventario del 1407 l’incipit si poteva, infatti, ancora leggere – , vv. 1-216; 8-55: II-VI), II.

Rigatura: La rigatura è a mina di piombo con specchio di scrittura 290 × 225 (c. 28v, dove è particolarmente evidente).

Mise en page: In ogni pagina le due colonne contengono tra i 55 e i 62 righi, ad eccezione della c. 55r, in cui la colonna b ne ha solo 31.

Le iniziali di lassa sono colorate a penna alternativamente in rosso e blu, ma sono di dimensioni ridotte e prive di altri elementi decorativi. Il rubricatore deve aver colorato prima le iniziali in rosso e poi quelle in blu, perché a partire dalla c. 32r queste ultime non sono più state eseguite e si leggono chiaramente solo le letterine d’attesa lasciate dal copista. Le lettere di inizio verso sono di modulo leggermente più grande e rilevate a sinistra.

Alla c. 46ra si scorge l’unica rubrica del manoscritto («Dela Çi s’acomença la pax de Leoys et de Tebald»), che ha la funzione di segnalare l’inizio della seconda parte del poema con la lassa 690.

Scrittura: La scrittura, di un’unica mano, è una littera textualis italiana di piccolo modulo:

Il copista utilizza una particolare abbreviazione per et, simile alla cifra 2; non lega la cediglia di ç al corpo della lettera, lasciandola staccata e orizzontale; evidenzia la fine di verso. Alcune maiuscole presentano un disegno distintivo (D, E) (Bisson 2008, pp. 91-92).

A c. 35r un’altra mano aggiunge una breve nota nel margine destro.

Legatura: La coperta è quella comune ai codici restaurati durante il bibliotecariato di Lorenzo Tiepolo, con misure 345 × 260 mm. Sul dorso si legge «FOUQUE | DE CAND. | ROM.» nella seconda casella in alto (su sei).

Foliazione: Una mano ottocentesca ha aggiunto la foliazione in cifre arabe in alto a destra sul recto di ogni foglio, senza tener conto del primo foglio perso. I fascicoli sono numerati nel margine inferiore del verso dell’ultima carta in numeri romani (c. 7v «primis» e nel margine inferiore della c. 8r «seco(n)dus», c. 15v manca, c. 23v III, c. 31v IIII), poi in numeri arabi (c. 39v .5., 47v .6.).

Decorazione: Assente.

Altre informazioni: Sotto l’annotazione di c. 55v (cfr. possessori) sono disegnati in sanguigna un leone rampante con le fauci spalancate e un cavaliere sul suo destriero con un cimiero bicornuto, raffigurato anche sullo scudo tra le sue mani. Nella stessa carta compaiono poi altre quattro iscrizioni di mani diverse: «carte LV» e «Gulielmus de Orenga» (aggiunte probabilmente nel momento in cui il codice entrò nella biblioteca dei Gonzaga); «Nel titolo posto al di fuori del libro sopra le tavolete leggevasi | Gulielmus de orenga» (nota aggiunta probabilmente nel 1738, al momento di approntare la nuova legatura); e infine, vergata dalla mano che alla c. 1r ha scritto venti, «Romanzo provenzale», la stessa definizione che compare nel verso del terzo foglio di guardia del Venezia BNM fr. Z 19.

Segnature antiche: Una prima segnatura è quella che ho menzionato nel margine inferiore della c. 1r a sinistra, venti. Sulla controguardia anteriore figurano la collocazione antica Arm[adio] C – Th[eca] IV (la stessa del ms. Venezia BNM fr. Z 19), poi cancellata e riscritta come LXII – J, a sua volta cancellata, e, nell’interlinea tra queste due segnature, la collocazione ducale CIV. 3 (la stessa del ms. Venezia BNM fr. Z 19); nell’angolo in alto a sinistra figura in un’etichetta cartacea la segnatura attuale «Mss. Francesi | Fondo Antico n.o 20 | Provenienza | Recanati | Giovanni Batt. collocazione 233». Nel verso del primo foglio di guardia è ripetuto in alto a destra in matita CIV. 3, e in un’etichetta di pergamena incollata e centrata si legge «Codice XX. | in foglio, cartaceo, di fogli 55. | FOLCO di Candia, Romanzo, come nel Codice già descritto. Mancano tre pagine del principio», dove si ricopia quanto riportato nel catalogo di Zanetti del 1741. [Cfr. Zanetti 1741, p. 260. In realtà manca solo una pagina, come si evince, oltre che dalla struttura fascicolare presumibilmente simile a quella del resto del codice, dal numero di versi mancanti.]

Possessori: Alla c. 55v si legge a fatica l’annotazione del primo possessore «Iste liber est Bonefacij de Carbone(n)sib(us) de Bononia. An(n)o D(omi)ni MCCCXXVIIII de mense Junii», e poi un’altra indicazione cronologica, «MCCCXXX» (Indicazione quest’ultima riportata da Moreno 1997, ma che non leggo più). Il riferimento a Bologna pare confermato dal fatto che i Carbonesi erano una famiglia bolognese del XII sec. e, in particolare, «si tratta del nobile Bonifacio Carbonesi di Bologna che nel 1338 divenne conte di San Giovanni in Persiceto» (Moreno 1997, p. 24).

Il manoscritto venne acquisito dai signori di Mantova e servì come exemplar per il ms. Venezia BNM fr. Z 19. Fu a Mantova che venne presumibilmente aggiunta l’annotazione «Gulielmus de Orenga», considerato che nell’inventario del 1407 di Francesco Gonzaga (Cfr. Braghiroli et alii 1880, p. 512) il codice è il n. «45. Guilielmus de Orenga. Incipit: Des inuers chi no fo pays frayn. Et finit: unques non veistes gent si ben estre a parlier. Continet cart. 55» (si noti l’errore nella lettura dell’incipit, perduto con il primo foglio, leggibile nel ms. Venezia BNM fr. Z 19, «Oeç un vers chi no fo pax fraym», mentre l’ultimo verso del ms. Venezia BN; fr. Z 20 è in realtà «Unques non veistes gent si bien estre apareler»).

Giovambattista Recanati acquistò il codice tra il 1707 e il 1722, per poi lasciarlo in eredità alla Biblioteca Marciana alla sua morte (1734), per cui si vedano anche qui i timbri di possesso «Biblioteca Nazionale | Venezia | di S. Marco» alle cc. 1r e 55r.

Per la descrizione del codice, cfr. anche Moreno 1997, pp. 23-25; Bisson 2008, pp. 91-93.

Contenuto

Bibliografia

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Repertorio Informatizzato dell’Antica Letteratura Franco-Italiana, diretto da Francesca Gambino, Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari, Università degli Studi di Padova, http://www.rialfri.eu/rialfriWP/ [cons. 25. III. 2020].

 

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Crediti

Scheda di Francesca Gambino 30.01.2021.

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