Livre de Moamin
- Titles
- Le Livre de Moamin; Livres des oisseax et des bestes de rapine.
- Dating
- 1249 (terminus a quo) – 1272 (terminus ante quem).
- Incipit
- Livres de Moamyn fauconier, translatiez g’ebreu en latin par mestre Theodre, phylosophe au magne empereor Freiri, par le commandemant l’empereor meemes, son segnor, et puis coreit par l’empereor meemes aprés la cité de Faence, et aprés translatiez de latin en françois par Daniel de Cremone, servenz et hom lige au noble roi Henri de Sardaigne, et coreit par le roi meeme en la cité de Bologne.
- Explicit
- Ici finist [li] livres de Monayn fauconier, translatez par mestre T[heodre] de hebreu en latin.
- Form of the text
- Prosa.
- Language
- Francese antico, con influssi dei dialetti dell’Italia settentrionale.
- Topic
- Trattato di cinegetica e di falconeria.
- Type of text
- Traduzione in franco-italiano del trattato di caccia e di falconeria del IX secolo dell’arabo Moamin, o Moamyn, dovuta a Daniele Deloc da Cremona, e commissionata da Enzo (1216-1272), re di Sardegna e figlio dell’imperatore Federico II di Svevia, mentre era prigioniero dei bolognesi dopo la battaglia di Fossalta (1249). Questa traduzione era considerata – assieme alla versione in franco-italiano, sempre di Daniele da Cremona, di un altro trattato di falconeria, il cosiddetto Ghatrif – come la più antica attestazione della diffusione in Italia del francese come lingua letteraria, primato che spetta invece probabilmente all’Enanchet (secondo quarto del XIII secolo,1226-1252).
Autore
Daniele Deloc da Cremona
Testo
Nel prologo della traduzione franco-italiana di Daniele Deloc si legge che il Libro di Moamin o Moamyn (per le altre, numerose, grafie del nome si rimanda a Tjerneld 1945, 24) fu tradotto dall’ebraico in latino, su richiesta dell’imperatore («mandato Cesaris») Federico II, da Maestro Teodoro, filosofo di corte, originario d’Antiochia. Stando però a quanto attestano concordemente i manoscritti della versione latina e dei volgarizzamenti italiani del testo, il Libro di Moamin fu scritto in arabo e non in ebraico. La versione originale in arabo fu successivamente tradotta in latino da Teodoro e poi riveduta e corretta, secondo quanto testimoniano numerosi manoscritti latini, dallo stesso imperatore durante l’assedio di Faenza («correctus est per ipsum imperatorem tempore obsidionis Faentie»), che ebbe luogo dal 26 agosto 1240 al 14 aprile 1241; data quest’ultima entro la quale la traduzione latina del trattato di Moamin deve quindi essere stata completata. Questa traduzione doveva servire con molta probabilità all’imperatore come materiale preparatorio per il suo grande trattato sull’addestramento dei falconi, il De arte venandi cum avibus.
Il trattato di Moamin fu poi nuovamente tradotto dal latino all’antico francese a istanza di uno dei figli di Federico, il giovane re Enzo, mentre si trovava prigioniero a Bologna (dove sarebbe rimasto fino alla morte, sopraggiunta il 14 marzo 1272), dopo la battaglia di Fossalta, del 26 maggio 1249. Nella prefazione del libro il traduttore spiega infatti che esso fu «coreit par le roi meeme en la cité de Bologne» (I, Pref., 1). È del tutto inverosimile infatti che re Enzo abbia soggiornato a Bologna prima del 1249, essendo questa città una delle più acerrime nemiche dell’imperatore e, di conseguenza, anche sua avversaria, durante tutto il periodo della sua attività politica (1239-1249). Dal momento poi che, durante la sua prigionia, re Enzo sembra aver goduto di una grande libertà di incontrare persone (si vedano, al riguardo, Lodovico Frati 1902, 28 ss.; Carlo Falletti 1908, 55; Carlo Frati 1908, 66), nulla impedisce di ipotizzare che egli abbia potuto commissionare e rivedere la traduzione del Moamin, pur essendo prigioniero. L’anno 1249, in cui ebbe luogo la battaglia di Fossalta, sembra dunque imporsi come terminus a quo.
Da altre informazioni fornite da Daniele si può, del resto, concludere che la sua traduzione sia stata terminata mentre re Enzo era ancora in vita. Nel capitolo finale dell’opera (IV, 43, 3), infatti, Daniele ringrazia il re per aver elogiato il suo lavoro, e nell’introduzione al libro di Ghatrif dice chiaramente che il re lo ha incaricato della traduzione di questo secondo trattato «aprés ce que je ai, la merci nostre seignor, finé le livre de Monayn fauchonier» (Ghatrif, Intr., 2). Il terminus ante quem sarebbe dunque il 1272, anno della morte del re.
La questione sembrerebbe però complicarsi per via di un passo dell’introduzione al libro I di Moamin, in cui Daniele parla di Enzo al tempo passato: «Henri… fu filz… fu estreit… fu entechiez» (I, Intr., 6-8). Secondo la ricostruzione del Tjerneld, questa contraddizione si spiega col fatto che le introduzioni al trattato di Moamin, entrambe di mano di Daniele, furono redatte in due epoche diverse. Daniele, con tutta probabilità, presentò dapprima al re, a Bologna, solo una parte della traduzione munita del primo prologo, e solo dopo che il re ebbe letto e corretto il testo, egli ne intraprese il completamento e la redazione definitiva. Fu allora che avrebbe aggiunto il passaggio «coreit par le roi» (I, Pref., 1) e il capitolo finale di Moamin in cui tutto indica che il re era ancora in vita. Più tardi, dopo la morte del sovrano, Daniele poté occuparsi di nuovo del testo, e introdurre allora, nel riassunto che precede il libro I di Moamin (I, Intr., 6-8), le parole che ricordano l’amatissimo sovrano: «Mes fortune envieuse, qe tot adés agrevoie et gueroie as meillors, li fu trop longement marastres et enemie, dont ce fu doumages trop grans, kar chevalerie, pris et valor empirent trop par sa mesceance».
L’opera di Moamin, nella traduzione in franco-italiano di Daniele, è composta da quattro libri, di cui i primi tre trattano degli uccelli di rapina e delle loro medicine e cure, e il quarto degli altri animali da caccia, e principalmente dei cani. I quattro libri sono preceduti da una prefazione, da una tavola che enuncia il titolo dei capitoli di tutta l’opera, e dai due prologhi già citati. Al libro IV segue un breve epilogo.
La versione franco-italiana dei trattati di Moamin e di Ghatrif di Daniele da Cremona era considerata la più antica attestazione della diffusione in Italia del francese come lingua letteraria, primato che spetta invece probabilmente all’Enanchet (Secondo quarto del XIII secolo,1226-1252).
Manoscritti
Bruxelles, Bibliothèque Royale, IV 1208.
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Str. App. 14 (=279)
Fortuna
La notevole diffusione nel Medioevo dei due trattati di falconeria di Moamin e di Ghatrif – del primo in modo particolare – è attestata dai numerosi codici rimastici della versione latina (si tratta di un totale di ventotto manoscritti, per un elenco completo dei quali si rimanda a Tjerneld 1945, 1-10 e a Glessgen 1996) e dai volgarizzamenti italiani: oltre alla versione franco-italiana di Daniele da Cremona, possediamo infatti un volgarizzamento toscano, ad opera di Maestro Moroello da Sarzana (inizio XV sec.), uno napoletano di Iammarco Cinico (1482-1489), ed uno a stampa, sempre in italiano, di Sebastiano Antonio de Marinis del XVI sec. (per cui si veda Minervini 2005). Si conosce, inoltre, una traduzione spagnola, che fu condotta direttamente sull’arabo durante il regno di Alfonso X (cfr. Fradejas Rueda 1987).
La versione in antico francese dei due trattati di falconeria ad opera di Daniele Deloc ci è tradita da due manoscritti: lo Str. App. XIV (= 279), del sec. XIV, della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, che appartenne già alla Biblioteca dell’Università di Padova e che a lungo è stato considerato l’unico testimone del Moamin franco-italiano, ed il ms. IV 1208 della Bibliothèque Royale di Bruxelles, di più recente scoperta.
Stando alle informazioni di Marruncheddu 2006, a cui si deve la segnalazione del ms. di Bruxelles, il testo del Moamin franco-italiano offerto dai due manoscritti è pressoché lo stesso. Si registrano tuttavia alcune differenza significative nella divisione del testo e nelle sezioni iniziali e finali dei singoli libri, che contengono i dati sulla storia della versione franco-italiana.
Le maggiori differenze fra i due manoscritti si riscontrano però a livello linguistico e stilistico: il testo dell’inedito tradito dal ms. di Bruxelles è «letterale e rispetta sia la struttura della frase latina sia, in molti casi, il lessico, mentre il testo di Venezia ha pretese più letterarie. Il testo non è traslato alla lettera e in taluni casi è ampliato, fino alla ridondanza per chiarire i concetti esposti». (pp. 310-311).
Lingua
Nella sua traduzione in francese dei trattati di Moamin e di Ghatrif, Daniele da Cremona confessa la sua scarsa perizia nell’uso della lingua d’oïl («Tot soie je povre letreüre et de povre science garnic, e tot soit greveuse chose a ma langue profferre le droit françois, por ce que lombard soi» I, Prol., 5-6), dovuta ad una scelta linguistica impostagli con molta probabilità da re Enzo di Sardegna, su richiesta del quale l’opera fu realizzata.
Il francese di Daniele è infatti una lingua piuttosto composita, in cui rientrano latinismi, arabismi, provenzalismi e italianismi. L’elemento italiano, tuttavia, è preponderante, soprattutto nel lessico, in cui molti termini presi a prestito dall’italiano appaiono leggermente francesizzati, e la traduzione è fortemente influenzata dai dialetti dell’Italia settentrionale, come rivelano forme del tipo: senavre, orz, enspavir, musce cavaline, cisre, bofer, bixe escuere.
La traduzione contenuta nel ms. di Venezia mostra molti dei tratti caratteristici dei testi franco-italiani: aie senza palatalizzazione, il trattamento d’e finale, la caduta di t, s finali, s impura senza vocale protetica, l’uso dei pronomi vestre, vetre, il presente oit, poit, gli infiniti in –ier, invece che in –er, i possessivi tonici invece di quelli atoni, se seguito dal futuro, ecc. (per un esame linguistico completo del testo si veda l’edizione del Tjerneld 1945, pp. 31-81, ed il glossario).
Nella traduzione sono compresenti anche una serie di fatti linguistici propri ai dialetti del Nord e soprattutto dell’Est della Francia (come a in sillaba chiusa > ai, e; le forme tint, vint per tient, vient; la caduta di l davanti a consonante; l’epentesi di n; –is– per –us– nel congiuntivo imperfetto, ecc.).
Inoltre un gruppo di termini tecnici, che conservano la forma che avevano nel testo latino (si vedano, ad esempio: carsene, dalac, goffrinech, nymyn, secbyneg, tadac, ecc.), ricordano le origini orientali dei due trattati.
Lo scriba, che si nomina Angelus de Franchonia, rivela le abitudini scrittorie di un italiano del Nord. Se fu germanico, come sembra indicare il suo nome e come lo considerano il Frati (1908, 74) e lo Zingarelli (1933, 142), certamente, secondo il Tjerneld, egli non lo rivela nella trascrizione di Moamin e Ghatrif, dove non si trova alcun fatto linguistico che indichi un’origine germanica di colui che tradusse il testo dal latino in francese.
Il carattere composito del francese di Daniele da Cremona appare ancora più evidente nella traduzione contenuta nel ms. di Bruxelles come si può constatare da latinismi quali: ovatizier, verspertilions, cauteriçatio, adhustion (che corrispondono alle forme latine ovatizare, vespertilionis, cauterizatio, adustio del ms. di Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. Lat. 1617) rispetto alle forme parallele feer, soriz, cuiture, arsure del ms. di Venezia. Si vedano anche gli italianismi zucre/zucar, campanete/champaneta, lacrimanz, pegre del ms. di Bruxelles, dove il ms. di Venezia riporta invece zucre, sonail, lermorans, pereceus, a partire dalle forme latine zuccaro, campanam, lacrimale, remissum.
In altri casi si trovano termini o espressioni francesi che sono impiegati nell’accezione italiana, come, ad esempio, brancher (< accipere), che in francese significa ʽappollaiarsiʼ. Il traduttore lo impiega tuttavia, nel significato dell’italiano antico brancare ʽafferrareʼ: et doit sembler qu’il voille prendre et brancher la main de cellui qu’il porte. Si veda, al riguardo, Marruncheddu 2006, p. 311-312.
Bibliografia
Edizioni
Moamin e Ghatrif. Traités de fauconnerie et des chiens de chasse, édition princeps de la version franco-italienne avec 3 planches hors texte, par Håkan Tjerneld, Stockholm-Paris, Éditions C.E. Fritze-Librairie J. Thiébaud, 1945 («Studia Romanica Holmiensia», 1).
Studi
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Falletti, Carlo
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Frati, Carlo
1908 Re Enzo e un’antica versione francese di due trattati di falconeria, in Miscellanea tassoniana di studi storici e letterari pubblicata nella Festa della Fossalta (XXVIII giugno 1908), a cura di Tommaso Casini e di Venceslao Santi, Bologna-Modena, Formiggini Editore, 1908, 61-81.
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1902 La prigionia di re Enzo, Bologna 1902, 28 ss.
Glessgen, Martin-Dietrich
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Fradejas Rueda, José Manuel
1987 Muhammad Ibn Abd Allah Ibn ʽUmar al-Bayzar, Libro de los animales que cazan, a cura di J.M. Fradejas Rueda, Madrid, 1987.
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Crediti
Scheda a cura di Serena Modena.
Ultimo aggiornamento: 21 febbraio 2013.